mercoledì 30 giugno 2021

Cosa mangiavano le persone nell'epoca Vittoriana che oggi sarebbe considerato strano?

Praticamente veleno. Il cibo veniva adulterato con sostanze chimiche che finivano sulla tavola di tutti, dentro ogni tipo di pietanza, dal pane, al tè e al latte.



In epoca vittoriana l'urbanizzazione è cresciuta molto velocemente portando un gran numero di persone a vivere nelle città. Di conseguenza è cresciuta anche la domanda di cibo. Non c'era ancora però alcun controllo sulla catena di produzione del cibo e sulla sua salubrità, oltre al fatto che la scienza non aveva tutte le risposte che abbiamo oggi su quanto potessero fare male determinati additivi. Quello che interessava ai mercanti vittoriani era il profitto: abbassavano il costo delle materie prime e alzavano il prezzo di vendita. Questo ha portato all'adulterazione del cibo con ingredienti più economici, ma che oggi non considereremmo commestibili.



Uno dei cibi più adulterati in assoluto dell'epoca vittoriana era il pane. Veniva mischiato alla farina un composto che oggi si trova in alcuni detergenti, a base di alluminio: AlK (allume). Esso aveva la proprietà di rendere il pane più bianco, ma anche di trattenere acqua rendendo il pane più "compatto" e denso. In piccole dosi non era pericoloso, ma se chi produceva la farina lo aggiungeva senza alcun controllo e lo faceva anche il panettiere dopo di lui eccetera, la quantità contenuta nel prodotto finale poteva diventare un grande rischio per la salute. Un altro additivo era "semplicemente" polvere di gesso. Si stima che spesso in una pagnotta vittoriana 1/3 del totale non fosse farina, ma additivi di questo genere. Le casalinghe di questo periodo, contrariamente alla nostra passione per i cibi dall'aspetto più naturale e genuino, avrebbero SEMPRE preferito la pagnotta più bianca di tutte, quindi adulterata. È facile capire come fosse facile arrivare alla malnutrizione per un lavoratore dell'epoca se la sua alimentazione si basava principalmente su questo pane di cui 1/3 non aveva alcun nutriente e si faceva pagare quanto del pane "normale". Oltretutto tali ingredienti provocavano gastrite cronica negli adulti e anche alla morte nei bambini, poiché modificava il normale funzionamento dei movimenti intestinali e causava forti diarree.



(Tre pagnotte, da sinistra a destra sono una fatta con farina + gesso e allume, una fatta con farina + solo allume e l'ultima fatta di sola farina normale )

Un altro motivo per adulterare il cibo era per renderlo più bello alla vista. Quindi iniziarono ad usare tutta una serie di sostanze per dare un colore invitante al cibo. Per esempio la mostarda veniva resa più gialla ed economica (per chi la produceva) aggiungendo cromato di piombo. Esso è lo stesso che viene usato oggi per verniciare gli scuolabus americani che vediamo nei film: un giallo molto molto acceso.

Il tè era adulterato da qualsiasi cosa: limatura di ferro, polveri varie, foglie di tè già usate più piombo per farlo sembrare nero e il tè verde conteneva blu di Prussia.



Uno dei più grandi rischi per la salute si celava in uno degli alimenti più diffusi dell'epoca, soprattutto nella dieta dei bambini: il latte, la più importante ed economica fonte di calcio, un cibo considerato importante nella dieta proprio dal punto di vista della salute. Nel 1882, 20000 campioni di latte vennero testati e 1/5 del totale erano stati adulterati. In generale però tale adulterazione era in realtà nota e considerata benefica. Il latte che arrivava a Londra era quasi tutto trattato con acido borico, anche detto borax. All'epoca si credeva che l'aggiunta al latte di tale composto fosse in grado di "purificarlo" posticipando la data in cui sarebbe andato a male o trasformando il latte scaduto in buono.
Il latte quando è buono ha un pH neutro pari a 7. Quando va a male il pH diventa acido. L'aggiunta del borax avrebbe riportato il pH del latte a essere di nuovo neutro. Neutralizzando l'acido, il latte ha di nuovo un sapore appetibile. Il borax veniva venduto anche nei negozi e comprato in polvere dalle casalinghe. Oltre ad aggiungerlo al latte si usava per pulire i bagni, purificare l'acqua dai batteri e tante altre cose.
Per neutralizzare l'acidità di mezzo litro di latte erano necessari 5 grammi di borax. 5 grammi di borax sono la quantità potenzialmente sufficiente per uccidere un bambino. I sintomi che provocava erano bruciore allo stomaco, vomito e diarrea per piccole dosi, danni a cervello e reni per dosi un po' maggiori, e infine morte.
Ma il pericolo maggiore sta in un errore di fondo ancora più grave: il borax non è in grado di uccidere i batteri come si pensava, ma soltanto di mascherare il sapore. Uno dei batteri che rimaneva nel latte trattato dal borax è la brucella, in grado di provocare forti febbri che durano per settimane. Ma il batterio più terribile che si è diffuso a causa del borax è stato quello della tubercolosi bovina. La TB bovina è anche detta non polmonare e danneggia gli organi interni e le ossa. Uno degli effetti più terribili della TB è la formazione di ascessi alla spina dorsale. Gli ascessi rendono le ossa della colonna più fragili, causandone il collasso. Se più vertebre vengono compromesse il risultato è una grave deformità.



Ma se l'ascesso e il collasso della spina provocano pressione sul midollo spinale, le conseguenze sono paralisi e morte.
Si considera che tutti i bambini dell'epoca vittoriana, di ogni estrazione sociale, siano stati, in qualche momento della loro crescita, esposti a questo batterio. Molti di loro morirono. Centinaia di migliaia di bambini.



Nel 1890 furono fatte delle autopsie post mortem su 1300 bambini e il 30% di essi era morto di tubercolosi bovina, sicuramente presa dal latte trattato con il borax. Estrapolando questo dato si può stimare che le vittime sono state mezzo milione durante tutta l'epoca vittoriana.



Cosa sarebbe successo se Napoleone non avesse mai invaso la Russia e avesse ottenuto una vittoria decisiva e schiacciante a Lipsia?

Secondo me, sarebbe caduto comunque.

Era un Impero troppo grande, che di fatto voleva riprodurre l'Imperium Romanum (uno dei tanti eredi autoproclamati?).

Anche lo Stemma conteneva l'Aquila Romana.



