lunedì 18 aprile 2022
Assemblea nazionale costituente
domenica 17 aprile 2022
Come mai la satira in Francia è così odiata da chi la riceve, per esempio dai musulmani?
Da sempre la satira francese è politicamente scorretta, oscena, scurrile e blasfema contro l'obiettivo di turno, a partire dai re a forma di pera e dalla Signora Pompa Funebre...
Vignetta satirica sulla cessione di Nizza e Savoia alla Francia da parte del Piemonte: l'Italia è una donna afflitta e le due regioni sono i suoi figli che l'imperatore francese Napoleone III (sulla destra) le ha sottratto.
Ma insomma, cosa posso farci se la faccia di Sua Maestà assomiglia a una pera?!? ... Nell'aula austera del tribunale di Parigi la frase oltraggiosa di Charles Philipon esplode come una bomba, strappando mormorii di disapprovazione. Il vignettista francese si trova alla sbarra per una "scandalosa" caricatura di Luigi Filippo d'Orléans, in cui le forme rotonde del volto del re assumono - con una sequenza che è quasi da cartone animato ante litteram - per l'appunto le forme di una pera.
QUELLA PERA DEL RE. L'artista finirà in prigione, ma inutilmente: altri disegnatori satirici riprenderanno il tema della "pera", trasformandolo in un tormentone contro re e governo. L'anno del processo era il lontano 1831: il coraggio e l'impudenza di Charles Philipon con le sue invettive oscene, blasfeme e scurrili, la sua assoluta mancanza di buone maniere e il disprezzo anarcoide per ogni forma di autorità costituita fanno parte della lunga tradizione della satira d'Oltralpe. Un esprit irriverente e dissacratorio le cui origini si perdono nei secoli, e che non trova omologhi in altre più pacate tradizioni parodistiche, per esempio quella anglosassone.
«L'ironia in Francia era sovversiva sin dalle origini», conferma Giuseppe Scaraffia, docente di letteratura francese alla Sapienza di Roma: «sferzate al potere si trovano già in opere medioevali francesi come i fabliaux, racconti sarcastici popolari in versi, o il Roman de Renart, una raccolta di parodie con animali antropomorfi come protagonisti». Anche nel '500 in Francia si rideva e si derideva: gli sfottò di giullari e buffoni divertivano le corti, mentre le guerre di religione che devastavano il Paese (ma sulle quali la satira riuscì a mettere il cappello con il graffiante poema Les Tragiques di Théodore Agrippa d'Aubigné) alimentavano il disincanto verso il sacro.
FUNZIONI CORPORALI. Intanto, dall'ibrido tra la cultura di un grande umanista, François Rabelais (1494-1553), e la lingua triviale del popolo nasceva il ciclo di Gargantua e Pantagruel, capolavoro di comicità spregiudicata dove due re giganti dall'appetito e dalla forza smisurati mettono alla berlina la società francese del XVI secolo. «Un grande precursore, non a caso condannato dai teologi della Sorbona: di fronte a una monarchia per diritto divino come quella francese, Rabelais strappa il velo del potere e ci mostra interessi terreni, appetiti, funzioni corporali», commenta Scaraffia.
TRIVIALI CANZONETTE. Il primo importante punto di svolta è però il Seicento. Crisi economica, pressione fiscale, la guerra sotterranea della "Fronda", che opponeva i nobili francesi al potente cardinale Mazarino: questi elementi favorirono un notevole sviluppo della satira, su due livelli paralleli.
Uno "alto", intessuto di grandi capolavori dall'umorismo raffinato e pungente. Tra questi le pièce teatrali di Molière, le Favole di Jean de La Fontaine, la satira realista e antiromantica di Nicolas Boileau. L'altro, invece, popolare e volgarissimo, l'antitesi del buon gusto. Con teatrini di strada allestiti in quattro e quattr'otto sulla pubblica via, magari per mostrare alla folla la regina madre, Anna d'Austria, sodomizzata dall'impopolare Mazarino. Oppure con triviali canzonette antigovernative, le cui parti sconce potevano in genere essere rapidamente rimpiazzate, all'approssimarsi di qualche guardia, da un ritornello meno sconveniente.
