lunedì 28 marzo 2022

Quale fu una delle prigionie più crudeli?

Si faceva chiamare con svariati nomi, ma mai con quello vero: Giuseppe Balsamo.



Conosciuto come Cagliostro, fu uno dei personaggi più ambigui dell’illuminismo; alchimista, mago, massone (o ciarlatano) era dotato di fascino e acume.

Aveva introdotto nella Massoneria un nuovo rito, il Rito Egiziano, che si proponeva di resuscitare il culto di Iside. Ma nel 1790 la sua arte ammaliatoria non scalfì l’Inquisizione, che dopo un lungo processo lo condannò al “carcere perpetuo”.

Cagliostro fu trasferito nella Rocca di San Leo, fra Urbino e San Marino e qui venne condotto nel “Pozzetto”. Murato vivo in una tomba di pietra, priva di porta, collegata con l’esterno da una piccola botola.

Ben presto iniziò a dare segni di instabilità psichica, segnata da violente ribellioni nella tremenda solitudine di quel buco oscuro ed umido.


Il suo mondo consisteva tutto nel guardiano che dal soffitto gli calava il cibo due volte al giorno, nel tavolaccio dove stava sdraiato per quasi tutte le ore di un giorno che poco o nulla si differenziava dalla notte, nella finestrella a cui a volte si aggrappava per urlare una disperazione cui era negata ogni pietà.

Quando aveva queste crisi, dal soffitto giungevano i guardiani, che, per riportarlo alla calma, lo pestavano a sangue. Languì in un buco per tre anni, privo di aria, di movimento e di ogni contatto con i suoi simili.

Il giorno stesso della sua morte il governatore della prigione ne ebbe pietà e lo fece trasferire in una cella del pianterreno.




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