sabato 29 gennaio 2022

La sorella di quale generale “faceva l’amore con tutti, qualche volta anche con il marito”?

Parole di Indro Montanelli, che sintetizzano magistralmente l’essenza di questa donna, l’unica Bonaparte che preferiva l’amore al potere: Maria Paola.



Nacque nel 1780 ad Ajaccio, sesta di otto figli. Le peregrinazioni familiari la portarono a Marsiglia, dove si fece conoscere con il nome di Pauline. Sedicenne, intraprese una relazione sentimentale con il docente Fréron, ma il fratello Napoleone pose fine alla relazione.

Quest’ultimo le fece conoscere un suo amico, il generale Charles Victor Leclerc, con cui si sposò. Ma a causa delle continue assenze del marito, impegnato a scrivere la Storia d’Europa, rimediava alla solitudine frequentando diversi uomini, attratti dalla sua seducente bellezza non meno che dal suo nome, che ogni impresa di Napoleone rendeva più scintillante.

Nel 1801 Leclerc, per sedare una rivolta, partì con tutta la sua famiglia alla volta di Santo Domingo. Sull’isola il cibo per gli appetiti sessuali della donna non mancavano e così continuò a mietere “vittime” anche tra la popolazione locale.

Leclerc morì l’anno dopo a causa della febbre gialla, e Paolina si reimbarcò per la Francia. Non passò troppo tempo prima che la donna si mostrasse sensibile alle attenzioni di un nuovo corteggiatore, il principe Camillo Borghese.

La sposò nel 1803 e si trasferirono a Roma; le scappatelle extraconiugali proseguirono imperterrite.

Dopo Waterloo fece ritorno a Roma mettendosi sotto la protezione di papa Pio VII e morì il 1825 a Firenze.

Si concluse così la storia di una delle più belle e chiacchierare donne del suo tempo; il suo atteggiamento ribelle e provocatorio sconvolse i salotti di mezza Europa in cui tutti erano basiti dall’incedere militare del fratello mentre lei si accontentava soltanto di scandalizzarli.


venerdì 28 gennaio 2022

Quali erano le peggiori abitudini del Rinascimento?

 


Quando si visita la Reggia di Versailles a Parigi, si nota che il sontuoso palazzo non ha bagni. Nel medioevo non c'erano spazzolini da denti, profumi, deodoranti, per non parlare della carta igienica.

Escrementi umani furono lanciati dalle finestre del palazzo. In una vacanza, la cucina del palazzo poteva preparare un banchetto per 1.500 persone, senza la minima igiene.


Nei film di oggi vediamo persone di allora che si agitano o si sventolano. La spiegazione non è nel caldo, ma nel cattivo odore che emettevano sotto le gonne (che erano state fatte apposta per contenere l'odore delle parti intime, poiché non c'era igiene). Inoltre non era consuetudine fare la doccia a causa del freddo e della quasi inesistenza dell'acqua corrente. Solo i nobili avevano lacchè che li sventolassero, per dissipare il cattivo odore esalato dal corpo e dalla bocca, oltre che per scacciare gli insetti.


Chi è stato a Versailles ha ammirato gli immensi e bellissimi giardini che, all'epoca, non solo si vedevano, ma usavano come gabinetto nelle famose ballate promosse dalla monarchia, perché mancavano i servizi igienici.



Nel Medioevo, la maggior parte dei matrimoni si svolgeva a giugno (per loro, l'inizio dell'estate). Il motivo è semplice: il primo bagno dell'anno si faceva a maggio; quindi a giugno l'odore di gente era ancora tollerabile. Tuttavia, poiché alcuni odori cominciavano già a infastidire, le spose portavano mazzi di fiori vicino al corpo per coprire il fetore. Da qui la spiegazione dell'origine del bouquet da sposa.


I bagni venivano fatti in un'unica enorme vasca piena di acqua calda. Il capofamiglia ebbe il privilegio del primo bagno in acqua pulita.

Poi, senza cambiare l'acqua, arrivarono alla casa gli altri, in ordine di età, le donne, anche per età e, infine, i bambini. I bambini furono gli ultimi a fare il bagno. Quando fu il suo turno, l'acqua nella vasca era così sporca che era possibile uccidere un bambino all'interno.


I tetti delle case non avevano soffitto e le travi di legno che li sostenevano erano il posto migliore per gli animali: cani, gatti, topi e scarafaggi per tenersi al caldo.