La vignetta di Charles Philipon che prende di mira Luigi Filippo D'Orléans: il re è un abito vuoto a forma di pera.
SUINI E FLATULENZE. Punture di spillo oppure badilate di letame: palleggiandosi tra questi due estremi, la satira francese varcò il secolo dei Lumi. In coerenza con lo spirito del tempo, iniziò ad accanirsi contro superstizioni e pregiudizi. Tra i bersagli eminentemente politici, però, spiccava sempre la monarchia dei Borbone, che essendo tra le più assolutiste d'Europa, era anche un bersaglio ben riconoscibile, insieme alle dissipatezze della corte di Versailles e degli alti prelati.
La statua equestre di Luigi XV a Parigi diventò ricettacolo di feroci e anonime pasquinate, mentre grazie alle nuove tecniche tipografiche diventava più facile produrre e vendere sous le manteau - "sotto il mantello" ovvero clandestinamente - immagini della regina impegnata in amori di gruppo, caricature del re con fattezze di suino, accoppiamenti di cardinali e suore, flatulenze di diavoli soffiate sul volto del Papa e tutto quanto potesse solleticare la fantasia corrosiva degli anonimi disegnatori.
I GIOIELLI DI DIDEROT. Sul fronte letterario, il "vizietto" della satira fu coltivato da personaggi insospettabili: da un giurista come Montesquieu con le sue Lettere Persiane, a un enciclopedista come Diderot, celebrato autore dell'Encyclopédie, illuminista, ma anche padre dei licenziosi Gioielli segreti - genitali femminili che, grazie a un anello magico, raccontavano le bassezze che si perpetravano alla corte di Versailles.
Fu quella l'epoca dei pamphlet, gli scritti polemici e calunniosi da "macchina del fango", dove il sarcasmo si faceva aggressivo. «Tra le altre cose questi scritti amplificavano a dimensioni iperboliche le leggende su raffinatezza e perversione sessuale degli aristocratici», aggiunge Scaraffia. «Per esempio: la regina Maria Antonietta, tradizionale bersaglio delle antipatie popolari, fu accusata contemporaneamente di essere ninfomane, lesbica e madre incestuosa!
STRANI MESSALI LITURGICI. Del resto Parigi si stava riempiendo di intellettuali di provincia squattrinati, che per campare avevano poche alternative: fare le spie per la polizia, scrivere discorsi per i parroci oppure cimentarsi in questi libelli, a cui anche Voltaire, autore di una raffinata satira filosofica come il Candido, non disdegnava di dedicarsi. La censura ovviamente faceva il suo lavoro, e per proteggersi autori e lettori di opere proibite s'inventavano di tutto: da falsi luoghi di edizione - spesso Amsterdam o l'Aja - per depistare le indagini, fino a rilegature che imitavano esteriormente i messali liturgici».
La prima pagina della rivista satirica francese La Caricature (1830).
LE CORNA IMPERIALI. Dopo il bagno di sangue della Rivoluzione, e una stagione tumultuosa in cui le fazioni in lotta si combattevano anche a colpi di ingiurie scritte o disegnate, la grandeur napoleonica impose una stretta severa alla satira; come un fiume carsico, però, il genere sopravvisse, stavolta pilotato dai legittimisti monarchici, sbeffeggiando a più riprese le infedeltà coniugali della coppia imperiale.
I successivi decenni del XIX secolo videro la satira sbarcare sulla nascente stampa periodica, ma soprattutto consolidare il suo connubio con l'arte grafica grazie al nuovo "metodo Épinal" creato nell'omonima cittadina della Lorena, con vivaci stampe popolari a colori che anticipavano la forza espressiva del fumetto. Proprio dall'alleanza tra una penna e un "pennello", cioè tra lo scrittore Honoré de Balzac e il disegnatore Philipon, nel 1830 nasceva una rivista-laboratorio dal nome emblematico: La Caricature.
