Il
club
dei Giacobini
(club
des Jacobins) fu un'associazione politica fondata a Parigi nel
novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo
(Saint-Jacobus) in rue Saint-Honoré.
Inizialmente aveva assunto il nome di
Società della Rivoluzione
(Société de la Révolution),
mutato l'8 febbraio 1790 in
Società degli Amici della
Costituzione
(Société des Amis de la
Constitution), ma fu ben presto conosciuto popolarmente come club dei
Giacobini. Con la caduta della monarchia e l'instaurazione della
Repubblica, il 21 settembre 1792 il club prese il nome di
Società dei Giacobini, amici
della libertà e dell'eguaglianza
(Société des Jacobins, amis de
la liberté et de l'égalité). Sopravvissuto a stento alla
caduta di Robespierre, il 12
novembre 1794 il club fu soppresso dalle autorità.
Il 6 ottobre 1789 l'Assemblea Nazionale
si trasferì da Versailles a Parigi. Il club bretone, la società di
deputati della Bretagna fondata in maggio a Versailles ma frequentata
anche da deputati eletti nelle diverse province, si sciolse. Tuttavia
la positiva esperienza di quel club non doveva rimanere lettera morta
e si pensò di ripeterla su nuove basi.
Le fonti dell'epoca sono tuttavia
contraddittorie. Jacques Antoine Dulaure afferma che nel mese di
novembre era stato costituito a Londra il Club de la Révolution de
France, che aveva inviato all'Assemblea Nazionale una lettera di
felicitazioni per il lavoro svolto. Di conseguenza «i membri del
comitato bretone concepirono il progetto di formare a Parigi una
società sull'esempio londinese, dandogli basi più solide e più
estese di quel comitato».
Anche nei suoi Esquisses
historiques Dulaure conferma la nascita del club giacobino su
iniziativa dei deputati bretoni.
Edmond Dubois-Crancé, già membro
attivo del club bretone, afferma invece che «i vantaggi tratti dalla
corte dallo scioglimento del club bretone convinse i suoi membri a
ricostituirlo». La tesi che la ricostituzione del club si fosse resa
necessaria per opporsi ai maneggi della corte e dell'aristocrazia è
confermata dal deputato dell'Anjou La Révellière-Lépeaux. Egli
però nega che la nuova società abbia avuto origine dal club bretone
o da una sua parte, «come comunemente si crede». Furono «i
deputati della Franca Contea, alcuni deputati dell'Anjou, come
Leclerc, Pilastre ed io, e qualche altro costituente», a
organizzarsi «per assicurare il comitato di presidenza
dell'Assemblea ai patrioti».
Anche
Alexandre de Lameth non giudica il club dei Giacobini una derivazione
del club bretone: «i deputati delle province lontane dalla
capitale», che non erano mai stati a Parigi, «provavano una specie
di terrore all'idea di essere isolati e per così dire perduti in
mezzo a quell'immensa città. Quasi tutti cercarono allora di
alloggiare il più vicino possibile all'Assemblea» e di stabilire
«un luogo di riunione per concertare la direzione degli affari
pubblici».[5] Diversamente sostengono il deputato Jean-Pierre Boullé
che l'8 dicembre 1789 riferisce di un club bretone «rinnovato e
perfezionato» funzionante a Parigi, e il Bulletin de la
Correspondance de Brest del 9 gennaio 1790, secondo il quale
l'associazione parigina «che si occupa senza posa della felicità
del popolo» è «formata dai deputati della Bretagna».
Beaulieu fa un racconto circostanziato
su quella che, secondo lui, sarebbe stata l'origine del club. Il
deputato della Franca Contea Charles Claude Gourdan avrebbe chiesto a
Sieyès se non fosse il caso di ricostituire a Parigi il club
bretone. Questi avrebbe acconsentito, a condizione che non vi fossero
ammesse le «cattive teste» che ne avevano fatto parte a Versailles.
Riferito il colloquio ai suoi colleghi, fu convenuto che «lui,
Gourdan, avrebbe cercato un locale abbastanza vasto per accogliervi i
soci e lo avrebbe affittato senza indugio».
