L'ammutinamento del Froberg Regiment
si svolse tra il 4 e il 12 aprile
1807 a Forte Ricasoli a Malta; fu il più grave ammutinamento
scoppiato all'interno del British Army durante il periodo delle
guerre napoleoniche.
Il Froberg Regiment era un'unità di
mercenari stranieri, in maggioranza reclutati nei Balcani, in
servizio come guarnigione al Forte Ricasoli; reclutati con false
promesse e inganni, e sottoposti a un duro regime disciplinare, parte
degli uomini si ammutinò prendendo in ostaggio gli ufficiali e le
loro famiglie. Le richieste dei ribelli circa un loro immediato
rimpatrio furono ignorate dalle autorità britanniche, che posero
l'assedio al forte; alla fine i ribelli furono costretti a
capitolare, non prima però di aver fatto saltare in aria il deposito
delle munizioni di Ricasoli causando gravi danni alla struttura.
Gli uomini indicati come capi della
rivolta furono immediatamente giustiziati dai britannici, ma una
commissione d'inchiesta mise in luce le gravi illegalità attuate per
reclutare i soldati del Froberg Regiment; nel giugno 1807 il
reggimento fu quindi sciolto e i suoi uomini congedati e rimpatriati.
Il Froberg Regiment venne fondato nel
dicembre 1803 da Gustave de Montjoie, un ufficiale Émigré francese
di idee realiste che si nascondeva dietro l'identità del conte
tedesco Froberg; questi ricevette l'autorizzazione del Segretario per
la guerra britannico di reclutare un reggimento di mercenari per
prestare servizio di guarnigione a Malta, all'epoca un protettorato
del Regno Unito. Froberg reclutò uomini di varie nazionalità, tra
cui tedeschi, polacchi, svizzeri e russi ma soprattutto provenienti
dall'Albania e delle regioni cristiane dell'Impero ottomano (in
particolare Grecia e Bulgaria); i metodi di reclutamento adottati da
Froberg furono alquanto discutibili: secondo quanto riferisce lo
storico Adam Neale, suo contemporaneo, nel libro Travels Through Some
Parts of Germany, Poland, Moldavia and Turkey, «l'inganno e la
menzogna più privi di principi furono impiegati per ottenere
reclute».
I 513 uomini del reggimento sbarcarono
a Malta da Corfù nel 1806. Al comando dell'unità vi erano il
maggiore Schumelketel e il tenente Schwartz, il secondo dei quali
aveva supervisionato il discutibile processo di reclutamento. Poco
dopo il loro arrivo nell'isola, diversi membri dell'unità iniziarono
a lamentarsi: erano stati loro promessi alti gradi e paghe elevate, e
si erano ritrovati a essere impiegati come soldati semplici per
salari miseri. Quando gli uomini furono confinati per quarantena nel
lazzaretto di Manoel Island, molti di loro chiesero di essere
rimandati a Corfù; queste richieste furono infine ritirate dopo che
il tenente Scwartz ebbe minacciato di privare gli uomini delle
razioni alimentari, ma lo scontento non fece che salire.
Dopo la cessazione del periodo di
quarantena i soldati furono autorizzati a recarsi nella città di La
Valletta, dove in molti furono ben presto coinvolti in risse e litigi
tra di loro e con i nativi maltesi; per prevenire disordini più
gravi, il comandante delle forze britanniche a Malta, tenente
generale William Villettes, ordinò di confinare l'intero reggimento
a Forte Ricasoli, un vasto complesso fortificato posto all'entrata
del Porto Grande. Nel novembre 1806 Villettes nominò un ufficiale
britannico, il tenente colonnello James Barnes, come nuovo comandante
del Froberg Regiment, ma questo non fece altro che incrementare il
risentimento degli uomini.
L'ammutinamento prese vita il 4 aprile
1807, mentre il colonnello Barnes si trovava a La Valletta. La
sollevazione fu portata avanti da circa 200 soldati di origine greca
e albanese, i quali uccisero tre ufficiali tra cui il tenente
Schwartz e un certo numero di altri soldati del reggimento; gli
ammutinati ferirono inoltre il maggiore Schumelketel, ex comandante
dell'unità, e tre altri ufficiali. Forte Ricasoli cadde
completamente in mano ai rivoltosi: la bandiera britannica fu
ammainata e sostituita con la bandiera navale della Russia, i
cancelli del forte furono sbarrati e il ponte levatoio che conduceva
al suo ingresso fu sollevato. Gli ammutinati presero come ostaggi gli
ufficiali superstiti e le loro famiglie, e obbligarono i circa 20
artiglieri britannici presenti a puntare i cannoni del forte in
direzione di La Valletta. A capo della rivolta si pose un
greco-bulgaro di nome Caro Mitro.
Vari uomini del reggimento riuscirono a
fuggire dal forte e ad avvertire le autorità britanniche
dell'ammutinamento. Le truppe regolari del Royal Maltese Regiment e
del 39th (Dorsetshire) Regiment of Foot britannico presero posizione
ai piedi del glacis di Forte Ricasoli, mentre i cannoni dei vicini
Forte Sant'Elmo e Forte Sant'Angelo venivano puntati in direzione
della postazione. In un messaggio, gli ammutinati pretesero di essere
congedati dal servizio britannico e di essere rimandati a casa, con
le paghe promesse e una lettera di perdono firmata dallo stesso
Villettes; in caso contrario, i ribelli minacciarono di aprire il
fuoco su La Valletta. Villettes, ad ogni modo, rigettò le richieste
e intimò ai ribelli di arrendersi.