Senza la disastrosa Campagna di Russia, il Primo Impero Francese sarebbe durato forse fino al 1818/1820, ma non credo proprio fino al 1825 o più in là.

Napoleone, pur essendo un monarca, era percepito come uno dei simboli della Rivoluzione Francese. Era quello che aveva fatto arrestare il Papa!

Quasi tutti i reazionari del pianeta, lo temevano.

Inoltre, la classe dirigente russa lo detestava perché gli aveva fatto perdere affari per via del famoso blocco.

Alessandro I, si sentiva preso in giro per la storia della Svezia con un ex filo-giacobino come Bernadotte, messo a fare il Re.

Napoleone aveva troppi nemici. Avrebbe dovuto affrontare altre rivolte in Spagna, poi c'era il problema della Polonia. Poi il potente Impero Britannico.

Poi c'erano i tedeschi, che non erano tutti come Hegel?

Il motivo principale per cui il Primo Impero francese crollò non fu proprio l'invasione della Russia né la sconfitta decisiva di Lipsia. Si trattava di importanti fattori militari, poiché i doppi disastri portarono a una massiccia perdita di morale, di sostegno bonapartista e di soldati esperti, ma la ragione ultima e più fondamentale era che la Francia era in guerra con quasi tutte (o almeno con le nazioni più importanti e influenti) d'Europa. Quanto si pensa che l'Impero francese sarebbe durato in un controllo militare su un territorio così ostile come quello della Prussia e dell'Austria? Il nazionalismo tedesco è stato scatenato dalla lunga occupazione francese e naturalmente da altre ragioni.



Dopo l'incoronazione di Napoleone Bonaparte, la Francia cadde automaticamente in una spirale di guerra. Conquistarono e inviarono più truppe per mantenere la terra conquistata, e ne conquistarono di più, e mentre questa espansione continuava, l'anno 1812 era al suo massimo. Una tale espansione infinita dell'Impero francese e la vittoria francese nelle guerre napoleoniche era impossibile.

Anche se Napoleone avesse conquistato la Russia, la Gran Bretagna, il Portogallo e le altre grandi potenze europee e ne avesse assunto il controllo totale, l'ostilità nei confronti dei francesi sarebbe continuata o, più probabilmente, sarebbe aumentata, la Francia sarebbe morta di fame perché i guadagni finanziari erano inferiori alle perdite finanziarie. Nel Nord Est popolato dagli Ugonotti, il sostegno napoleonico era relativamente alto. Nel Sud Ovest, i sostenitori borbonici e i monarchici costituzionali erano molto popolati. Tale divergenza geografica della politica fu cruciale anche per la sconfitta francese delle guerre napoleoniche. L'Impero napoleonico (sia il primo che il secondo) erano potenze militariste ed erano estremamente espansionistiche. Entrambi gli imperi durarono meno di vent'anni e il trono imperiale conteneva un solo imperatore Napoleone I e il III per i due (Primo : 1804-1814,1815 Secondo : 1852-1870). Nonostante le schiaccianti vittorie sulle operazioni e le battaglie da lei menzionate (Campagna di Russia, Lipsia, e molte altre come Waterloo) l'Impero napoleonico è nato con la sua contraddizione e la ridondanza di una guerra costante e posso assicurare che non potrà mai essere una potenza duratura.


La guerra peninsulare è stata un altro disastro decisivo per la Francia.

Così, in conclusione, anche se l'anno della durata del Primo Impero francese si sarebbe prolungato, i francesi sarebbero stati definitivamente sconfitti dalla travolgente ostilità e dai numeri della Coalizione (nell'industria, nella finanza e nella manodopera).

Ci sarebbe stata una guerra fredda perenne, da un lato Francia, Stati vassalli e alleati, dall'altro Russia e Inghilterra.

La Spagna avrebbe continuato a drenare risorse all'Impero Francese che, con il Blocco Continentale violato dalla Russia, si vedeva fallire il suo piano di indebolire la Perfida Albione.

Austria e Prussia, nazioni formalmente amiche di Napoleone ma sempre più riluttanti, sarebbero state ala finestra a guardare, pronte a sfruttare ogni occasione per svincolarsi dall'ingombrante alleanza francese.

Il futuro è difficile prevederlo, perché ci sono tante, troppe variabili.

Una Francia desiderosa di indebolire lo zar sarebbe stata disposta ad allearsi persino con i Turchi, riprendendo una tradizione storica dei re di Francia, aspettando il momento opportuno per un'invasione diretta.

D'altro canto però i sovrani vassalli scalpitavano sempre di più. La Svezia ormai si era quasi del tutto dissociata dalla Francia, Murat a Napoli chiedeva sempre maggiore autonomia e persino il viceré Eugenio a Milano desiderava la costituzione di un regno italiano de facto indipendente da Parigi.

In ogni caso con la morte del Corso appena 9 anni dopo metterebbe tutto in discussione nuovamente.
L'Impero napoleonico potrebbe fare la fine di quello di Alessandro Magno, diviso tra i suoi generali e parenti e preda di potenze pronte a scagliarsi sull'Aiglon appena decenne.
Comunque vada è difficilissimo prevederne una lunga durata, con basi così fragili e retto fondamentalmente solo sulla forza delle baionette francesi e sul genio militare del suo imperatore.

Napoleone non poteva evitare l'invasione della Russia. Lo Zar ormai era uscito fuori dalla sua orbita e flirtava con gli Inglesi. Il blocco continentale di fatto non c'era più. Napoleone doveva ristabilire la propria egemonia sull'Europa. La campagna fu piena di errori che portarono alla completa disfatta dei Francesi.

A Lipsia le cose non potevano andare diversamente. L'esercito di Napoleone era ormai decimato, ma soprattutto non aveva cavalleria sufficiente per fronteggiare il nemico.

La domanda da porsi è cosa sarebbe accaduto se lo Zar si fosse arreso non appena Napoleone avesse traverstato lo Niemen. Un nuovo accordo tra i due avrebbe rimandato di qualche anno la fine dell'impero napoleonico.

Le conquiste francesi erano basate sul movimento veloce delle truppe e ottime tattiche (grazie a Napoleone stesso), ma non avevano la forza economica e di popolazione per controllare l’Europa. Inoltre con la Russia fuori dal sistema continentale tempo qualche anno per assestarsi e avrebbe ugualmente attaccato la Francia con Austria e Prussia che si sarebbero subito ribellati.



martedì 29 giugno 2021

Come mai Napoleone con un esercito enorme fu sconfitto dai russi che erano militarmente inferiori?