Era l'epoca di grandi maestri del grottesco come André Gill, le cui caricature dal testone ipertrofico hanno fatto scuola sino a oggi, e Honoré Daumier, artista poliedrico che come Philipon finirà in galera per una vignetta contro Luigi Filippo: niente pere stavolta, ma un re in trono dipinto come un insaziabile Gargantua che divora le risorse del popolo, defecando al contempo privilegi e prebende per un piccolo gruppo di privilegiati.
LE PRIME RIVISTE. Ovviamente i più tradizionali lazzi affidati alla parola scritta proseguivano di pari passo, e parecchi giornalisti si trovarono trascinati a duello dalle loro vittime, talora anche con esiti sanguinosi. «L'esordio della rivista La Caricature fece da apripista a una lunga serie di testate umoristiche, a partire dal quasi coevo Le Charivari per finire, a inizio Novecento, con l'effimero ma importante L'Assiette du Beurre e con Le Canard Enchainé, pubblicato ancora oggi», sottolinea Scaraffia.
«Il comune denominatore delle prime riviste satiriche ottocentesche era che vendevano bene, e questo stimolò anche i quotidiani d'informazione ad accaparrarsi vignettisti di talento per ridicolizzare politici e personaggi mondani. In barba a perduranti censure e divieti, insomma, la clandestinità finì e il mestiere cominciò finalmente a "tirare": le vignette di Sem, al secolo Georges Goursat, schernivano tutte le élite di Francia, e persino un pioniere della fotografia come Nadar si cimentò con la caricatura prima di passare definitivamente dietro l'obiettivo.»
La lista delle vittime era lunghissima: dal primo ministro Adolphe Thiers a un mostro sacro della letteratura come Victor Hugo. Nel primo Novecento tra i "vip" più fustigati dai cartoonist parigini ci furono anche Mata Hari, Sarah Bernhardt e persino il nostro Gabriele D'Annunzio.
LA POMPA FUNEBRE. Ma il caso di scuola che anticipò in piena Belle Époque l'umorismo caustico della Francia contemporanea fu la tragicomica dipartita di Félix Faure, presidente della Terza Repubblica francese, nel 1899. «Ufficialmente si parlò di "congestione cerebrale", ma la vulgata popolare stabilì che il poveretto, imbottito di afrodisiaci, era rimasto fulminato da un ictus durante un'appassionata seduta di sesso orale con la propria amante all'Eliseo», racconta Scaraffia. «In barba al lutto nazionale, allusioni e ironie a mezzo stampa si sprecarono. E alla faccia dei pudori ottocenteschi la maîtresse presidenziale, Marguerite Steinheil, fu subito ribattezzata senza troppi complimenti "pompa funebre"».
sabato 16 aprile 2022
Albero della libertà
venerdì 15 aprile 2022
Perché nelle prime battaglie rappresentate con armi da fuoco si marciava lentamente, ci si inginocchiava e si sparava, non si era troppo esposti al fuoco nemico?
La manovra descritta nella domanda è rimasta nella pratica delle armi per circa 350 anni, quindi per comodità mi riferirò al tardo '700 - guerre napoleoniche.
All'epoca l'arma da fuoco della fanteria era il moschetto a pietra focaia dotato di baionetta.
Prima di tutto, per la fanteria era essenziale mantenere la formazione in presenza di cavalleria nemica. Muoversi in ordine troppo sparso sarebbe stato un invito alla carica; a sua volta, una carica di cavalleria era impossibile da fermare in ordine sparso, perchè frequenza e precisione del tiro erano entrambe molto limitate. Per mantenere la formazione durante i movimenti in terreno accidentato, era necessario marciare in cadenza e piuttosto lentamente. In questo, niente era cambiato dai tempi dell'antica Grecia. Questo spiega la presenza di formazioni compatte, su più file, e il loro movimento lento e regolare.