Nel corso del secondo giorno
dell'ammutinamento, vari pezzi d'artiglieria furono posizionati
intorno a Ricasoli ma nessun'altra azione fu intrapresa dai
britannici in quanto Villettes puntava a far capitolare a postazione
per fame. Un secondo messaggio dei ribelli chiese rifornimenti di
cibo minacciando ancora una volta di cannoneggiare La Valletta dal
forte, ma parimenti non ottenne risposta dai comandi britannici.
Il terzo giorno i ribelli liberarono
uno degli ostaggi, un ufficiali, perché recapitasse un terzo
messaggio; questo fu ancora una volta ignorato. L'ufficiale liberato
riferì alle autorità britanniche delle condizioni del forte, ma
dovette fare ritorno perché gli ammutinati tenevano ancora in
ostaggio sua moglie. Poco dopo scoppiarono scontri tra i ribelli
stessi: la fazione che proponeva di far cessare l'ammutinamento fece
alzare sul forte una bandiera bianca, ma questa fu tuttavia subito
ammainata dai sostenitori della linea dura. Notando questi segni di
divisione tra i ribelli Villettes inviò una delegazione per
negoziare con gli ammutinati, ma questi si rifiutarono di arrendersi.
Il quinto giorno d'assedio, l'8 aprile,
gli ammutinati, a corto di cibo, liberarono le famiglie degli
ufficiali prima tenute in ostaggio. I ribelli formularono anche un
ultimatum minacciando di far saltare in aria il forte se delle
provviste non fossero state immediatamente consegnate loro; quando il
termine dell'ultimatum spirò, gli ammutinati ne formularono un
secondo minacciando nuovamente di giustiziare gli ostaggi rimasti in
loro possesso. Ad ogni modo, si svilupparono nuovi scontri intestini
tra le diverse fazioni degli ammutinati, e approfittando di ciò un
gruppo di soldati di origine tedesca e polacca riuscì ad aprire i
cancelli del forte: la maggior parte degli uomini presenti colse
l'occasione per fuggire e consegnarsi alle autorità britanniche, ma
una ventina circa di irriducibili rimase nel forte e richiuse i
cancelli dopo la fuga degli altri.
Il 10 aprile gli ammutinati rimasti a
Ricasoli aprirono il fuoco in direzione di La Valletta, anche se non
causarono danni. Villettes allora ordinò di prendere d'assalto il
forte: un gruppo di 40 soldati comandati dal tenente de Clermont,
egli stesso un ufficiale del Froberg Regiment, scalò le mura del
forte e prese rapidamente possesso della struttura senza riportare
alcuna perdita. Gli ammutinati rimasti si arresero senza colpo
ferire, ma sei di essi si asserragliarono nel magazzino delle
munizioni minacciando di farlo saltare in aria; due giorni dopo la
minaccia fu infine posta in atto: i ribelli riuscirono a far
esplodere circa 600 barili di polvere da sparo, uccidendo tre
sentinelle britanniche e approfittando della confusione per darsi
alla fuga nella campagna circostante.
Quattro dei sei ribelli che riuscirono
a fuggire dal Forte Ricasoli furono catturati dalle autorità
britanniche dopo due giorni, venendo immediatamente impiccati.
Villettes dispose un processo per i capi della rivolta: 24 o 25
furono ritenuti colpevoli e condannati a morte. Le esecuzioni dei
condannati si tennero sul piazzale delle parate di Floriana, alla
presenza dei restanti uomini del Froberg Regiment ora agli arresti. I
primi quindici condannati furono suddivisi in tre gruppi di cinque:
ogni gruppo fu impiccato ad opera del gruppo successivo, con l'ultimo
gruppo giustiziato per fucilazione insieme ai restanti condannati.
Alcuni dei giustiziati non morirono immediatamente, e furono quindi
finiti venendo lanciati oltre i bastioni del forte.
Il capo della rivolta Caro Mitro e il
suo compagno Nicola d'Anastasi erano i due ribelli che riuscirono
inizialmente a fuggire, ma furono catturati il 25 o il 26 aprile da
soldati maltesi nei pressi del villaggio di Baħar iċ-Ċagħaq;
entrambi furono immediatamente impiccati e i loro colpi sepolti in
una trincea sotto i Bastioni della Salnitriera.
Una commissione d'inchiesta
sull'ammutinamento fu istituita tra il 20 e il 22 aprile, e le sue
indagini portarono ben presto alla luce i dubbi metodi di
reclutamento adottati per formare il reggimento. Gli ufficiali
investigatori ordinarono l'immediato scioglimento del Froberg
Regiment nel giugno 1807: circa 350 uomini furono congedati e
rimpatriati nelle loro regioni d'origine nei Balcani, mentre chi ebbe
espresso il desiderio di rimanere in servizio fu riassegnato ad altri
reggimenti stranieri dell'esercito britannico come il Roll's
Regiment, gli Chasseurs Britanniques e il De Watteville's Regiment.
Il governo maltese fece pubblicare anche un rapporto di otto pagine
sull'ammutinamento, dal titolo Rapporto di quanto è accaduto nel
Forte Ricasoli dalli 4 fino alli 11 d'Aprile 1807 e opera
probabilmente dello scrittore Vittorio Barzoni.
Gustave de Montjoie, il "conte
Froberg", si trovava a Costantinopoli al momento
dell'ammutinamento: venuto a conoscenza che i suoi dubbi metodi di
reclutamento erano stati posti sotto inchiesta dalle autorità
britanniche lasciò immediatamente la città, ma stando al racconto
di Neale fu catturato da un gruppo di cosacchi in un remoto villaggio
e da questi ucciso.
Il Forte Ricasoli subì gravi danni per
l'esplosione del deposito delle munizioni: il St. Dominic
Demi-Bastion riportò gravi danni e non fu mai riportato al suo stato
originale, mentre i costi di riparazione delle restanti
fortificazioni superarono le 4.500 sterline dell'epoca.
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