 

In realtà sia a Borodino che sulle Beresina Napoleone non fu sconfitto. In altri termini, quando i due eserciti vennero alle mani, i Russi dovettero piegarsi. Fu ben altro che portò al disastro della campagna di Russia.

Si tratta di un bel caso, da manuale, di una "campagna militare asimmetrica ", ovvero uno scontro nel quale i contendenti non giocano con le stesse regole.

Napoleone dava per scontato che, battuto l'esercito russo in una risolutiva battaglia campale e occupata Mosca, i russi si sarebbero arresi come avrebbe fatto, in tali condizioni, qualsiasi potenza europea.

E invece non avvenne nulla di tutto ciò e i Russi in ritirata fecero " terra bruciata" e alla fine persino Mosca andò a fuoco.

Il suo non fu quindi un errore prettamente militare, ma "culturale". Non comprese che l'arretratezza e la vastità della Russia avrebbe permesso ai russi di giocare con regole diverse e non previste…e quando se ne rese conto era ormai troppo tardi e stava arrivando l'inverno.

Così i russi, conducendo brillantemente una classica guerra di attrito e di logoramento e senza mai prevalere decisamente in una battaglia risolutiva, "stravinsero" la campagna.

Per capire come è andata davvero, più che un' analisi prettamente militare, vale la pena di (ri)-leggersi "Guerra e pace".

Avere un esercito enorme richiede una logistica più che enorme. Più ci si allontana dalle basi di partenza e più pesanti sono le difficoltà da superare. Gli uomini mangiano, camminano, sparano, alloggiano, e, all'epoca, era affidato ai carri trainati dai cavalli ogni rifornimento! Se poi a tutto ciò aggiungiamo l'inverno russo ed il disgelo che fa impantanare tutto nel fango, abbiamo il quadro della situazione!!!













lunedì 28 giugno 2021

Perché Wellington è riuscito a sconfiggere Napoleone, benché fosse un mediocre generale ?

 


Premesso che Wellington non era un mediocre generale, basta vedere quanto sia stato abile nella campagna del Portogallo e della Spagna, la vittoria di Waterloo è da ricondurre ad una serie di eventi ed episodi che ho cercato di riassumere in questo mio passata post:

Come tenterò di spiegare ed illustrare con fatti, più che di errori si trattò di sfortunate casualità che condussero alla disfatta di Waterloo del 18 giugno 1815.

Ritengo fondamentale però analizzare l'intera campagna del 1815 per meglio comprenderne lo sviluppo. Tenterò quindi, come sempre, di essere conciso ma sufficientemente analitico.

Una volta che Napoleone, dopo il ritorno dall'Elba, si rese conto che i suoi proclami di pace non erano stati minimamente presi in considerazione e che avrebbe dovuto affrontare un'intera Europa in armi decise il suo piano strategico.

Tra i maggiori eserciti in marcia verso la Francia esistevano profonde differenze in termini di tempistica di avvicinamento. Prussia e Gran Bretagna sarebbero stati pronti nel giro di poche settimane. L'armato Asburgica avrebbe avuto bisogno di molto più tempo. Per ultimo sarebbe arrivato l'esercito russo i cui tempi di mobilitazione ed avvicinamento alla Francia avrebbero comportato mesi. Tralascio le armate minori come quella dei Savoia.

Quindi Napoleone, come sempre aveva fatto, sulla falsariga degli insegnamenti di Federico il Grande, decise di non aspettare ma di passare subito all'offensiva. Occorreva colpire gli avversari prima che potessero riunirsi. Quindi gli eserciti prussiano e inglese sarebbero stati i primi.

Appena l'Armée fu pronta, muovendo rapidamente verso il Belgio, in totale segreto, riuscì ad avvicinarsi senza essere scoperto. Muovendo per linee interne, era pronto ad affrontare il primo dei due eserciti che avesse incontrato. All'occasione aveva volutamente diviso le sue forze in 3 armate separate. Alla sinistra il superbo ed impetuoso Maresciallo Ney, alla destra Grouchy. A seguire in posizione centrale una forza principale al suo stesso comando.

La sorpresa fu enorme. La sua strategia aveva funzionato perfettamente. Il 16 giugno il piccolo Corso era entrato in contatto con i prussiani senza che Wellington ne fosse assolutamente a conoscenza.

Quel giorno si svolsero le due battaglie di Quatre bras e Ligny. Non entro nel merito dei fatti bellici ma mi limiterò a citare i tre episodi fondamentali che caratterizzarono quella giornata, tutti a sfavore di Napoleone e le cui conseguenze si ripercossero a Waterloo dopo 40 ore.

A Quatre Bras, a nord, Ney affrontò le avanguardie Inglesi. A Sud Napoleone procedeva a sbaragliare i prussiani. Ora, che a Napoleone a Ligny fosse mancato il supporto, seppure richiesto, di Ney è un fatto assodato. E doverosamente accettabile visto quanto fosse stato ingaggiato dagli inglesi. Ma pochi sanno che agli Ordini di Ney vi erano due corpi d'armata. quello del generale Reille, che combattè l'intera giornata e quello del generale D'Erlon. Questo secondo Corpo d'Armata ricevette direttamente alle ore 16.00 da Napoleone l'ordine di mettersi subito in marcia verso sud per colpire il fianco destro dei Prussiani. Lo spostamento iniziò nella totale ignoranza del maresciallo Ney. Quando ne venne a conoscenza divenne furioso e al momento in cui si trovò a dover respingere un duro attacco inglese decise di richiamare d'urgenza il Corpo di D'Erlon, che nel frattempo era giunto con i suoi 20.000 uomini in vista di Ligny. Il generale decise di obbedire all'ordine perentorio di colui che gerarchicamente era il suo comandante diretto e si rimise in marcia verso Quatre Bras. Quando vi arrivò la battaglia era ormai terminata. Morale: 20.000 uomini camminarono per ore avanti ed indietro senza mai essere impiegati in battaglia. La cosa fu alquanto grave per Napoleone in quanto, ATTENZIONE, la sconfitta dei prussiani rimase tale e non si trasformò in una rotta quale sarebbe stato se le truppe di D'Erlon fossero giunte sul fianco indifeso dei tedeschi.

