domenica 13 ottobre 2024

Come Napoleone Sconfisse i Mamelucchi: La Supremazia della Disciplina sulla Ferocia

Quando Napoleone Bonaparte approdò sulle rive dell’Egitto nel 1798, portava con sé non solo l’ambizione di tagliare il collegamento britannico con l’India, ma anche la certezza di incarnare un nuovo paradigma militare: la superiorità dell’organizzazione sul coraggio individuale. Lo scontro con i Mamelucchi egiziani, culminato nella celebre Battaglia delle Piramidi, si rivelò un episodio emblematico della lunga tradizione storica in cui la disciplina degli eserciti regolari prevale sul valore impetuoso dei guerrieri.

I Mamelucchi, eredi di un'élite militare nata dalla schiavitù e temprata da secoli di guerre nel cuore dell’Impero Ottomano, si presentavano come un’armata apparentemente invincibile: cavalieri splendidamente armati, addestrati fin dall’infanzia al combattimento, ma ancorati a una concezione arcaica della guerra. Bonaparte stesso ne riconobbe apertamente il valore, definendoli “magnifici” e capaci di “combattere come leoni”, sottolineando tuttavia un limite cruciale: la loro incapacità di agire con efficacia in operazioni coordinate e su vasta scala.

“La regola è semplice”, scriveva Napoleone: “un esercito di soldati guidato da guerrieri sconfiggerà sempre un esercito di guerrieri”. È questa la chiave della sua vittoria in Egitto. Mentre i Mamelucchi si lanciavano in assalti spettacolari quanto disorganizzati, i francesi rispondevano con una macchina bellica rodata, metodica, implacabile. L’esempio più chiaro è proprio la disposizione che Bonaparte adottò nella Battaglia delle Piramidi, il 21 luglio 1798: cinque giganteschi quadrati di fanteria, ciascuno armato di moschetti e cannoni leggeri, disposti in modo da garantire una difesa reciproca su ogni lato.

Ogni quadrato francese era una fortezza mobile. I soldati inginocchiati formavano la prima linea di fuoco, quelli in piedi sparavano sopra le loro teste, mentre l’artiglieria piombava sui nemici da ogni angolo. I Mamelucchi, incapaci di rompere quelle formazioni, si trovarono bersaglio mobile di un fuoco incrociato devastante. Giravano attorno ai quadrati, cercando un punto debole, ma ovunque trovavano soltanto piombo e morte. Il bilancio fu inequivocabile: appena una trentina di morti tra i francesi, contro migliaia di caduti nelle file mamelucche.

La testimonianza stessa di Napoleone offre una misura della sproporzione tra valore individuale e superiorità sistemica. “Due Mamelucchi erano più che alla pari con tre francesi”, osservava. “Cento Mamelucchi erano pari a cento francesi. Ma trecento francesi generalmente battevano trecento Mamelucchi, e mille francesi sconfiggevano invariabilmente millecinquecento Mamelucchi”. Il punto non era la qualità del singolo combattente, bensì la capacità del sistema militare di impiegare al meglio le risorse umane in campo.

In realtà, lo stesso schema si ripete nel corso della storia. Dai falangiti greci contro le orde persiane alle legioni romane che schiacciarono i Galli, dagli arcieri inglesi che annientarono la cavalleria francese a Crécy e Agincourt fino ai fucilieri napoleonici in Egitto, il copione non cambia: a prevalere non è chi combatte meglio da solo, ma chi riesce a combattere meglio insieme.

La battaglia delle Piramidi segnò il tramonto del potere mamelucco e l’inizio della dominazione francese in Egitto. Ma segnò anche qualcosa di più profondo: la consacrazione di un principio che ancora oggi guida le strategie militari di ogni esercito moderno. Non basta il coraggio. Serve la disciplina. Non basta l’abilità individuale. Serve la coesione. In un’epoca in cui il carisma del singolo tende spesso a oscurare il valore del collettivo, la lezione di Napoleone resta straordinariamente attuale.

Così, mentre le sciabole mamelucche brillavano al sole del deserto e i loro cavalli si impennavano con grazia spettacolare, l’incedere geometrico dei quadrati francesi annunciava una nuova era: l’era della guerra scientifica, pianificata, industriale. Un’era in cui il romanticismo del guerriero solitario lasciava il posto alla freddezza dell’ingranaggio militare.

È questa la vittoria più grande di Bonaparte: aver imposto l’intelligenza dell’organizzazione sulla forza bruta, la strategia sull’impulso, la modernità sull’orgoglio dell’antico.



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