La formazione compatta permetteva poi di ovviare a un grosso problema del moschetto, cioè la sua imprecisione, dovuta al fatto che si trattava di un'arma ad anima liscia e che la pallottola, oltre a essere sferica e quindi soggetta all'azione dell'aria, aveva molto gioco con la canna (altrimenti non si riusciva a caricare l'arma) e quindi la sua traiettoria era casuale già dentro la canna. Pertanto si sparava una scarica tutti insieme, e qualcosa sperabilmente si sarebbe colpito.
Quindi i soldati di una fila sparavano tutti insieme. E per evitare di sparare tutti in una volta e poi rimanere tutti inattivi a caricare, si faceva così: la terza fila spara stando in piedi, mentre le altre in ginocchio ricaricano. Poi la terza si inginocchia, la seconda fila si alza e spara, e così via. La vita del soldato non è mai stata comoda, ma stare in ginocchio mentre una fila di moschetti ti sparava all'altezza della testa doveva essere davvero spiacevole. E infatti succedeva che qualche braccio o qualche testa nelle prime file volasse via.
Quindi, non si era troppo esposti al fuoco nemico? Sì che si era esposti, ma non c'era un modo migliore. Era necessario indebolire la linea nemica prima di pensare di attaccarla all'arma bianca, altrimenti le perdite sarebbero state eccessive. Ed era anche necessario raggruppare il fuoco dei moschetti.
È vero che i moschetti erano imprecisi e che la maggior parte delle palle non colpiva niente, e che il fumo della polvere da sparo nascondeva le linee nemiche dopo un paio di salve, ma qualcuno veniva sempre colpito (altrimenti, che ci stavano a fare i moschetti sul campo di battaglia?). In effetti, il 75% dei feriti, stando ai resoconti dell'epoca, era attribuibile al fuoco dei moschetti.
Restare in formazione, caricare e sparare, mentre soldati tutto attorno cadono feriti o uccisi, doveva essere una esperienza estremamente stressante, forse più che al giorno d'oggi, e forse il momento di caricare alla baionetta veniva vissuto come una liberazione. Se una linea nemica veniva sufficientemente indebolita dal tiro, una decisa carica alla baionetta poteva metterla in rotta, e infatti i feriti di baionetta non erano più del 10% del totale. Non che fosse una grande consolazione per loro. Questo spiega perchè le cariche di truppe d'elite come i granatieri avessero così tanto successo: i nemici si rendevano conto immediatamente che l'attacco sarebbe stato portato a fondo con decisione, e non riuscivano a mantenere la loro posizione. Comunque fosse, durava poco, perché la frequenza di tiro era circa 3–4 colpi al minuto e quindi l'azione di fuoco durava 10–20 minuti al massimo. Però (raramente) poteva anche succedere che continuasse per ore, arrivando al 30 o anche al 50% di perdite.
giovedì 14 aprile 2022
Fu Napoleone a dichiarare guerra o furono i suoi nemici ad attaccare la Francia per primi?
La maggior parte delle guerre è iniziata con gli alleati che hanno dichiarato guerra alla Francia, sebbene generalmente lo giustificassero come una risposta alla precedente aggressione francese. Tuttavia, le due guerre più disastrose di Napoleone - la guerra peninsulare e l'invasione della Russia - furono entrambe iniziate da lui.
Il colpo di stato di Napoleone del 18 Brumaio, 1799
Napoleone prese il potere in Francia il 9 novembre 1799 (18 Brumaio, anno VIII). In quella data, la Francia era già in guerra con la Gran Bretagna, l'Austria, l'Impero Ottomano ei loro piccoli alleati nella Guerra della Seconda Coalizione. (Anche la Russia aveva partecipato a questa guerra, ma si ritirò in ottobre, il mese prima che Napoleone prendesse il potere.) Questa guerra terminò nel 1801 con una serie di trattati di pace. (Tecnicamente la Gran Bretagna e la Francia rimasero in guerra fino alla pace di Amiens nel marzo 1802, ma nell'ottobre 1801 era in vigore un cessate il fuoco).