Il secondo fatto fortuito è legato proprio al vecchio Maresciallo prussiano Bluecher, comandante in capo dell'esercito. Occorre sapere che nel corso di una delle cariche degli Ulani, il cavallo di Bluecher era rimasto ucciso ed il maresciallo bloccato sotto la massa dell'equino. per ben due volte la cavalleria francese gli passò sopra senza che nessuno se ne accorgesse. Liberatosi grazie ad un premuroso aiutante, riuscì con il buio a raggiungere il suo Quartier Generale. E ciò fu decisivo in quanto il comandante in seconda, Von Gneisenau, dopo essersi consultato con i suoi Generali, aveva già deciso di ritirarsi verso Liegi, in direzione delle proprie linee di comunicazione. Fu proprio Bluecher, che appena arrivato, contraddisse gli ordine di Gneisenau, sostenendo il dovere prussiano di supportare gli alleati inglesi. E questo fece sì che a Waterloo furono presenti anche i prussiani.

Un terzo ed ultimo errore è da ricondursi alla tardiva decisione di Napoleone di mettere sulle orme dell'esercito prussiano le forze di Grouchy. Un inseguimento è tanto più efficace quanto più riesce ad evitare la riorganizzazione delle forze avversarie. Iniziarlo alle 11.00 del mattino successivo rappresentò un errore decisivo, tra i tanti fatti contrari alle fortune francesi.

Per venire alla giornata del 18 giugno citerò i principali elementi, scusandomi se ripeterò concetti da altri già espressi.

  1. Le fortissime piogge notturne avevano allentato il terreno in modo profondo. La famosa artiglieria napoleonica, spesso decisiva nelle precedenti battaglie, condizionò di varie ore l'inizio della battaglia. Occorreva che il terreno si asciugasse per permettere alle palle di cannone quell'effetto di rimbalzo ripetuto che si ha quando lanciate un sasso piatto su uno specchio d'acqua calmo. E' devastante per una formazione compatta come quelle del periodo napoleonico. Noi sappiamo che quelle ore perse permisero ai prussiani di giungere sul luogo della battaglia in tempo per contribuire alla vittoria.

  2. La strategia napoleonica a Waterloo fu totalmente priva di fantasia sin dall'inizio, convinto che la battaglia sarebbe stata vinta grazie ad un semplice e tradizionale sfondamento centrale.

  3. Per la conquista della fattoria di Hougoumont per tutta la giornata si bruciarono quasi 20.000 soldati senza alcun risultato.

  4. Nel momento decisivo Napoleone, causa malessere, si ritirò dal campo di battaglia. Fu in quel momento che il maresciallo Ney, confondendo uno spostamento laterale con un inizio di rotta inglese, diede ordine alla cavalleria di attaccare a fondo. Gli inglesi si organizzarono in quadrati e nessuno pensò, secondo manuale, di far convergere l'artiglieria francese a ridosso dei quadrati per farne carne da macello. Errore tattico ingiustificabile.

A quel punto il destino di Napoleone era segnato. L'occasione di vincere era passata e la ritirata della Vecchia Guardia, dopo l'ennesimo attacco fallito, determinò la fine dell'epopea napoleonica.



domenica 27 giugno 2021

L'Inghilterra avrebbe potuto resistere a Napoleone senza il genio di Lord Nelson?

Sì.

Quando John Jervis, Primo Lord dell'Ammiragliato e Conte di Capo Saint Vincent, si alzò davanti alla Camera dei Lord durante un periodo di timori di una potenziale invasione francese, osservò: "Non dico che non possano venire, ma non può venire per mare. "


La battaglia di Trafalgar


Il successo della Royal Navy, e quindi la sua capacità di impedire ai francesi di attraversare la Manica, non può essere attribuito a un solo uomo, per quanto di talento possa essere stato Nelson.

A parte qualsiasi altra cosa, il piano di invasione francese fu sventato non da Nelson a Trafalgar, ma da un'altra flotta britannica comandata da un certo Robert Calder nella battaglia di Capo Finisterre. Sebbene la battaglia fosse inconcludente, fece sì che la flotta francese e spagnola entrasse nel porto di Cadice e non ne uscisse più per così tanto tempo che Napoleone divenne impaziente e portò il suo esercito a est per combattere invece gli austriaci ei russi.

Calder, tuttavia, ricevette poca gratitudine per questo, la sua flotta fu rilevata da Nelson e perse la battaglia di Trafalgar perché era tornato a casa per una corte marziale (su sua richiesta, dopo che l'opinione pubblica di Capo Finisterre si era rivelata decisamente negativa si è visto che si era trattenuto dal raggiungere potenzialmente la vittoria finale).

E non è che Nelson fosse l'unico ammiraglio competente della Royal Navy in quel momento. Jervis, l'uomo precedentemente menzionato, aveva ottenuto il titolo di conte di Capo Saint Vincent dopo aver vinto un'altra battaglia contro i francesi nel 1797, e come Primo Lord dell'Ammiragliato stava istituendo riforme per migliorarlo. Poi c'erano persone come Edward Pellew, Cuthbert Collingwood e molti altri (incluso uno con il magnifico nome di Home Riggs Popham). Gli inglesi non avevano carenza di uomini di talento, e non erano nemmeno solo i comandanti; hanno addestrato rigorosamente i loro equipaggi per essere il più bravo possibile in combattimento ed essere in grado di sparare con i loro cannoni il più rapidamente possibile.

Ma soprattutto, non mancavano nemmeno le navi. La dimensione della flotta britannica nel 1792 era di circa 660 navi, rispetto a 290 francesi e 220 spagnole, e la flotta si era espansa esponenzialmente in condizioni di guerra tra allora e il 1805, fino a circa 900 navi. Gli inglesi ritenevano che avere una flotta più grande dei loro nemici fosse della massima importanza e si mossero spietatamente per impedire ai francesi di mettere le mani sulle flotte delle nazioni neutrali. Ovviamente, con gli imperi globali alla polizia, non tutte queste navi erano nel teatro europeo, ma l'enorme dimensione della flotta britannica era ciò che ha condannato i piani di invasione francese a fallire.

