Durante il suo esilio a Sant’Elena, negli ultimi anni della sua vita, Napoleone ebbe modo di riflettere amaramente sul proprio destino e sull’eredità lasciata alla Francia e all’Europa. Disse:
“Il mio vero crimine è stato quello di aver distrutto l’anarchia e posto l’autorità sul trono, di aver amato sinceramente il popolo francese e di aver voluto la sua gloria.”
— Mémorial de Sainte-Hélène
Questa dichiarazione, riportata da Emmanuel de Las Cases, suo confidente e memorialista, restituisce un Napoleone profondamente consapevole del proprio ruolo storico, ma ben lontano dalla figura megalomane che avrebbe potuto proclamare la fine del mondo dopo sé. Il tono è quello di un uomo che si vede come un riformatore tradito, non come l’ultimo baluardo della civiltà.
Diversa è la celebre affermazione “Après moi, le déluge” ("Dopo di me, il diluvio"), attribuita a Luigi XV o alla sua amante Madame de Pompadour. Questa frase, ben documentata e pronunciata nel contesto della disfatta di Rossbach nel 1757, suona come un’ammissione disillusa che l’Ancien Régime non sarebbe sopravvissuto al suo regno. E, in effetti, la storia gli diede ragione: la monarchia francese fu travolta da rivoluzioni, ghigliottine e guerre che cambiarono il volto dell’Europa.
Napoleone, pur consapevole della forza del proprio mito, non si espresse mai in modo tanto lapidario. La sua visione del futuro era in realtà più complessa: era convinto che le sue riforme – in particolare il Codice Civile, l’unificazione del sistema legale, la razionalizzazione dell’amministrazione statale – avrebbero avuto un impatto duraturo. E così è stato. Anche dopo Waterloo e l’esilio definitivo, molti Stati europei conservarono parti del sistema napoleonico, e l’eco delle sue trasformazioni si sente ancora oggi.
La frase “Dopo di me, non ci sarà più niente” può essere letta, forse, come una sintesi drammatica dello strappo che Bonaparte rappresentò con il passato. Ma è una costruzione apocrifa, un effetto della narrazione mitica che, nel tempo, ha sovrapposto l’uomo alla leggenda. In realtà, Napoleone non negava il futuro: lo progettava, e anzi aspirava a plasmarlo.
Ironia della storia, fu proprio la vastità della sua ambizione a renderlo un simbolo così potente. Perché anche se non disse mai quelle parole, molti, all’indomani della sua caduta, ebbero la sensazione che qualcosa di unico fosse finito per sempre.

Nessun commento:
Posta un commento