La manovra descritta nella domanda è rimasta nella pratica delle armi per circa 350 anni, quindi per comodità mi riferirò al tardo '700 - guerre napoleoniche.
All'epoca l'arma da fuoco della fanteria era il moschetto a pietra focaia dotato di baionetta.
Prima di tutto, per la fanteria era essenziale mantenere la formazione in presenza di cavalleria nemica. Muoversi in ordine troppo sparso sarebbe stato un invito alla carica; a sua volta, una carica di cavalleria era impossibile da fermare in ordine sparso, perchè frequenza e precisione del tiro erano entrambe molto limitate. Per mantenere la formazione durante i movimenti in terreno accidentato, era necessario marciare in cadenza e piuttosto lentamente. In questo, niente era cambiato dai tempi dell'antica Grecia. Questo spiega la presenza di formazioni compatte, su più file, e il loro movimento lento e regolare.
La formazione compatta permetteva poi di ovviare a un grosso problema del moschetto, cioè la sua imprecisione, dovuta al fatto che si trattava di un'arma ad anima liscia e che la pallottola, oltre a essere sferica e quindi soggetta all'azione dell'aria, aveva molto gioco con la canna (altrimenti non si riusciva a caricare l'arma) e quindi la sua traiettoria era casuale già dentro la canna. Pertanto si sparava una scarica tutti insieme, e qualcosa sperabilmente si sarebbe colpito.
Quindi i soldati di una fila sparavano tutti insieme. E per evitare di sparare tutti in una volta e poi rimanere tutti inattivi a caricare, si faceva così: la terza fila spara stando in piedi, mentre le altre in ginocchio ricaricano. Poi la terza si inginocchia, la seconda fila si alza e spara, e così via. La vita del soldato non è mai stata comoda, ma stare in ginocchio mentre una fila di moschetti ti sparava all'altezza della testa doveva essere davvero spiacevole. E infatti succedeva che qualche braccio o qualche testa nelle prime file volasse via.
Quindi, non si era troppo esposti al fuoco nemico? Sì che si era esposti, ma non c'era un modo migliore. Era necessario indebolire la linea nemica prima di pensare di attaccarla all'arma bianca, altrimenti le perdite sarebbero state eccessive. Ed era anche necessario raggruppare il fuoco dei moschetti.
È vero che i moschetti erano imprecisi e che la maggior parte delle palle non colpiva niente, e che il fumo della polvere da sparo nascondeva le linee nemiche dopo un paio di salve, ma qualcuno veniva sempre colpito (altrimenti, che ci stavano a fare i moschetti sul campo di battaglia?). In effetti, il 75% dei feriti, stando ai resoconti dell'epoca, era attribuibile al fuoco dei moschetti.
Restare in formazione, caricare e sparare, mentre soldati tutto attorno cadono feriti o uccisi, doveva essere una esperienza estremamente stressante, forse più che al giorno d'oggi, e forse il momento di caricare alla baionetta veniva vissuto come una liberazione. Se una linea nemica veniva sufficientemente indebolita dal tiro, una decisa carica alla baionetta poteva metterla in rotta, e infatti i feriti di baionetta non erano più del 10% del totale. Non che fosse una grande consolazione per loro. Questo spiega perchè le cariche di truppe d'elite come i granatieri avessero così tanto successo: i nemici si rendevano conto immediatamente che l'attacco sarebbe stato portato a fondo con decisione, e non riuscivano a mantenere la loro posizione. Comunque fosse, durava poco, perché la frequenza di tiro era circa 3–4 colpi al minuto e quindi l'azione di fuoco durava 10–20 minuti al massimo. Però (raramente) poteva anche succedere che continuasse per ore, arrivando al 30 o anche al 50% di perdite.
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