Fu il genio di Nelson a escogitare il piano di battaglia che consentì la sconfitta della flotta di Napoleone nella battaglia di Trafalgar, ma fu l'enorme quantità di navi che la Gran Bretagna poteva schierare a impedire l'invasione.




sabato 26 giugno 2021

Club dei Giacobini

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Il club dei Giacobini (club des Jacobins) fu un'associazione politica fondata a Parigi nel novembre 1789 con sede nel convento domenicano di San Giacomo (Saint-Jacobus) in rue Saint-Honoré.
Inizialmente aveva assunto il nome di Società della Rivoluzione (Société de la Révolution), mutato l'8 febbraio 1790 in Società degli Amici della Costituzione (Société des Amis de la Constitution), ma fu ben presto conosciuto popolarmente come club dei Giacobini. Con la caduta della monarchia e l'instaurazione della Repubblica, il 21 settembre 1792 il club prese il nome di Società dei Giacobini, amici della libertà e dell'eguaglianza (Société des Jacobins, amis de la liberté et de l'égalité). Sopravvissuto a stento alla caduta di Robespierre, il 12 novembre 1794 il club fu soppresso dalle autorità.

Storia
Le origini
Il 6 ottobre 1789 l'Assemblea Nazionale si trasferì da Versailles a Parigi. Il club bretone, la società di deputati della Bretagna fondata in maggio a Versailles ma frequentata anche da deputati eletti nelle diverse province, si sciolse. Tuttavia la positiva esperienza di quel club non doveva rimanere lettera morta e si pensò di ripeterla su nuove basi.
Le fonti dell'epoca sono tuttavia contraddittorie. Jacques Antoine Dulaure afferma che nel mese di novembre era stato costituito a Londra il Club de la Révolution de France, che aveva inviato all'Assemblea Nazionale una lettera di felicitazioni per il lavoro svolto. Di conseguenza «i membri del comitato bretone concepirono il progetto di formare a Parigi una società sull'esempio londinese, dandogli basi più solide e più estese di quel comitato». Anche nei suoi Esquisses historiques Dulaure conferma la nascita del club giacobino su iniziativa dei deputati bretoni.
Edmond Dubois-Crancé, già membro attivo del club bretone, afferma invece che «i vantaggi tratti dalla corte dallo scioglimento del club bretone convinse i suoi membri a ricostituirlo». La tesi che la ricostituzione del club si fosse resa necessaria per opporsi ai maneggi della corte e dell'aristocrazia è confermata dal deputato dell'Anjou La Révellière-Lépeaux. Egli però nega che la nuova società abbia avuto origine dal club bretone o da una sua parte, «come comunemente si crede». Furono «i deputati della Franca Contea, alcuni deputati dell'Anjou, come Leclerc, Pilastre ed io, e qualche altro costituente», a organizzarsi «per assicurare il comitato di presidenza dell'Assemblea ai patrioti».
Anche Alexandre de Lameth non giudica il club dei Giacobini una derivazione del club bretone: «i deputati delle province lontane dalla capitale», che non erano mai stati a Parigi, «provavano una specie di terrore all'idea di essere isolati e per così dire perduti in mezzo a quell'immensa città. Quasi tutti cercarono allora di alloggiare il più vicino possibile all'Assemblea» e di stabilire «un luogo di riunione per concertare la direzione degli affari pubblici».[5] Diversamente sostengono il deputato Jean-Pierre Boullé che l'8 dicembre 1789 riferisce di un club bretone «rinnovato e perfezionato» funzionante a Parigi, e il Bulletin de la Correspondance de Brest del 9 gennaio 1790, secondo il quale l'associazione parigina «che si occupa senza posa della felicità del popolo» è «formata dai deputati della Bretagna».
Beaulieu fa un racconto circostanziato su quella che, secondo lui, sarebbe stata l'origine del club. Il deputato della Franca Contea Charles Claude Gourdan avrebbe chiesto a Sieyès se non fosse il caso di ricostituire a Parigi il club bretone. Questi avrebbe acconsentito, a condizione che non vi fossero ammesse le «cattive teste» che ne avevano fatto parte a Versailles. Riferito il colloquio ai suoi colleghi, fu convenuto che «lui, Gourdan, avrebbe cercato un locale abbastanza vasto per accogliervi i soci e lo avrebbe affittato senza indugio».
Théodore de Lameth sostiene invece che questo incarico fu affidato al deputato di Gray Muguet de Nanthou, ma è smentito dal fratello Alexandre, secondo il quale furono deputati domiciliati a Parigi a occuparsi della bisogna. In ogni caso, fu raggiunto un accordo con il priore dei Giacobini di rue Saint-Honoré, che affittò loro per duecento franchi l'anno la biblioteca o il refettorio, o piuttosto entrambi i locali.
La prima riunione del club si tenne «una domenica mattina» del novembre 1789, presenti «quindici o venti deputati», secondo La Révellière-Lépeaux, ma per Lameth ve n'erano «circa cento, e il giorno dopo un numero doppio». Si procedette all'elezione del presidente e anche sul suo nome le fonti sono discordanti. Secondo Dubois-Crancé «Le Chapelier fu il primo presidente ed io il segretario» mentre per Lameth presidente fu il barone de Menou e segretari lui stesso, Barnave, Duport, Le Chapelier, Target e altri tre deputati. È Boullé, nella sua lettera dell'8 dicembre, a darci il primo nome del club: Société de la Révolution, «che sta prendendo una forma regolare dagli statuti che le si stanno dando».
La società si propose inizialmente di preparare ogni misura per assumere l'egemonia politica nell'Assemblea Nazionale e per dirigere l'opinione pubblica nel senso della Rivoluzione. A questo scopo si ritenne opportuno ammettere nel club anche personalità non elette all'Assemblea, anche straniere, in particolare «scrittori che avessero pubblicato qualche utile opera». Furono così ammessi Condorcet, l'economista Cazeau, il matematico Le Camus, «e un piccolo numero di altri scienziati e pubblicisti». Uno di essi, l'inglese Arthur Young, ricorda di essere stato ammesso al club il 18 gennaio 1790. Presentato come autore dell'Aritmetica politica, fu ammesso senza obiezioni e «mi fu detto ch'ero libero d'assistere alle sedute quando volessi, benché straniero».
Il numero degli aderenti aumentò rapidamente. In provincia si costituirono club ispirati alla società parigina e il refettorio del convento giacobino di Parigi si dimostrò presto incapace di contenere tutti i soci: «ai padri Giacobini che erano ammessi alle sedute della Società e che vi avevano attinto i veri princìpi della filosofia e del patriottismo, sarebbe dispiaciuto vederla traslocare. Proposero la biblioteca e questo spostamento fu accettato».
La biblioteca era un'ampia galleria. Alle pareti erano posti scaffali di libri e ritratti di membri dell'ordine domenicano, in fondo un altare. Sopra l'ingresso era dipinto un affresco rappresentante Tommaso d'Aquino. I banchi erano posti ad anfiteatro e al centro si trovava il seggio elevato del presidente, sotto il quale stavano i segretari. Davanti a loro sorgeva la tribuna riservata agli oratori. L'illuminazione era insufficiente: «La debole luce di questa sala a volta, dove si arriva da un chiostro oscuro, dà all'insieme un aspetto cupo».


