domenica 24 novembre 2024

IL MOSTRO AFFAMATO DELL’ERA DI NAPOLEONE – LA VICENDA DI TARRARE, L’UOMO CHE DIVORAVA L’IMPOSSIBILE, E IL SUO LEGAME OSCURO CON LA FRANCIA POST-RIVOLUZIONARIA



Nella Francia sconvolta dalla Rivoluzione, mentre i venti di guerra soffiavano violenti sui confini e la figura emergente di Napoleone Bonaparte cominciava a scolpire il proprio destino imperiale, un altro personaggio – infinitamente meno noto ma altrettanto straordinario – compiva il suo breve e disturbante passaggio nella storia: Tarrare, il “divoratore di Lione”, l’uomo dalla fame insaziabile. Un fenomeno medico, un enigma biologico, e forse, in fondo, un simbolo grottesco della stessa epoca napoleonica.

Tarrare nacque nel 1772, proprio negli anni in cui l'Antico Regime cominciava a scricchiolare. Cresciuto nella miseria della campagna lionese, sviluppò sin da bambino una fame patologica. Non un semplice appetito: una voragine insaziabile che lo portava a divorare ogni cosa – pane, carne, animali vivi, oggetti metallici – pur di placare un bisogno che sembrava divorarlo dall'interno. Cacciato dai genitori, trovò rifugio a Parigi come artista da strada, ingoiando ogni oggetto che il pubblico gli porgeva.

Ma è nel 1792, in piena guerra rivoluzionaria, che la sua parabola si incrocia con quella della Francia in armi. Tarrare si arruolò nell’esercito, come tanti giovani senza futuro. E come tanti altri fu rapidamente inghiottito dalla macchina bellica della neonata Repubblica. Ma c’era un problema: le razioni non bastavano mai. Ne consumava quattro volte più di un soldato normale. Rubava, rovistava, si umiliava per un avanzo. La fame lo rese un problema per l’intera compagnia, e fu spedito in ospedale.

Qui entrano in scena due medici dell’epoca, Courville e Percy, che iniziarono a studiarlo con occhio clinico e crescente orrore. Tarrare era scheletrico – appena 45 chili – ma riusciva a inghiottire quantità colossali di cibo. Se non nutriva, si contorceva in dolori infernali, e sudava talmente tanto da produrre vapori irrespirabili. Era una macchina biologica fuori controllo.

Ma il punto di contatto con Bonaparte arriva in un dettaglio tanto inquietante quanto rivelatore: l’utilizzo militare di Tarrare come spia. Il giovane Napoleone, allora astro nascente del Direttorio, credeva nella guerra scientifica, nella logistica applicata all’intelligence. Fu proprio in quel clima, in cui ogni risorsa umana poteva diventare un’arma, che Tarrare venne impiegato in un esperimento quasi darwiniano: ingoiare un messaggio segreto, attraversare le linee nemiche, e “restituire” l’informazione in modo non convenzionale.

Fallì. Arrestato dai prussiani, venne bastonato e costretto a "espellere" i documenti sotto minaccia di morte. Una figuraccia che probabilmente pose fine all’interesse ufficiale per le sue “abilità”, ma che ci lascia un dettaglio significativo: Tarrare fu, per un istante, un progetto militare della Francia rivoluzionaria. Un corpo trasformato in vettore d’informazione. Una spia intestinale.

Non c’è prova diretta che Napoleone fosse a conoscenza del caso, ma l’episodio si inserisce perfettamente nello spirito del tempo: la volontà di piegare la natura al servizio della nazione, l’uso estremo del corpo come strumento politico, l’ossessione per il controllo scientifico dell’uomo. Bonaparte – futuro riformatore dei codici, fondatore della medicina militare moderna – si muoveva in quel medesimo orizzonte culturale in cui anche Tarrare fu, brevemente, un esperimento vivente.

Espulso dall’esercito dopo sospetti atti di cannibalismo – avrebbe bevuto sangue di pazienti e dissacrato i cadaveri dell’obitorio – Tarrare morì nel 1798, consumato dalla tisi e dalla sua stessa malattia, mai diagnosticata con certezza. Aveva solo 26 anni. Quello stesso anno, Napoleone partiva per la campagna d’Egitto. La Francia cambiava volto. Tarrare diventava una nota a piè di pagina, un caso clinico archiviato, un simbolo ingombrante della corporeità fuori controllo.

Eppure, oggi, alla luce del revisionismo storico e della fascinazione contemporanea per le anomalie, Tarrare appare come l’incarnazione allucinata dei limiti dell’Illuminismo: l’idea che tutto possa essere razionalizzato, studiato, dominato. Lui era l’eccezione, la creatura che sfuggiva al calcolo, che rigettava le categorie di utile, bello, sano. Un mostro nato proprio mentre l’Europa cercava di edificare una nuova civiltà sul principio di ordine e progresso.

In un tempo in cui Napoleone si preparava a rifondare l’Impero, Tarrare era il suo oscuro riflesso: la carne che non si può disciplinare, l’umanità che non si lascia addestrare, la fame che non si può spegnere.

Un uomo senza misura, in un’epoca che tentava di misurare tutto.








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