L'elezione di Pio VII
Il 14 marzo 1800, il Conclave dei
cardinali si riunì a Venezia (città libera dal dominio francese e
sotto l'autorità di Vienna e del Sacro Romano Impero), per eleggere
il nuovo Papa, dopo la morte di Pio VI. Venne eletto Barnaba
Chiaramonti, che scelse il nome di Pio VII. Lo stesso generale
rivoluzionario Napoleone Bonaparte si espresse favorevolmente sul «
cittadino cardinale Chiaramonti ». Il nuovo Papa scelse come
segretario di Stato il Card. Ercole Consalvi e come politica la
fermezza nei principi, l'adattamento alle circostanze. Primo atto del
nuovo Papa fu di ritornare a Roma non appena possibile. In secondo
luogo, riuscì ad ottenere dal governo di Napoleone la firma di un
concordato tra Santa Sede e Repubblica Francese.
I motivi che spinsero il Primo Console
a ristabilire le relazioni con la Santa Sede (rotte col Papa
precedente) furono sostanzialmente tre:
- la convinzione che la Francia, soprattutto la Francia rurale, voleva restare cattolica;
- la sua esperienza italiana lo confermò nell'idea che religione e Chiesa potevano essere un valido strumento di governo;
- inoltre, la sua vittoria a Marengo (14 giugno 1800) lo metteva in una posizione di forza per negoziare con Roma.
D'altra parte, Pio VII, pur agendo con
estrema prudenza, vedeva nel concordato la possibilità di ridare
alla Francia larga libertà, uscendo vittoriosa sulla Chiesa
costituzionale e sulla persecuzione. Il negoziato che si aprì fu
piuttosto laborioso e lungo. Per volere di Bonaparte i lavori
iniziarono a Parigi nel novembre 1800, ma solo con l'arrivo del
Consalvi nella capitale si arrivò ad un accordo, il 15 luglio 1801.
Le principali clausole furono:
- la religione Cattolica è riconosciuta come la religione della maggioranza dei francesi; non è affermata la religione di Stato;
- da parte sua, la Santa Sede riconosce la Repubblica come forma legittima di governo;
- si garantisce il libero esercizio della religione e del culto cattolico (art. 1); questo comportò l'abolizione di tutte le misure restrittive precedenti;
- il Papa procede alla destituzione di tutti i vescovi francesi (art. 3): 59 vescovi costituzionali e 92 vescovi sopravvissuti all'Ancien régime dovevano farsi da parte;
- si procede pure alla ristrutturazione delle circoscrizioni ecclesiastiche (art. 2): le sedi vescovili francesi si ridurranno a 60 (coincideranno con i dipartimenti, istituiti da Napoleone), e le parrocchie a 3000 (prima erano più di trentamila);
- spetta al Primo Console nominare i vescovi; segue l'istituzione canonica del Papa (art. 4);
- i vescovi prestano giuramento di fedeltà alla repubblica e alla sua costituzione (art. 6);
- i parroci sono nominati direttamente dai vescovi (art. 10);
- i beni ecclesiastici venduti rimangono nelle mani dei nuovi proprietari (art. 13);
- lo Stato provvede al sostentamento economico del clero (art. 14).
Il concordato, che non parla affatto
degli Ordini e delle Congregazioni religiose, resterà in vigore fino
al 1905 e rappresenta per la Chiesa, prima di tutto il superamento
della fase critica rivoluzionaria, ma soprattutto l'affermazione del
primato di giurisdizione del Papa ed insieme un colpo mortale per le
aspirazioni gallicane.
Restava il problema della sua ratifica
da parte dei due governi. A Roma la commissione cardinalizia reclamò
subito delle modifiche; ma il Consalvi fece capire che non si poteva
sperare nessun altro miglioramento (realismo storico). A Parigi,
Bonaparte esitava a proporre alle camere l'accordo e per mettere a
tacere le opposizioni il 18 aprile 1802 fece promulgare solennemente
il concordato, accompagnato però da 77 articoli, detti «organici»,
che rappresentavano un vero e proprio codice di diritto ecclesiastico
di chiaro spirito gallicano («Il
gallicanesimo
buttato dalla porta si
riaffacciava dalla finestra», G. Martina). Infatti:
- ogni decisione romana doveva sottostare al placet del Governo francese;
- si dovevano insegnare i quattro articoli gallicani nei seminari;
- era ristabilito lo jus appellationis, ossia il ricorso alle autorità civili contro le decisioni di un tribunale ecclesiastico;
- l'ordinazione dei sacerdoti era sottoposta a precisi controlli;
- era permesso un solo catechismo per tutta la Francia;
- si affermava la precedenza obbligatoria del matrimonio civile su quello religioso.
Di fronte a questa impennata gallicana,
Pio VII innalzò una energica protesta, ma poi capì realisticamente
che era meglio non insistere, sotto pena di dover rimettere in
discussione tutto.
