Per oltre un secolo, l’immagine del soldato europeo fu dominata da uniformi vivaci: giubbe scarlatte, pantaloni blu, galloni dorati e copricapi elaborati. Questi abiti sgargianti — eredi diretti delle uniformi napoleoniche — erano simboli di disciplina, orgoglio nazionale e visibilità in battaglia. Ma con l’avvento della guerra moderna, la moda militare fu costretta a sottomettersi alla logica crudele della sopravvivenza. Quando, quindi, la maggior parte dei paesi abbandonò definitivamente lo stile napoleonico? La risposta breve: tra il 1914 e il 1916, nel cuore della Prima Guerra Mondiale.
Quando l’Europa piombò nel conflitto nell’agosto 1914, molti eserciti indossavano ancora uniformi che poco si distinguevano da quelle viste a Waterloo un secolo prima. La Francia è l’esempio più emblematico. L’esercito repubblicano marciava verso la frontiera con l’entusiasmo patriottico dei pantaloni rossi carminio (“les pantalons rouges”) e dei kepì vermigli, simboli della fierezza nazionale. I pantaloni rossi erano “la Francia stessa”, affermava il ministro della guerra Adolphe Messimy nel 1911, opponendosi con forza alle proposte di uniformi più mimetiche. Una scelta tragica.
Nelle prime settimane del conflitto, le truppe francesi furono falciate a migliaia dalle mitragliatrici tedesche Maxim e dai fucili Mauser 98. Le uniformi vistose, perfette per essere identificate dagli ufficiali sul campo nell’epoca delle manovre lineari, si rivelarono disastrose sotto il fuoco incrociato delle armi automatiche. Come disse un osservatore britannico:
"Sembrava di sparare su bersagli da tiro vestiti per una parata."
La Gran Bretagna, pur più pragmatica, aveva comunque ereditato un certo gusto per il colore dai suoi reggimenti coloniali. Ma già prima della guerra aveva adottato il khaki, introdotto con successo durante le guerre boere, e dimostratosi molto più adatto alla guerra moderna.
Le perdite insostenibili e il fallimento delle offensive condussero a un rapido mutamento. Nel 1915, l’esercito francese introdusse la famosa "uniforme horizon blue", una tinta grigio-azzurra che si fondeva meglio con la nebbia e il fango delle trincee. I copricapi rigidi furono progressivamente sostituiti con elmetti d’acciaio, come l’Adrian, il primo elmetto moderno introdotto su larga scala.
Anche la Germania, che nel 1914 vestiva ancora tuniche blu scuro per alcuni corpi, virò rapidamente verso il feldgrau, un grigio-verde smorzato che divenne lo standard fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Altri eserciti seguirono, come quelli dell’Austria-Ungheria, dell’Italia (che nel 1915 adottò il grigioverde) e della Russia imperiale, che introdusse il kaki chiaro.
La lentezza con cui gli eserciti abbandonarono le divise colorate è dovuta a più fattori:
Orgoglio nazionale e conservatorismo: le uniformi erano simboli culturali, e cambiarle era percepito come un atto di rinuncia.
Tradizione militare: gli ufficiali veterani delle guerre coloniali avevano difficoltà ad adattarsi alla nuova dimensione industriale del conflitto.
Psicologia della guerra: la visibilità serviva anche a mantenere il morale e la coesione delle truppe, specie in battaglie confuse.
La Seconda Guerra Mondiale vide eserciti completamente uniformati secondo criteri funzionali e mimetici. Il camouflage diventò la norma, i colori accesi sparirono del tutto, e le uniformi si fusero con l’ambiente piuttosto che spiccare su di esso. I soldati francesi del 1940 non indossavano più pantaloni rossi né kepì: portavano caschi d’acciaio, tuniche grigioverdi e fucili semiautomatici. Ma tutto questo non bastò: la disfatta fu causata più dalla tattica tedesca e dai limiti strategici francesi che dall’abbigliamento.
L’epoca delle uniformi napoleoniche terminò realmente nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. Non fu la Seconda guerra mondiale a sancirne la fine, ma piuttosto le mitragliatrici, il filo spinato e l’artiglieria del 1914–1918. Il rosso, il blu acceso e l’oro cedettero il passo al grigio, al verde oliva e al marrone: la sobrietà prese il posto dell’ornamento, e la sopravvivenza prevalse sulla gloria estetica.
Oggi, le uniformi moderne continuano a evolversi, ma la lezione appresa nel fango della Somme e di Verdun rimane scolpita nella memoria collettiva delle forze armate di tutto il mondo.
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