lunedì 7 ottobre 2024

Napoleone e Joséphine: l'amore ossessivo di un generale sconfitto dal cuore

Nel tempo in cui le armate francesi marciavano trionfanti sull’Europa, spingendo i confini della rivoluzione oltre le Alpi e minacciando i troni d’Occidente, il generale Bonaparte combatteva una guerra ben più personale: quella del cuore. Era la primavera del 1797, e mentre Napoleone si affermava come stratega invincibile sui campi d’Italia, le sue lettere private mostravano un uomo vulnerabile, febbrile, divorato da un amore che lo consumava più di qualsiasi assedio.

Una di queste lettere, indirizzata alla moglie Joséphine Beauharnais, è giunta sino a noi come testamento bruciante di una passione non corrisposta. Lungi dall’essere un semplice biglietto affettuoso da un marito in guerra, il testo si snoda come un turbine di gelosia, desiderio e frustrazione. Scrive Napoleone:


“Non ti amo più; al contrario, ti detesto.”

È l’incipit di una dichiarazione che nega per affermare, un paradosso che apre le porte a un’ossessione. Dietro l’apparente disprezzo, si cela un grido d’aiuto, una richiesta disperata d’attenzione. Bonaparte, uomo pubblico in ascesa, mostra nella sfera privata tutta la fragilità di chi ama senza essere ricambiato.

La lettera è una finestra senza filtri sull’intimità tormentata di un futuro imperatore. Accusa Joséphine di trascurarlo, di non scrivere, di lasciarsi assorbire da distrazioni mondane o, peggio, da un potenziale nuovo amante. Le parole sono dure, persino offensive: “perversa”, “stupida”, “Cenerentola”. Eppure, questo linguaggio irruento è lo specchio di una mente scossa, forse più dalla lontananza e dall’insicurezza che da reali tradimenti.

L’ossessione di Napoleone per Joséphine, del resto, è ben documentata. Quando i due si sposarono nel 1796, il generale era follemente innamorato di lei, mentre Joséphine – vedova raffinata e ambigua, più esperta nei giochi dell’élite parigina che in quelli dell’affetto sincero – lo accettava più per convenienza che per passione. Durante le prime campagne, mentre lui scriveva lettere ardenti da ogni fronte, lei restava a Parigi, spesso in compagnia poco discreta.

Questa lettera non è solo l’atto d’accusa di un uomo tradito, ma anche la radiografia psicologica di una personalità estrema, capace di passare in poche righe dall’odio alla supplica. Dopo gli insulti, infatti, Bonaparte implora:

“Scrivimi immediatamente una lettera di quattro pagine con quelle deliziose parole che riempiono il mio cuore di emozione e di gioia.”

E poi conclude con un’immagine di passione febbrile:

“Spero di tenerti tra le braccia quanto prima, quando spargerò su di te milioni di baci, brucianti come il sole dell’equatore.”

Questa lettera, oggi custodita negli archivi nazionali, ci restituisce il ritratto di un uomo innamorato con la stessa intensità con cui avrebbe poi governato: senza mezze misure, senza respiro, senza pace. Il futuro imperatore dei francesi, il legislatore, il conquistatore, mostra qui il volto del supplice, del geloso, del possessivo. E in quel misto di rabbia e desiderio, si annida un’umanità che neppure la corona imperiale riuscirà mai a domare del tutto.

Ciò che colpisce maggiormente, tuttavia, è l’asimmetria dell’amore. Mentre Napoleone brucia di passione, Joséphine si sottrae, si defila, preferisce le luci dei salotti parigini al calore delle lettere. Un contrasto che sarà costante per tutta la durata del loro matrimonio, culminando nel divorzio del 1810, deciso dallo stesso Napoleone per motivi dinastici, ma vissuto come una ferita mai rimarginata.

Questa lettera, letta oggi, non è solo documento d’epoca: è monito universale. Parla di ciò che l’amore può diventare quando è squilibrato: un’arma a doppio taglio, una prigione per chi ama troppo, una fuga per chi non ama abbastanza.

Napoleone vincerà mille battaglie, ma contro Joséphine perderà sempre. E forse è proprio in quella sconfitta, privata e segreta, che si cela la sua unica, vera vulnerabilità.

Non ti amo più; al contrario, ti detesto.
Sei una disgraziata, realmente perversa, realmente stupida, una vera e propria Cenerentola.
Non mi scrivi mai, non ami tuo marito. Tu sai il piacere che le tue lettere gli procurano eppure non riesci nemmeno a buttar giù in un attimo una mezza dozzina di righe.
Che cosa fate tutto il giorno, Signora?
Che tipo di affari così vitali vi privano del tempo per scrivere al vostro fedele amante?
Quale pensiero può essere così invadente da mettere da parte l’amore, l’amore tenero e costante che gli avevate promesso?
Chi può essere questo meraviglioso nuovo amante che vi porta via ogni momento, decide della vostra giornata e vi impedisce di dedicare la vostra attenzione a vostro marito?
Attenta Giuseppina; una bella notte le porte saranno distrutte e là io sarò.
In verità, amor mio, sono preoccupato di non avere tue notizie, scrivimi immediatamente una lettera di quattro pagine con quelle deliziose parole che riempiono il mio cuore di emozione e di gioia. Spero di tenerti tra le braccia quanto prima, quando spargerò su di te milioni di baci, brucianti come il sole dell’equatore.
Bonaparte



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