Quando ha piovuto, le perdite hanno costretto gli animali a saltare a terra. Quelli con i soldi avevano piatti di latta. Alcuni tipi di cibo hanno ossidato il materiale, causando la morte di molte persone per avvelenamento.


Ricordiamoci che le abitudini igieniche dell'epoca erano terribili. I pomodori, essendo acidi, sono stati a lungo considerati velenosi, i boccali di latta venivano usati per bere birra o whisky; questa combinazione lasciava talvolta l'individuo "per terra" (in una sorta di narcolessia indotta dalla miscela di bevande alcoliche con ossido di stagno).

Qualcuno di passaggio per strada avrebbe pensato che fosse morto, così hanno raccolto il corpo e si sono preparati per il funerale. Il corpo sarebbe stato poi deposto sul tavolo della cucina per alcuni giorni e la famiglia avrebbe guardato, mangiato, bevuto e aspettato per vedere se il morto si sarebbe svegliato o meno. Da qui quello su cui i morti sono vegliati (veglia o veglia), che è la veglia accanto alla bara.


L'Inghilterra è un piccolo paese, dove non c'era sempre un posto dove seppellire tutti i morti. Le bare furono quindi aperte, le ossa rimosse, poste negli ossari e la tomba utilizzata per un altro cadavere. A volte, aprendo le bare, si notava che c'erano dei graffi sui coperchi all'interno, indicando che il morto era stato, infatti, sepolto vivo.

Così, quando si chiudeva la bara, è nata l'idea di legare una striscia dal polso del defunto, farla passare attraverso un foro praticato nella bara e legarla a una campana. Dopo la sepoltura, qualcuno è stato lasciato in servizio presso la tomba per alcuni giorni. Se l'individuo si svegliava, il movimento del suo braccio suonava il campanello. E sarebbe stato "salvato dalla campagna", espressione da noi usata ancora oggi.


giovedì 27 gennaio 2022

Thomas Fuller la calcolatrice umana del 1724



Thomas Fuller, un africano venduto come schiavo nel 1724 all'età di 14 anni, era talvolta conosciuto come il "Calcolatore della Virginia" per la sua straordinaria capacità di risolvere complessi problemi matematici nella sua testa. Gli è stato chiesto quanti secondi ci fossero in un anno e ha risposto brevemente 31.536.000 secondi

Gli è stato chiesto ancora quanti secondi ha vissuto un uomo che ha 70 anni, 17 giorni e 12 ore, ha risposto in un minuto e mezzo 2.210.500.800. Uno degli uomini stava risolvendo i problemi con la carta e ha informato Fuller che si sbagliava perché la risposta era molto più piccola. Fuller ha risposto frettolosamente: "Ma no, hai dimenticato gli anni bisestili, quando gli anni bisestili sono stati aggiunti al conto, le somme coincidono".

Fuller fu uno dei primi casi registrati nella letteratura della sindrome del saggio, quando nel 1789 Benjamin Rush, il padre della psichiatria americana, descrisse la sua incredibile capacità di calcolare, senza avere un'istruzione e una formazione in matematica, la sua abilità fu usata come la prova che gli afroamericani ridotti in schiavitù erano uguali ai bianchi nell'intelligenza il che ha alimentato alcune discussioni pro-abolizioniste.

mercoledì 26 gennaio 2022

Perché ad alcun lettere di Maria Antonietta vennero cancellate delle parole?

Per nascondere un amante.



Sulla presunta e molto chiacchierata relazione trala moglie di Luigi XVI e il nobile svedese conte Axel von Fersen gli storici non hanno mai trovato prove, ma ora la ricerca dell’Università della Sorbona sembra confermare i sospetti.

I ricercatori francesi hanno analizzato con il metodo della spettrofotometria a raggi X quindici lettere scambiate tra Maria Antonietta e il conte svedese tra il giugno 1791 e l’agosto 1792.

In otto di queste è stato possibile riportare alla luce le parole che un misterioso censore (secondo alcuni lo stesso conte) aveva cancellato con l’inchiostro.

