giovedì 17 ottobre 2024

Il miglior Maresciallo di Napoleone? Non Davout, né Soult. Ma Louis-Gabriel Suchet

Quando si evocano i grandi Marescialli di Napoleone, i nomi che affiorano immediatamente sono quelli celebrati dalla storiografia più consolidata: Louis-Nicolas Davout, il “maresciallo di ferro”, che a Auerstädt nel 1806 sconfisse da solo un intero esercito prussiano; Jean Lannes, il leone del campo, morto troppo giovane ma brillante a Ratisbona e Arcole; Michel Ney, l’eroe di Borodino e il tragico protagonista del ritorno da Mosca; e naturalmente Alexandre Berthier, lo stratega metodico, cuore tecnico dello Stato Maggiore imperiale.

Eppure, se si cambia lente d’osservazione — non il carisma, non la spettacolarità, ma l’efficienza pura e la coerenza dei risultati in uno dei teatri più logoranti delle guerre napoleoniche — allora emerge una figura solida, lucida, priva di macchie: Louis-Gabriel Suchet, duca d'Albufera, forse il più sottovalutato e allo stesso tempo più efficace tra i 26 Marescialli dell’Impero.

La guerra di Spagna — o più precisamente, la guerra peninsulare (1808–1814) — fu un pantano strategico per la Grande Armée. Nessun altro fronte consumò più uomini, più risorse e più tempo per ottenere meno. Lì, Napoleone vide sgretolarsi la sua immagine di invincibilità, grazie alla resistenza spagnola, all’insurrezione costante delle popolazioni civili, alla tattica della guerriglia e alla presenza risoluta delle forze britanniche guidate da Wellington. In questo inferno amministrativo e militare, molti Marescialli brillarono meno che altrove. André Masséna, vincitore a Zurigo e Rivoli, fallì nel portare a termine l’assedio di Lisbona. Soult, sebbene brillante in Germania, fu spesso costretto a retrocedere. Ney, il “più valoroso dei valorosi”, si scontrò con difficoltà logistiche insormontabili.

Solo uno seppe non solo sopravvivere, ma prosperare: Suchet.

Napoleone stesso lo aveva notato già durante le prime campagne italiane. Promosso a Maresciallo nel 1811, Suchet fu l’unico a ricevere il bastone sul suolo spagnolo. Il suo approccio combinava durezza militare con una rara sensibilità amministrativa. Stabilì rapporti relativamente cooperativi con la popolazione locale nella regione di Aragona e Catalogna, fece restaurare i sistemi fiscali, mantenne l’ordine pubblico e — cosa ancora più rara — seppe garantire i rifornimenti alle sue truppe senza dover necessariamente ricorrere al saccheggio sistemico che alienava la popolazione civile. Vinse la guerra non solo con i fucili, ma con la stabilità.

Militarmente, Suchet si distinse in battaglie decisive come Lérida, Tortosa, Tarragona e Valencia, quest’ultima considerata da molti analisti la più importante vittoria francese sul suolo iberico. Nessun altro Maresciallo fu capace di conquistare e mantenere sotto controllo una regione così estesa e turbolenta per un periodo così lungo.

Il confronto con gli altri grandi Marescialli è illuminante. Davout fu certamente un genio tattico, ma la sua azione fu soprattutto brillante nei grandi scontri frontali delle campagne centrali. Soult mancava spesso del tatto politico e amministrativo. Berthier fu un formidabile burocrate bellico, ma non un comandante di campo. Lannes, seppur straordinario, operò sempre sotto la supervisione diretta di Napoleone. Suchet, invece, operò per lunghi anni lontano dagli occhi dell’Imperatore, con risultati sistemici e stabili.

Inoltre, mentre molti Marescialli tornarono dalla Spagna con carriere offuscate o compromesse, Suchet tornò con un curriculum immacolato, tanto da ottenere incarichi ancora più rilevanti negli ultimi anni dell’Impero. Nel 1815, Napoleone — che pure nominò Soult come capo di Stato Maggiore per i Cento Giorni — avrebbe probabilmente beneficiato di una scelta diversa. La freddezza organizzativa, l’equilibrio, la competenza logistica di Suchet erano esattamente ciò che mancava nella campagna di Waterloo.

Dopo la caduta di Napoleone, Suchet non si arruolò tra i cospiratori né tra i restauratori. Morì nel 1826, con una reputazione intatta, stimato sia dai bonapartisti che dagli avversari. Le sue memorie, poco lette ma dense di dettagli, restano una fonte preziosa per comprendere la complessità del comando sul campo.

In un’epoca di colpi di genio e colpi di teatro, Suchet fu l’artefice silenzioso della stabilità. Non il più audace, né il più celebrato, ma forse il più affidabile e, paradossalmente, il più moderno tra i Marescialli di Francia.

Un titolo ambito, conteso, ma che nella luce della Storia, potrebbe davvero spettare a lui.



Nessun commento:

Posta un commento