Théodore de Lameth sostiene invece che
questo incarico fu affidato al deputato di Gray Muguet de Nanthou,
ma è smentito dal fratello
Alexandre, secondo il quale furono deputati domiciliati a Parigi a
occuparsi della bisogna. In ogni caso, fu raggiunto un accordo con il
priore dei Giacobini di rue Saint-Honoré, che affittò loro per
duecento franchi l'anno la biblioteca o il refettorio, o piuttosto
entrambi i locali.
La prima riunione del club si tenne
«una domenica mattina» del novembre 1789, presenti «quindici o
venti deputati», secondo La Révellière-Lépeaux, ma per Lameth ve
n'erano «circa cento, e il giorno dopo un numero doppio».
Si procedette all'elezione del
presidente e anche sul suo nome le fonti sono discordanti. Secondo
Dubois-Crancé «Le Chapelier fu il primo presidente ed io il
segretario» mentre per Lameth presidente fu il barone de Menou e
segretari lui stesso, Barnave, Duport, Le Chapelier, Target e altri
tre deputati. È Boullé, nella sua lettera dell'8 dicembre, a darci
il primo nome del club: Société de la Révolution, «che sta
prendendo una forma regolare dagli statuti che le si stanno dando».
La società si propose inizialmente di
preparare ogni misura per assumere l'egemonia politica nell'Assemblea
Nazionale e per dirigere l'opinione pubblica nel senso della
Rivoluzione. A questo scopo si ritenne opportuno ammettere nel club
anche personalità non elette all'Assemblea, anche straniere, in
particolare «scrittori che avessero pubblicato qualche utile opera».
Furono così ammessi Condorcet, l'economista Cazeau, il matematico Le
Camus, «e un piccolo numero di altri scienziati e pubblicisti». Uno
di essi, l'inglese Arthur Young, ricorda di essere stato ammesso al
club il 18 gennaio 1790. Presentato come autore dell'Aritmetica
politica, fu ammesso senza obiezioni e «mi fu detto ch'ero libero
d'assistere alle sedute quando volessi, benché straniero».
Il numero degli aderenti aumentò
rapidamente. In provincia si costituirono club ispirati alla società
parigina e il refettorio del convento giacobino di Parigi si dimostrò
presto incapace di contenere tutti i soci: «ai padri Giacobini che
erano ammessi alle sedute della Società e che vi avevano attinto i
veri princìpi della filosofia e del patriottismo, sarebbe
dispiaciuto vederla traslocare. Proposero la biblioteca e questo
spostamento fu accettato».
La biblioteca era un'ampia galleria.
Alle pareti erano posti scaffali di libri e ritratti di membri
dell'ordine domenicano, in fondo un altare. Sopra l'ingresso era
dipinto un affresco rappresentante Tommaso d'Aquino. I banchi erano
posti ad anfiteatro e al centro si trovava il seggio elevato del
presidente, sotto il quale stavano i segretari. Davanti a loro
sorgeva la tribuna riservata agli oratori. L'illuminazione era
insufficiente: «La debole luce di questa sala a volta, dove si
arriva da un chiostro oscuro, dà all'insieme un aspetto cupo».
Nella seduta dell'8 febbraio 1790 il
regolamento di quella che ora si chiamava Société des Amis de la
Constitution fu letto da Antoine Barnave, che ne era stato l'unico o
il principale estensore. Occorreva portare nell'Assemblea Nazionale
«spiriti preparati dalla discussione e premuniti contro ogni
sorpresa» unendo tutti gli amici della Costituzione che stava per
essere ultimata e applicata. Occorreva diffonderne i princìpi contro
i pregiudizi, gli interessi di parte e le «grida sediziose».
A questo scopo la società intendeva
essere un centro di riferimento delle altre società della provincia
e aprirsi al contributo di tutti i Francesi. Le qualità richieste ai
soci dovranno essere «la fedeltà alla Costituzione, la devozione
nel difenderla, il rispetto e la sottomissione ai poteri stabiliti»,
l'amore per l'eguaglianza, il sentimento profondo dei diritti
dell'uomo, la difesa dei deboli e degli oppressi.
Il nuovo candidato al club doveva
essere presentato da tre membri, se deputato, altrimenti da cinque.
L'ammissione sarebbe stata deliberata dalla maggioranza dei soci.
Erano ammesse candidature collettive di associazioni purché lo
spirito delle loro istituzioni fosse essenzialmente lo stesso. La
quota sociale era di trentasei lire. Il presidente del club era
eletto ogni mese e le sedute erano previste in ogni giorno feriale,
alle sei del pomeriggio.