Prime sedute e scissioni
Nella seduta dell'8 febbraio 1790 il regolamento di quella che ora si chiamava Société des Amis de la Constitution fu letto da Antoine Barnave, che ne era stato l'unico o il principale estensore. Occorreva portare nell'Assemblea Nazionale «spiriti preparati dalla discussione e premuniti contro ogni sorpresa» unendo tutti gli amici della Costituzione che stava per essere ultimata e applicata. Occorreva diffonderne i princìpi contro i pregiudizi, gli interessi di parte e le «grida sediziose».
A questo scopo la società intendeva essere un centro di riferimento delle altre società della provincia e aprirsi al contributo di tutti i Francesi. Le qualità richieste ai soci dovranno essere «la fedeltà alla Costituzione, la devozione nel difenderla, il rispetto e la sottomissione ai poteri stabiliti», l'amore per l'eguaglianza, il sentimento profondo dei diritti dell'uomo, la difesa dei deboli e degli oppressi.
Il nuovo candidato al club doveva essere presentato da tre membri, se deputato, altrimenti da cinque. L'ammissione sarebbe stata deliberata dalla maggioranza dei soci. Erano ammesse candidature collettive di associazioni purché lo spirito delle loro istituzioni fosse essenzialmente lo stesso. La quota sociale era di trentasei lire. Il presidente del club era eletto ogni mese e le sedute erano previste in ogni giorno feriale, alle sei del pomeriggio.
Ben presto i membri della Société furono chiamati dai loro avversari Jacobins, o anche Jacobites, Jacots e Jacoquins. L'intento era derisorio e dapprima suscitò le proteste dei soci che poi finirono per accettare e portare quel nome con orgoglio.
Tra i primi interventi al club che ci sono pervenuti, vi è quello del commerciante di Nantes Jean-Baptiste Mosneron de Launay. Nel suo discorso del 26 febbraio 1790, dopo un elogio del commercio, difese la tratta degli schiavi contro le proteste degli Amis des Noirs: «Nessuna tratta è fatta con più riguardo di quella francese» - esclamò - e propose poi l'invio di una squadra navale alle Antille, minacciate dagli Inglesi. Non si conosce la reazione del club giacobino, ma l'Assemblea Costituente, il 10 marzo seguente, approvò il mantenimento della tratta degli schiavi.
Charles de Peyssonnel, fresco autore della Situation politique de la France, affrontò il 10 marzo il problema dell'alleanza politica tra Francia e Austria. La recente morte dell'imperatore Giuseppe II e l'attuale riarmo della Prussia, dei Paesi Bassi, della Savoia e dell'Inghilterra ponevano la necessità di ridiscutere la tradizionale strategia della Francia, rinnovando anche il corpo diplomatico, «infettato dal veleno dell'ancien régime».
Il 18 marzo, dalla tribuna del club il barone prussiano Jean-Baptiste de Cloots denunciò, in un drammatico discorso, le mire del re e dell'aristocrazia che, a suo avviso, erano già in intesa con le potenze straniere reazionarie per restaurare il dispotismo. Occorreva modificare la Costituzione, togliendo al re il comando supremo delle forze armate, e impedirgli di assentarsi da Parigi: «se i Francesi non tratterranno il re sotto la custodia d'una immensa capitale, in mezzo a un esercito di cittadini, di una numerosa guardia nazionale, io non do più di trent'anni di durata all'edificio che voi state costruendo con tanta pena e tanta gloria».
Il 31 marzo Robespierre fu eletto presidente. Non appena fu noto il risultato dell'elezione, Lafayette abbandonò il club per fondare un'altra associazione, la Société de 1789, inaugurata al Palais-Royal il 12 aprile. Probabilmente, Lafayette se ne andò avendo compreso di non poter influenzare a sufficienza l'attività del club, che ora appariva dominato dalle personalità di Barnave, Duport, Lameth, Mirabeau e Robespierre, i cinque membri del primo comitato del club, che «da soli dirigevano tutto, formavano i piani e i progetti, e quello che era giudicato degno di esecuzione era affidato per l'esecuzione a un altro comitato, composto da quindici persone. Rivestito della sua sanzione, il progetto passava al terzo comitato, che finalmente s'incaricava di farlo adottare dalla massa e trasmetterlo ai club affiliati delle province».
I rappresentanti dei reggimenti di Chartres e Dauphin avevano denunciato i tentativi degli ufficiali di alimentare lo spirito di rivolta contro il nuovo regime diminuendo le razioni in qualità e quantità e, insieme, distribuendo punizioni e congedi ai soldati patrioti. Su questo problema Danton, il presidente del club dei Cordiglieri, intervenne il 30 maggio tra gli opposti clamori di sostenitori e avversari, affermando che il governo era pienamente immischiato in quelle iniziative controrivoluzionarie e che, da parte sua, era pronto a lavare lo scandalo con il sangue dei ministri.
Nella seduta del 4 giugno 1790 alcuni membri del club proposero di appoggiare la candidatura di Sieyès a presidente dell'Assemblea Nazionale nella prossima seconda metà di giugno, quando fosse caduto l'anniversario della costituzione degli Stati generali in Assemblea Nazionale, della quale egli era stato animatore. La proposta fu respinta a maggioranza, perché erano in molti a diffidare di quell'uomo, maestro d'intrighi, molto vicino a Lafayette e già tra i fondatori, nello scorso aprile, della rivale Société de 1789. Offeso, l'abate Sieyès lasciò il club e con lui il duca di La Rochefaucauld, Talleyrand, Mirabeau e La Chapelier, che confluirono nell'associazione di Lafayette.
Mirabeau tornò però in ottobre a frequentare il club dei Giacobini. Consapevole dell'autorevolezza di questi come della debolezza politica della Société de 1789, assoldato dalla corte in maggio, Mirabeau sperò di poter manovrare all'interno del club, dove già agivano agenti della monarchia come Bonnecarrère, Desfieux e altri, allo scopo di provocare e sfruttare le divisioni dei rivoluzionari.
L'ambizione di poter succedere a Luigi XVI spinse invece il duca d'Orléans a iscrivere al club il duca di Chartres, suo figlio diciassettenne, provocando la preoccupate lamentele della moglie.
Nel maggio 1791 nell'Assemblea costituente si scatena un'offensiva della destra contro le società popolari che investirà anche quella dei giacobini dando l'avvio di una rottura interna dei rapporti fra i democratici e i moderati, la successiva tentata fuga in giugno del re a Varennes farà precipitare gli eventi. Barnave porta i suoi amici a una scissione, dando vita a una Nuova società degli amici della costituzione, era il Club dei Foglianti.
La petizione per la decadenza del re, avanzata dal Club dei Cordiglieri ed appoggiata dai giacobini, depositata al Campo di Marte, fu al principio di una sparatoria che lasciò sul terreno più di cento morti, sfruttata poi dai moderati, causò una spaccatura fra una parte della borghesia rivoluzionaria e il movimento popolare. I giacobini escono dalla scissione indeboliti, ma per i foglianti questa è stata un insuccesso politico a causa dello scarso seguito che si erano riusciti a creare.
Dal 22 settembre 1792 la società fiera del suo soprannome decide di assumere il nome di Società dei giacobini amici della libertà e dell'uguaglianza (Société des Jacobins amis de la liberté et de l'égalité). Si viene a creare una "terza legione" giacobina, più giovane, composta da uomini poco colti, ma profondamente fanatici per la salvezza della patria che si affidavano completamente a Robespierre.