L'Italia, non facendo parte della
Repubblica Francese, era esclusa dal concordato del 1801. La vecchia
Repubblica Cisalpina alla fine del 1801 fu riorganizzata col nome di
Repubblica Italiana e nel primo articolo della nuova costituzione
Napoleone fece riconoscere la religione cattolica come religione di
Stato. Inoltre affidò ad un gruppo di giuristi ecclesiastici il
compito di elaborare la legge organica per il clero della nuova
repubblica. Questa si ispirava al concordato francese, ma in genere
fu più favorevole alla Chiesa (restituzione dei beni ecclesiastici
non alienati, possibilità di ricevere dotazioni a capitoli e
seminari, piena giurisdizione del clero sul matrimonio).
Questa legge venne sanzionata con il
concordato del 16 settembre 1803, ancor più favorevole alla Chiesa
che non la Costituzione del 1802.
All'inizio di maggio del 1804 Napoleone
veniva proclamato Imperatore dei Francesi. Pio VII, malgrado
l'opposizione della Curia Romana, decise di recarsi personalmente a
Parigi (mai un Papa si era recato a Vienna o in Germania per
incoronare un imperatore; semmai era avvenuto il contrario), perché
convinto che un incontro diretto con l'Imperatore avrebbe portato
quest'ultimo ad alcune modifiche della Costituzione repubblicana. Se
da questo punto di vista il Papa andò incontro ad una totale
delusione, nondimeno riuscì ad acquistare prestigio presso il popolo
francese, che lo accolse calorosamente, scortato dalle sue guardie
nobili: era, infatti, dai tempi del periodo avignonese del papato
(XIV secolo) che i francesi non avevano più visto un Papa.
Ben presto, però, l'accordo tra Chiesa
e Stato entrò in crisi (la consacrazione imperiale sigillò infatti
il comune ripudio dell'ideologia rivoluzionaria, il ritorno
all'alleanza fra trono ed altare) per il grave conflitto che oppose
l'Imperatore francese al Papa.
Napoleone voleva infatti trattare il
Papa così come trattava i suoi vescovi in patria: servirsene per i
suoi scopi: nella fattispecie, obbligarlo a porsi dalla sua parte
contro le coalizioni europee. Il netto rifiuto di Pio VII portò come
conseguenza alle dimissioni di Consalvi volute da Napoleone. Per
tutto il 1807 continuarono le intimidazioni imperiali; l'occupazione
del napoletano sollevò la protesta Papale in difesa dei suoi diritti
feudali; di fronte alla pretesa napoleonica di creare 1/3 di
cardinali francesi il Papa rispose con un altro rifiuto. Allora
Napoleone ordinò al generale Miollis di entrare in Roma, ma di
lasciare comunque libero il Papa, sperando che sotto la minaccia
cedesse. Ma Pio VII rispose rifiutandosi, secondo il concordato, di
istituire canonicamente i vescovi nominati dall'imperatore.
Dopo la vittoria decisiva sull'Austria,
Napoleone decretò il 17 maggio 1809 l'annessione dello Stato
Pontificio all'Impero francese. Il 10 giugno Pio VII replicò
scomunicando tutti i colpevoli del sopruso (senza mai nominare
Napoleone). Dopo poche settimane Pio VII fu arrestato da militari
francesi e portato prima in Francia e poi a Savona (passando dal
colle di Tenda, Cuneo, Mondovì...) di fatto prigioniero di Napoleone
Bonaparte, senza nessun contatto con l'esterno. Il Collegio dei
Cardinali fu portato dapprima a Parigi e poi disperso in diverse
città francesi. Lo Stato Pontificio venne suddiviso in dipartimenti
e governato alla maniera francese (la Curia era di fatto sciolta).
In Francia la massa del clero e dei
fedeli restò a lungo estranea al conflitto. Lentamente, però,
iniziò a venire a conoscenza dei particolari e della scomunica.
Intanto il rifiuto del Papa di dare l'istituzione canonica ai
candidati all'episcopato presentati dall'imperatore incominciò a
dare i suoi frutti: nell'estate del 1810 già 27 diocesi erano senza
pastore. Visto l'inutilità di rivolgersi al Papa, Napoleone, su
proposta di una commissione di vescovi/teologi, indisse un concilio
nazionale, che si aprì a Parigi il 17 giugno 1811 alla presenza di
140 vescovi. Questi, pur trovando eccessivo l'atteggiamento del Papa,
dichiararono che non poteva esserci decreto conciliare valido senza
consenso scritto del Papa. Anche il concilio, sciolto il 12 luglio e
riconvocato il 3 agosto, non trovò via d'uscita al conflitto.
Di ritorno dalla Russia, Napoleone fece
trasferire il Papa a Fontainebleau. Pio VII, all'estremo delle forze,
in un momento di debolezza, si piegò alla persecuzione psicologica
di Napoleone firmando un abbozzo di convenzione (25 gennaio 1813),
che subito l'imperatore fece spacciare come nuovo concordato e si
affrettò a far pubblicare. Ma il 28 gennaio, il Papa in una lettera
all'imperatore ritrattò questo suo atto di debolezza.
Ma ormai per Napoleone i giorni erano
contati. Il 31 marzo 1814 veniva sconfitto a nella Battaglia di
Parigi e il 6 aprile abdicava. Il 24 maggio 1814 Pio VII ritornava a
Roma acclamato dal popolo.
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