venerdì 22 novembre 2024

ANDRÉ MASSÉNA: IL FIGLIO PREDILETTO DELLA VITTORIA

 


Dai bassifondi di Nizza al vertice dell’Impero, l’uomo che fu terrore dei nemici e spina nel fianco dell’Imperatore

Vi sono generali nati in accademia e altri forgiati nella polvere delle marce infinite e nel sangue delle baionette. André Masséna appartiene alla seconda stirpe: rozzo, ambizioso, geniale, inarrestabile. Conosciuto dai suoi uomini come “l’enfant chéri de la victoire”, il figlioccio della vittoria, fu tra i pochissimi ufficiali in grado di far tremare i generali nemici e, nei momenti opportuni, anche lo stesso Napoleone.

Nato a Nizza il 6 maggio 1758 da una famiglia poverissima, rimase orfano giovanissimo. A tredici anni si imbarcò come mozzo, poi disertò, poi si arruolò nell’esercito reale e, pur senza una cultura formale, si fece notare per la disciplina feroce e l’abilità nelle manovre. Quando la Rivoluzione spazzò via l’ancien régime, Masséna non esitò un istante: aderì con entusiasmo, risalendo i ranghi grazie al suo coraggio spietato e a una volontà di ferro. Nel 1793 era già generale di divisione, e da lì iniziò la sua leggenda.

Fu a Rivoli, nel 1797, che la sua stella brillò più fulgida. Accerchiato, in inferiorità numerica, resistette e poi travolse gli austriaci, guadagnandosi l’ammirazione eterna del giovane Bonaparte, che lo definì “il miglior generale che abbia mai avuto sotto di me”. Ma Masséna non era solo il soldato perfetto: era anche uno spirito libero, insofferente agli ordini, incapace di servilismo. Combatté per la Repubblica con ardore, ma mai si lasciò irreggimentare dai codici della politica o dell’etichetta.

Nel 1799, fu chiamato a difendere la Svizzera e le Alpi dai colpi congiunti degli austriaci e dei russi. A Zurigo, in uno degli scontri più memorabili delle guerre rivoluzionarie, inflisse una pesante sconfitta al leggendario generale Suvorov, ribaltando le sorti della campagna e consolidando il dominio francese sulla regione. Masséna aveva combattuto con la fame, con le malattie e con truppe allo stremo — eppure aveva vinto. La sua capacità di ispirare i soldati, di tirare fuori risorse dall’impossibile, fu paragonata a quella degli antichi condottieri.

Nel 1804, fu uno dei primi ad essere insigniti del titolo di Maresciallo dell’Impero. Ma col passaggio dall’epopea rivoluzionaria alla struttura imperiale, cominciarono anche le tensioni. Masséna si adattò a fatica al nuovo ordine. Abituato a saccheggiare per mantenere le truppe e sé stesso, fu accusato di arricchimenti illeciti — dicerie che contribuirono alla sua fama leggendaria di uomo avido ma ineguagliabile in battaglia.

Durante la campagna d’Italia del 1805, e poi a Wagram nel 1809, confermò il suo valore con manovre geniali. Ma fu in Portogallo, nel 1810, che la sua parabola subì una flessione. Inviato a guidare la campagna contro Wellington, Masséna si trovò di fronte a un nemico ostinato, ben trincerato e sostenuto da una popolazione in rivolta. La sua avanzata fino a Lisbona fu ostacolata dalle famigerate Linee di Torres Vedras. Senza rifornimenti, con un esercito allo stremo, dovette ritirarsi. Non fu una sconfitta onorevole, ma nemmeno un crollo: Masséna riuscì comunque a preservare gran parte delle sue forze, dimostrando ancora una volta la sua eccezionale tenacia.

Napoleone, però, non perdonava gli insuccessi. La relazione fra i due, già tesa per divergenze personali e stili inconciliabili, si deteriorò irrimediabilmente. L’Imperatore lo accusò d’incapacità e Masséna, ferito nell’orgoglio, replicò in privato con dure parole. Fu progressivamente allontanato dagli incarichi più importanti, pur mantenendo il titolo e il rispetto del corpo degli ufficiali.

Durante i Cento Giorni, Masséna restò in disparte. Troppo orgoglioso per mendicare il favore imperiale, troppo lucido per inseguire un sogno già spezzato. Morì il 4 aprile 1817 a Parigi, lasciando un’eredità complessa ma imponente. Era stato un guerriero senza scrupoli, un comandante geniale, un uomo impossibile da incasellare.

Il suo nome è inciso sull’Arco di Trionfo tra i più grandi. Ma la sua memoria resta viva soprattutto nei racconti delle battaglie dove, tra fango, fumo e sangue, si gridava il suo nome con reverenza e terrore. Masséna fu l’anima indomita della guerra rivoluzionaria, il ponte tra il disordine creativo del Terrore e la disciplina glaciale dell’Impero. Non un eroe classico, ma un vincitore, nella forma più ruvida e pura che la storia possa concedere.

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