L'anno II
L'insurrezione della Vandea, cattolica e realista dopo essere stata ripresa in mano dai nobili, si estese nell'ovest. Le frontiere furono invase dagli spagnoli a sud-ovest, dai piemontesi a sud-est, dai prussiani, dagli austriaci e dagli inglesi a nord e all'est. Per scongiurare questi pericoli e sotto la pressione dei sanculotti, i montagnardi presero delle misure radicali.
Nell'anno II del calendario rivoluzionario francese, viene creato il Comitato di salute pubblica, presieduto da Danton fino alla morte, poi da Robespierre. Durante tale periodo si può considerare compiuta l'epurazione delle componenti degli "arrabbiati", guidati dall'anziano sacerdote Jacques Roux, degli "indulgenti", guidati da Danton, e degli hébertisti, ottenendo il monopolio dei comitati di governo e prende il via la dittatura del Terrore di Robespierre, che permise di reprimere duramente la rivolta vandeana e gli eserciti stranieri furono ricacciati fuori dai confini nazionali, salvando così la Repubblica. L'anno II è l'anno dell'apogeo delle società popolari che arriveranno a essere presenti in almeno 5.500 municipalità.

La crisi
Quando il Terrore ebbe termine nella provincia, si accentuò a Parigi, dopo il voto delle leggi di Pratile che davano il via al grande Terrore, in cui si veniva perseguitati per crimini politici.
Il Terrore poteva reggersi solo sulla necessità di difendere una Repubblica in crisi: venuta meno l'emergenza grazie alle vittorie interne ed esterne, essa cominciava a perdere il sostegno popolare e la sua ragion d'essere. Robespierre si era fatto molti nemici e iniziò a trascurare la guida del club fino al suo arresto, i giacobini parigini furono accusati di essere ormai nient'altro che burocrati, lontani dal movimento popolare.
Nell'anno III i giacobini furono attaccati sia dalla destra che dalla sinistra, il 12 novembre 1794 il club dei Giacobini fu chiuso definitivamente.
I giacobini cercano di riconquistare il direttorio con il club del Panthéon nel 1795 e con il club del Maneggio nel 1799.


venerdì 25 giugno 2021

Assedio di Acri (1799)

 


L'assedio di Acri del 1799 fu un fallito assedio francese della città ottomana di Acri (ora Akko nell'odierna Israele) e fu il punto di svolta dell'invasione napoleonica dell'Egitto e della Siria , insieme alla battaglia del Nilo. Fu la seconda sconfitta tattica di Napoleone nella sua carriera, tre anni prima era stato sconfitto nella Seconda Battaglia di Bassano. A seguito del fallito assedio, Napoleone Bonaparte si ritirò due mesi dopo e si ritirò in Egitto.

Acri era un sito di notevole importanza strategica per la sua posizione di comando sulla rotta tra Egitto e Siria. Bonaparte voleva catturarlo dopo la sua invasione dell'Egitto. Sperava di incitare una ribellione siriana contro gli ottomani e minacciare l'India britannica. Dopo l'assedio di Giaffa, che fu seguito da due giorni e due notti di massacri e stupri da parte delle forze francesi, i difensori della cittadella furono ancora più determinati a resistere ai francesi.

I francesi tentarono di assediare il 20 marzo usando solo la loro fanteria. Napoleone credeva che la città si sarebbe arresa rapidamente a lui. In corrispondenza con uno dei suoi ufficiali subordinati, espresse la sua convinzione che sarebbero state necessarie solo due settimane per catturare il fulcro della sua conquista della Terra Santa prima di marciare su Gerusalemme.

Tuttavia, le truppe del capace Jezzar Pasha, rifiutandosi di arrendersi, resistettero all'assedio per un mese e mezzo. Haim Farhi, consigliere ebreo e braccio destro di al-Jazzar, svolse un ruolo chiave nella difesa della città, supervisionando direttamente la battaglia contro l'assedio. Dopo la precedente conquista di Giaffa da parte di Napoleone, le infuriate truppe francesi avevano selvaggiamente saccheggiato la città conquistata e migliaia di prigionieri di guerra albanesi furono massacrati sulla riva del mare, prima dell'offensiva francese più a nord. Questi fatti erano ben noti ai cittadini e alle truppe di difesa (molti dei quali albanesi) ad Acri, ed è probabile che la prospettiva di essere massacrati abbia irrigidito la loro resistenza.

Una flottiglia della Royal Navy sotto il comando del commodoro Sidney Smith contribuì a rafforzare le difese ottomane e riforniva la città di cannoni aggiuntivi presidiati da marinai e marines. Smith usò il suo comando del mare per catturare l'artiglieria d'assedio francese inviata da una flottiglia di cannoniere dall'Egitto e per bombardare la strada costiera da Giaffa.

Un esperto di artiglieria della flotta, Antoine Le Picard de Phélippeaux, ridistribuì poi contro le forze di Napoleone i pezzi di artiglieria intercettati dagli inglesi.