I termini scoperti dai ricercatori sono “amato”, “tenero amico”, “adoro” e “folle”, indizi quasi certi di un’intima relazione tra i due prima che Maria Antonietta venisse ghigliottinata nel 1793.


martedì 25 gennaio 2022

Il duello più particolare della storia

I gentiluomini francesi dei secoli scorsi erano ben noti per il fatto che difendessero il proprio onore duellando. Secondo lo storico Ariel Roth, "i duelli non sempre finivano con una morte, ma troppo spesso sì. La pratica, in voga tra i nobili, di indossare spade insieme ai vestiti quotidiani facilitava questo tipo di scontri. Il pretesto più minimo era usato come scusa per un duello d'onore. La pratica divenne molto popolare in Francia [... dove] durante il regno di Enrico IV oltre 4000 'gentiluomini' francesi persero le proprie vite in un periodo di 18 anni. Durante il regno di Luigi XIII si riporta che la conversazione ordinaria della mattina era: 'Sai chi ha combattuto ieri?' e dopo cena 'Sai chi ha combattuto stamattina?' "

Tra tutti i duelli, il più bizzarro avvenne nel 1808, quando Napoleone era imperatore. La vicenda ebbe origine da una celebrata ballerina all'Opera di Parigi, chiamata Mademoiselle Tirevit. Ella era contesa da Monsieur de Grandpré e Monsieur le Pique. Entrambi affermavano di aver conquistato il cuore della fanciulla. Venne stabilito che l'unico modo in cui la faccenda poteva essere risolta era un duello a mezz'aria.

Così, i due uomini prepararono due mongolfiere identiche, e si dotarono dello stesso tipo di vecchio fucile. Venne deciso che non si sarebbero sparati l'un l'altro, ma avrebbero piuttosto mirato al pallone della mongolfiera.

Il 3 maggio, il giorno stabilito, i due duellanti entrarono nelle mongolfiere, accompagnati dai secondi, e alle 9 di mattina i palloni si librarono nel cielo, decollando dai giardini di Tuileries, dove si era radunata una folla di curiosi.

Le mongolfiere arrivarono ad un'altezza di quasi 1 km, ed erano separate da una distanza di 70 metri. Un segnale concordato in precedenza diede avvio al combattimento. Le Pique sparò il primo colpo, mancandolo, e Grandpré rispose. Il pallone di Le Pique venne colpito e iniziò a cadere.




lunedì 24 gennaio 2022

Come fece Napoleone ad ottenere l'ammirazione dei francesi già a 26 anni?


Napoleone Bonaparte da giovane


Il ventiseienne Napoleone impresse agli eventi un corso imprevedibile durante la campagna d'Italia (1796–97. Era a capo di un esercito a cui mancava tutto: stivali, armi, viveri soldi e disciplina, ma, nel giro di qualche settimana, riuscì miracolosamente rimettere in piedi le sue truppe e a sconfiggere austriaci e piemontesi.

Vittorio Amedeo III dovette firmare l'armistizio di Cherasco che permise alla Francia di acquisire Nizza e Savoia e, da lì, riuscì a conquistare tutta l'Italia.

I Francesi iniziarono a vederlo come un mito assoluto e da quel momento la sua ascesa fu infermabile.


domenica 23 gennaio 2022

Un brigante italiano decantato dal popolo che fu in realtà un sanguinario

Il “passator cortese".



Stefano Pelloni, passato alla Storia e alla leggenda con il soprannome di Passatore (dal mestiere del padre, che traghettava chiunque ne avesse bisogno da una sponda all’altra del fiume Lamone) nacque a Boncellino di Bagnacavallo, vicino a Forlì, nel 1824.

Operò quasi esclusivamente nei territori della Romagna, allora parte dello Stato pontificio. Secondo la narrazione popolare, il nobile scopo della sua attività era quello di sottrarre gli averi agli odiati ricchi per ridistribuirli ai poveri.

Secondo le ricostruzioni storiche, invece, il Passatore era un malvivente piuttosto crudele, che giovanissimo si era introdotto negli ambienti malavitosi attraverso le conoscenze acquisite negli anni in cui aiutava il padre sulle sponde del fiume Lamone.

Stefano Pelloni si macchiò di crimini estremamente efferati: come sezionare le sue vittime per lasciare poi i resti in strada e sparare a sangue freddo a una presunta spia all’interno del suo gruppo.

Quanto alla sua sbandierata generosità nei confronti dei poveri, anche questa pare essere una leggenda; sua sorella confessò: “Non ha mai dato nulla per bontà d’animo; se dava qualcosa lo faceva di complicità o altro”.

Saccheggiò intere città e uccise senza pietà fin quando la gendarmeria pontificia non lo freddò nel 1851.

In ogni caso la sua figura leggendaria ha sopraffatto quella storica nell’immaginario della gente, che lo considera ancora oggi un mito. A lui è dedicata persino una gara podistica di 100 chilometri che parte da Firenze e arriva a Faenza.