Nel febbraio 1801 Francia e Spagna dichiararono guerra al Portogallo. Il conflitto, chiamato "Guerra delle arance", è durato solo fino a giugno. Il Portogallo fu costretto a cedere la città di Olivença alla Spagna, pagare un'indennità alla Francia e chiudere i suoi porti alle navi britanniche.
Haiti (Saint-Domingue) era una colonia francese in cui gli schiavi si erano ribellati nel 1791, creando uno stato autonomo, sebbene la Francia rivendicasse ancora la sovranità. Nel dicembre 1801 Napoleone decise di riconquistare l'isola e riportarla al controllo francese, inviando una flotta e un esercito di 30.000 soldati. È discutibile se si trattasse di una guerra "iniziata" da Napoleone o di una nuova fase della guerra esistente iniziata nel 1791. La campagna iniziale fu una vittoria francese, ma il loro esercito perse due terzi della sua forza a causa della malattia nel corso della successiva pochi anni e una seconda rivolta nel 1804 li sconfisse e ottenne l'indipendenza per Haiti.

Battaglia di Austerlitz 1805: Guerra della Terza Coalizione
La Guerra della Terza Coalizione fu iniziata dai nemici di Napoleone, sebbene giustificassero le loro azioni indicando l'effettiva annessione dell'Italia da parte di Napoleone nel gennaio 1802 e il suo intervento militare in Svizzera nell'ottobre 1802 come atti di aggressione francese. La Gran Bretagna dichiarò guerra alla Francia il 18 maggio 1803. Svezia, Austria e Russia si unirono alla guerra nei due anni successivi, ma l'Austria fu costretta ad arrendersi nel dicembre 1805 dopo la battaglia di Austerlitz. La Gran Bretagna, la Svezia e la Russia rimasero tecnicamente in guerra con la Francia, ma i combattimenti sulla terraferma terminarono.

Battaglia di Jena 1806: Guerra della Quarta Coalizione
La Guerra della Quarta Coalizione fu iniziata dalla Prussia il 9 ottobre 1806 quando, sostenuti dalla Sassonia, dichiararono guerra alla Francia. La loro giustificazione era il crescente controllo della Francia sugli stati tedeschi minori dalla sconfitta dell'Austria l'anno precedente. La Prussia subì un'umiliante sconfitta quando le truppe francesi marciarono verso Berlino dopo soli 19 giorni di combattimenti. I resti dell'esercito prussiano distrutto si diressero verso est per unirsi ai russi, che non avevano avuto il tempo di intervenire nella guerra in precedenza, e continuarono la lotta per un altro anno. Il Trattato di Tilsit nel luglio 1807 pose fine a questo conflitto, lasciando la Gran Bretagna come l'unica grande potenza ancora in guerra con la Francia.

Ribellione "Dos de Mayo", Madrid, 1808: guerra peninsulare
Napoleone iniziò una nuova guerra il 19 novembre 1807 quando le truppe francesi, alleate con la Spagna, invasero il Portogallo con l'obiettivo di annettere e dividere quel paese. L'invasione iniziale ebbe successo e la famiglia reale portoghese fuggì in Brasile.
Il re di Spagna, Carlos IV, era considerato debole e impopolare. Napoleone ne approfittò nel febbraio 1808 ordinando alle truppe francesi in Spagna - nominalmente presenti come alleati per aiutare nella guerra in Portogallo - di prendere il controllo del paese. All'inizio c'era poca resistenza organizzata; alcune rivolte furono represse dalle truppe francesi, ma l'esercito spagnolo, debole e demoralizzato, non combatté il colpo di stato. Napoleone nominò suo fratello Giuseppe Bonaparte nuovo re di Spagna. Tuttavia, nel maggio 1808 scoppiò una ribellione popolare contro il dominio francese in molte regioni della Spagna.
