8 gennaio 1815. Alle porte di New Orleans si consuma una delle più spettacolari — e ironiche — vittorie militari della giovane repubblica americana. Un’armata britannica esperta, dotata e ben guidata, viene letteralmente annientata da un esercito improvvisato, composto da miliziani, creoli, cacciatori di frontiera e pirati. A guidarli, un uomo temprato dalla vita e mosso da una vendetta personale: il Maggior Generale Andrew Jackson, destinato a diventare il settimo Presidente degli Stati Uniti.
Eppure, al momento dello scontro, la guerra era già finita. Il Trattato di Gand, firmato il 24 dicembre 1814 in Belgio, aveva posto formalmente fine al conflitto anglo-americano, anche noto come la guerra del 1812. Ma nell’era delle comunicazioni a vela, la notizia impiegò settimane per attraversare l’Atlantico. Così, mentre i diplomatici brindavano alla pace a Bruxelles, i cannoni tuonavano ancora tra le paludi della Louisiana.
Per Londra, la conquista di New Orleans rappresentava un obiettivo strategico cruciale. Il controllo della città significava dominare l’intero sistema idrografico del Mississippi, arteria vitale per il commercio e la sopravvivenza economica degli Stati Uniti occidentali. Se avesse avuto successo, l’attacco britannico avrebbe potuto riscrivere la geografia geopolitica del Nord America, tagliando in due il giovane Paese e mettendo in discussione l’acquisizione più importante della sua breve storia: la Louisiana Purchase del 1803.
Fu proprio Napoleone Bonaparte, in un colpo di teatro geopolitico, a cedere quel vasto territorio agli americani per 15 milioni di dollari, finanziati in parte — con una punta di beffardo pragmatismo — da banche londinesi. Una transazione che, se da un lato indebolì Parigi, dall’altro alimentò malumori a Whitehall, dove non tutti erano favorevoli a vedere gli ex sudditi rafforzarsi nell’ombra dell’Impero.
Contro l’armata di Sua Maestà, scese in campo un comandante sui generis: Andrew Jackson, ex senatore del Tennessee, veterano di guerre contro i Creek e i Cherokee, ma soprattutto un uomo che odiava visceralmente gli inglesi. All’età di 14 anni fu catturato durante la Guerra d’Indipendenza. Sua madre morì assistendo prigionieri americani su una nave britannica. I suoi fratelli perirono in guerra. Jackson non dimenticò mai.
Nel dicembre 1814, all’arrivo della flotta britannica nel Golfo del Messico, Jackson agì con determinazione. Mobilitò volontari, strinse alleanze improbabili con pirati come Jean Lafitte, e costruì una linea di difesa solida lungo il Rodriguez Canal, a pochi chilometri a sud di New Orleans.
Il giorno dello scontro, l’8 gennaio, le forze britanniche sotto il generale Sir Edward Pakenham avanzarono frontalmente contro le fortificazioni americane. Mal coordinati, mal guidati e sotto il fuoco preciso dei tiratori del Kentucky e del Tennessee, i britannici subirono una disfatta epocale: oltre 2.000 uomini persi, tra cui lo stesso Pakenham, contro meno di un centinaio di perdite americane.
La battaglia di New Orleans non cambiò i termini del trattato di Gand — che non prevedeva né concessioni territoriali né riparazioni — ma fu fondamentale per il morale nazionale. Gli Stati Uniti, ancora percepiti come una nazione fragile e frammentata, riscoprirono un’unità patriottica. La vittoria trasformò Jackson in un eroe nazionale e rafforzò il senso d’identità americana, avviando un’era di crescente espansione e fiducia.
Da un punto di vista strategico, la vittoria impedì un’occupazione britannica nel Sud, mantenne intatto l’accesso americano al Mississippi e consolidò il legame tra le regioni occidentali e la costa atlantica. Fu, paradossalmente, la battaglia più significativa di una guerra finita, ma non ancora “arrivata”.
La battaglia di New Orleans è il paradigma perfetto dell’imprevedibilità della guerra e del potere della volontà individuale. Jackson, uomo del popolo e della frontiera, sfruttò ogni risorsa a disposizione per fermare la forza più temuta del tempo. Non fu solo una vittoria militare: fu una dichiarazione di sopravvivenza e autonomia.
E se le banche londinesi avevano contribuito, anni prima, a finanziare la cessione della Louisiana, ironia della storia volle che l’Impero Britannico vi lasciasse, nel fango della Louisiana, uno dei suoi generali migliori e migliaia di uomini, sconfitti da una banda di coloni e contrabbandieri.
Il giovane Paese, appena sfuggito alla morsa coloniale, non era più in vendita.
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