Ben presto i membri della Société
furono chiamati dai loro avversari Jacobins, o anche Jacobites,
Jacots e Jacoquins. L'intento era derisorio e dapprima suscitò le
proteste dei soci che poi finirono per accettare e portare quel nome
con orgoglio.
Tra i primi interventi al club che ci
sono pervenuti, vi è quello del commerciante di Nantes Jean-Baptiste
Mosneron de Launay. Nel suo discorso del 26 febbraio 1790, dopo un
elogio del commercio, difese la tratta degli schiavi contro le
proteste degli Amis des Noirs: «Nessuna tratta è fatta con più
riguardo di quella francese» - esclamò - e propose poi l'invio di
una squadra navale alle Antille, minacciate dagli Inglesi. Non si
conosce la reazione del club giacobino, ma l'Assemblea Costituente,
il 10 marzo seguente, approvò il mantenimento della tratta degli
schiavi.
Charles de Peyssonnel, fresco autore
della Situation politique de la France, affrontò il 10 marzo il
problema dell'alleanza politica tra Francia e Austria. La recente
morte dell'imperatore Giuseppe II e l'attuale riarmo della Prussia,
dei Paesi Bassi, della Savoia e dell'Inghilterra ponevano la
necessità di ridiscutere la tradizionale strategia della Francia,
rinnovando anche il corpo diplomatico, «infettato dal veleno
dell'ancien régime».
Il 18 marzo, dalla tribuna del club il
barone prussiano Jean-Baptiste de Cloots denunciò, in un drammatico
discorso, le mire del re e dell'aristocrazia che, a suo avviso, erano
già in intesa con le potenze straniere reazionarie per restaurare il
dispotismo. Occorreva modificare la Costituzione, togliendo al re il
comando supremo delle forze armate, e impedirgli di assentarsi da
Parigi: «se i Francesi non tratterranno il re sotto la custodia
d'una immensa capitale, in mezzo a un esercito di cittadini, di una
numerosa guardia nazionale, io non do più di trent'anni di durata
all'edificio che voi state costruendo con tanta pena e tanta gloria».
Il 31 marzo Robespierre fu eletto
presidente. Non appena fu noto il risultato dell'elezione, Lafayette
abbandonò il club per fondare un'altra associazione, la Société de
1789, inaugurata al Palais-Royal il 12 aprile. Probabilmente,
Lafayette se ne andò avendo compreso di non poter influenzare a
sufficienza l'attività del club, che ora appariva dominato dalle
personalità di Barnave, Duport, Lameth, Mirabeau e Robespierre, i
cinque membri del primo comitato del club, che «da soli dirigevano
tutto, formavano i piani e i progetti, e quello che era giudicato
degno di esecuzione era affidato per l'esecuzione a un altro
comitato, composto da quindici persone. Rivestito della sua sanzione,
il progetto passava al terzo comitato, che finalmente s'incaricava di
farlo adottare dalla massa e trasmetterlo ai club affiliati delle
province».
I rappresentanti dei reggimenti di
Chartres e Dauphin avevano denunciato i tentativi degli ufficiali di
alimentare lo spirito di rivolta contro il nuovo regime diminuendo le
razioni in qualità e quantità e, insieme, distribuendo punizioni e
congedi ai soldati patrioti. Su questo problema Danton, il presidente
del club dei Cordiglieri, intervenne il 30 maggio tra gli opposti
clamori di sostenitori e avversari, affermando che il governo era
pienamente immischiato in quelle iniziative controrivoluzionarie e
che, da parte sua, era pronto a lavare lo scandalo con il sangue dei
ministri.
Nella seduta del 4 giugno 1790 alcuni
membri del club proposero di appoggiare la candidatura di Sieyès a
presidente dell'Assemblea Nazionale nella prossima seconda metà di
giugno, quando fosse caduto l'anniversario della costituzione degli
Stati generali in Assemblea Nazionale, della quale egli era stato
animatore. La proposta fu respinta a maggioranza, perché erano in
molti a diffidare di quell'uomo, maestro d'intrighi, molto vicino a
Lafayette e già tra i fondatori, nello scorso aprile, della rivale
Société de 1789. Offeso, l'abate Sieyès lasciò il club e con lui
il duca di La Rochefaucauld, Talleyrand, Mirabeau e La Chapelier, che
confluirono nell'associazione di Lafayette.