Anche se all'inizio sembrava che i francesi avrebbero schiacciato facilmente i ribelli spagnoli, la battaglia di Bailén in Andalusia nel luglio 1808 fu per loro un disastro: la prima grande sconfitta militare per la Francia napoleonica. Il mese successivo un forte esercito britannico di 30.000 sbarcò in Portogallo per assistere la ribellione, iniziando una campagna di sei anni che si sarebbe conclusa con la Francia cacciata completamente dalla penisola iberica.

Battaglia di Wagram 1809: Guerra della Quinta Coalizione
La Guerra della Quinta Coalizione iniziò nell'aprile 1809. L'Austria aveva riformato il suo esercito dopo Austerlitz e vedeva i problemi francesi in Spagna come un'opportunità di vendetta. Dichiararono guerra e nella battaglia di Aspern-Essling il 21 maggio Napoleone perse una grande battaglia per la prima volta nella sua vita (il suo esercito fu colto di sorpresa mentre attraversava un fiume con le forze divise). Tuttavia, si riprese e vinse la guerra. Un trattato di pace molto duro è stato imposto all'Austria a Schönbrunn in ottobre

Ritirata da Mosca 1812: Campagna di Russia
Nel giugno 1812 Napoleone dichiarò guerra alla Russia. I suoi obiettivi erano di costringere la Russia a cessare i commerci con la Gran Bretagna come parte del suo "sistema continentale" di blocco, e anche di catturare i territori ex polacco-lituani da dare al suo stato vassallo, il Granducato di Varsavia. Notoriamente, la Grande Armée francese fu distrutta durante la ritirata invernale da Mosca, perdendo quasi mezzo milione di uomini uccisi o morti di freddo, malattie e fame.

Battaglia di Lipsia 1813: Guerra della Sesta Coalizione
All'inizio del 1813, la Francia era in guerra con Gran Bretagna, Spagna e Russia (e i loro alleati). Vedendo la sconfitta di Napoleone in Russia, molti altri paesi si unirono dichiarando guerra anche alla Francia. Questa è solitamente considerata una nuova guerra, quella della Sesta Coalizione. La Prussia dichiarò guerra alla Francia il 28 febbraio 1813, alla Svezia il 3 marzo e all'Austria il 12 agosto. Anche se Napoleone combatteva abilmente, ora era osteggiato da tutte le grandi potenze d'Europa contemporaneamente e non era in grado di sconfiggerle. Il 30 marzo 1814 gli eserciti alleati marciarono su Parigi e Napoleone fu costretto ad arrendersi. Abdica l'11 aprile e viene mandato in esilio all'isola d'Elba. La monarchia francese sotto il re Luigi XVIII fu restaurata.

Fuga di Napoleone dall'Elba 1815: i cento giorni
Napoleone fuggì dall'Elba il 26 febbraio 1815 e sbarcò in Francia con appena mille uomini. Due reggimenti di truppe francesi, ordinati per arrestarlo, andarono invece al suo fianco. (Notoriamente, Napoleone si avvicinò alle truppe ostili, si sbottonò il cappotto per scoprire il petto e gridò "Se qualcuno di voi desidera sparare al suo imperatore, eccomi qui!" Invece di sparare, iniziarono a tifare per lui.) Re Louis inviò il maresciallo Ney con 6.000 uomini per fermare l'ex imperatore; invece Ney si unì a Napoleon. Il 20 maggio Napoleone entra trionfante a Parigi.
Le potenze alleate, Gran Bretagna, Austria, Russia e Prussia, consideravano il ritorno di Napoleone dall'esilio un atto criminale e lo bollarono come fuorilegge. Decisero di inviare 150.000 truppe ciascuno per sconfiggere Napoleone. (Alla Gran Bretagna fu permesso di contribuire con denaro al posto delle truppe, poiché il loro esercito non era così grande.) Napoleone, come la maggior parte delle persone sa, fu finalmente sconfitto a Waterloo il 18 giugno 1815. Si arrese agli inglesi un mese dopo, ponendo fine al Guerre napoleoniche.