Mirabeau tornò però in ottobre a
frequentare il club dei Giacobini. Consapevole dell'autorevolezza di
questi come della debolezza politica della Société de 1789,
assoldato dalla corte in maggio, Mirabeau sperò di poter manovrare
all'interno del club, dove già agivano agenti della monarchia come
Bonnecarrère, Desfieux e altri, allo scopo di provocare e sfruttare
le divisioni dei rivoluzionari.
L'ambizione di poter succedere a Luigi
XVI spinse invece il duca d'Orléans a iscrivere al club il duca di
Chartres, suo figlio diciassettenne, provocando la preoccupate
lamentele della moglie.
Nel maggio 1791 nell'Assemblea
costituente si scatena un'offensiva della destra contro le società
popolari che investirà anche quella dei giacobini dando l'avvio di
una rottura interna dei rapporti fra i democratici e i moderati, la
successiva tentata fuga in giugno del re a Varennes farà precipitare
gli eventi. Barnave porta i suoi amici a una scissione, dando vita a
una Nuova società degli amici della costituzione, era il Club dei
Foglianti.
La petizione per la decadenza del re,
avanzata dal Club dei Cordiglieri ed appoggiata dai giacobini,
depositata al Campo di Marte, fu al principio di una sparatoria che
lasciò sul terreno più di cento morti, sfruttata poi dai moderati,
causò una spaccatura fra una parte della borghesia rivoluzionaria e
il movimento popolare. I giacobini escono dalla scissione indeboliti,
ma per i foglianti questa è stata un insuccesso politico a causa
dello scarso seguito che si erano riusciti a creare.
Dal 22 settembre 1792 la società fiera
del suo soprannome decide di assumere il nome di Società dei
giacobini amici della libertà e dell'uguaglianza (Société des
Jacobins amis de la liberté et de l'égalité). Si viene a creare
una "terza legione" giacobina, più giovane, composta da
uomini poco colti, ma profondamente fanatici per la salvezza della
patria che si affidavano completamente a Robespierre.
L'insurrezione della Vandea, cattolica
e realista dopo essere stata ripresa in mano dai nobili, si estese
nell'ovest. Le frontiere furono invase dagli spagnoli a sud-ovest,
dai piemontesi a sud-est, dai prussiani, dagli austriaci e dagli
inglesi a nord e all'est. Per scongiurare questi pericoli e sotto la
pressione dei sanculotti, i montagnardi presero delle misure
radicali.
Nell'anno II del calendario
rivoluzionario francese, viene creato il Comitato di salute pubblica,
presieduto da Danton fino alla morte, poi da Robespierre. Durante
tale periodo si può considerare compiuta l'epurazione delle
componenti degli "arrabbiati", guidati dall'anziano
sacerdote Jacques Roux, degli "indulgenti", guidati da
Danton, e degli hébertisti, ottenendo il monopolio dei comitati di
governo e prende il via la dittatura del Terrore di Robespierre, che
permise di reprimere duramente la rivolta vandeana e gli eserciti
stranieri furono ricacciati fuori dai confini nazionali, salvando
così la Repubblica. L'anno II è l'anno dell'apogeo delle società
popolari che arriveranno a essere presenti in almeno 5.500
municipalità.
Quando il Terrore ebbe termine nella
provincia, si accentuò a Parigi, dopo il voto delle leggi di Pratile
che davano il via al grande Terrore, in cui si veniva perseguitati
per crimini politici.
Il Terrore poteva reggersi solo sulla
necessità di difendere una Repubblica in crisi: venuta meno
l'emergenza grazie alle vittorie interne ed esterne, essa cominciava
a perdere il sostegno popolare e la sua ragion d'essere. Robespierre
si era fatto molti nemici e iniziò a trascurare la guida del club
fino al suo arresto, i giacobini parigini furono accusati di essere
ormai nient'altro che burocrati, lontani dal movimento popolare.
Nell'anno III i giacobini furono
attaccati sia dalla destra che dalla sinistra, il 12 novembre 1794 il
club dei Giacobini fu chiuso definitivamente.
I giacobini cercano di riconquistare il
direttorio con il club del Panthéon nel 1795 e con il club del
Maneggio nel 1799.