Smith ancorò le navi britanniche Tigre e Theseus in modo che le loro fiancate potessero aiutare la difesa ottomana. Le cannoniere britanniche, che avevano un pescaggio minore, potevano avvicinarsi e insieme aiutarono a respingere ripetuti assalti francesi.

Il 16 aprile una forza di soccorso ottomana fu combattuta sul monte Tabor. All'inizio di maggio, l'artiglieria d'assedio francese sostitutiva era arrivata via terra ed era stata forzata una breccia nelle difese. Al culmine dell'assalto, le forze assedianti riuscirono a fare breccia nelle mura.

Tuttavia, dopo aver subito molte perdite per aprire questo punto di ingresso, i soldati di Napoleone scoprirono, nel tentativo di penetrare nella città, che Farhi e de Phélippeaux avevano, nel frattempo, costruito un secondo muro, parecchi piedi più in profondità all'interno della città dove al-Jazzar giardino era. La scoperta di questa nuova costruzione convinse Napoleone e i suoi uomini che la probabilità che prendessero la città era minima. Inoltre, dopo che l'assalto fu nuovamente respinto, i rinforzi ottomani da Rodi furono in grado di sbarcare.

Avendo sottovalutato l'atteggiamento ostinato delle forze di difesa combinato con un blocco britannico dei porti di rifornimento francesi e condizioni meteorologiche avverse, le forze di Napoleone furono lasciate affamate, fredde e umide. La peste aveva colpito il campo francese a causa delle condizioni disperate degli uomini, e aveva ormai provocato la morte di circa 2.000 soldati.

Durante l'assedio, sia Napoleone che Jezzar cercarono invano l'assistenza del capo di Shihab, Bashir, sovrano di gran parte dell'attuale Libano. Bashir rimase neutrale. Alla fine, furono i francesi a soffrire maggiormente dell'atteggiamento di Bashir, il cui intervento dalla loro parte avrebbe potuto ribaltare l'equilibrio di potere a loro favore.

Infine, l'assedio è stato sollevato. Napoleone Bonaparte si ritirò due mesi dopo, il 21 maggio, dopo un fallito assalto finale il 10 maggio, e si ritirò in Egitto.

Nel 1805 Napoleone affermò che se avesse:

potuto prendere Acri [nel 1799], avrei messo un turbante , avrei fatto indossare ai miei soldati grossi calzoni turchi, e li avrei esposti alla battaglia solo in caso di estrema necessità. Li avrei trasformati in un Battaglione Sacro, i miei Immortali. Avrei finito la guerra contro i turchi con truppe arabe, greche e armene. Invece di una battaglia in Moravia, avrei vinto una battaglia di Isso, mi sarei fatto imperatore d'Oriente, e sarei tornato a Parigi per Costantinopoli.

Le allusioni dall'Antichità Classica incluse nel discorso sono alla Sacra Banda di Tebe e agli Immortali Persiani, unità d'élite, rispettivamente, della città stato di Tebe e dei Re Achemenidi di Persia; e alla battaglia di Isso dove Alessandro Magno sconfisse decisamente quest'ultimo. (In effetti, sebbene Acri non fosse stata conquistata, la Guardia Imperiale di Napoleone venne informalmente chiamata "Gli Immortali".)

Indipendentemente dal fatto che Napoleone fosse stato in grado o meno di realizzare il suddetto grande progetto, è probabile che se avesse preso Acri sarebbe rimasto un tempo considerevole in Oriente, non sarebbe tornato in Francia nel 1799 e quindi non avrebbe portato nello stesso anno il colpo di stato che lo ha stabilito al potere come Primo Console. Avrebbe potuto ancora prendere il potere in Francia, in seguito e in circostanze diverse, o in sua assenza qualcun altro avrebbe potuto rovesciare il governo traballante del Direttorato. Ad ogni modo, la storia successiva della Francia e dell'Europa potrebbe essere stata sostanzialmente diversa. Inoltre, indipendentemente dal fatto che Napoleone fosse riuscito o meno a farsi imperatore d'Oriente e a raggiungere Costantinopoli, il suo tentativo di farlo energicamente avrebbe certamente influito in modo sostanziale sulla storia dell'Impero ottomano

Alcuni ritengono che una dichiarazione attribuita a Napoleone durante la guerra, secondo la quale prometteva di restituire la terra agli ebrei se avesse avuto successo nella conquista della Palestina, avesse lo scopo di catturare l'attenzione di Farhi, ebreo siriano, e tradire il suo padrone spostando il suo appoggio ai francesi. Che questo sia vero o no, Farhi difese la città con il resto delle forze ottomane.

Napoleone mostrò grande interesse nel conquistare gli ebrei durante la campagna, incluso il resoconto di Las Cases in "Mémorial de Sainte Hélène" sulla campagna militare di Napoleone registra che è stato riferito tra gli ebrei siriani che dopo che Napoleone prese Acri, sarebbe andato a Gerusalemme e restaurare il tempio di Salomone e furono approvati decreti a favore degli ebrei (e dei cristiani copti e delle donne) nell'Egitto controllato dai francesi.

Le promesse di Napoleone di restituire la Palestina agli ebrei in caso di vittoria potrebbero aver influenzato decenni dopo l'emergere del movimento sionista e gli sforzi di Herzl e dei successivi leader sionisti di fare pressione su varie potenze europee e ottenere da loro in realtà il tipo di patronato che si diceva Napoleone aver dato agli ebrei del suo tempo.

Nell'odierna Acri, la collina su cui Napoleone pose il suo accampamento, a sud-est delle mura della città di Acri, è ancora conosciuta come "Collina di Napoleone" (גבעת נפוליון). Acri ha anche una via Napoleon Bonaparte (רחוב נפוליון בונפרטה), l'unica città israeliana con un tale nome di strada.

Tra la popolazione araba della Città Vecchia di Acri, la consapevolezza dei loro antenati di aver resistito con successo alla raffica di un conquistatore così famoso in tutto il mondo è fonte di orgoglio civico e patriottismo locale . In un racconto popolare diffuso tra gli arabi di Acri, Napoleone, dopo aver tolto l'assedio di Acri, lasciò che un cannone sparasse il suo cappello nella città "in modo che almeno una parte di lui entrasse in Acri".



giovedì 24 giugno 2021

Legge sugli ostaggi

 


La legge degli ostaggi era una legge del 1799 emanata dal Direttorio francese, durante le fasi finali della Rivoluzione francese nel luglio-ottobre 1799, al fine di rafforzare il suo potere nelle regioni che il Direttorio considerava problematiche. La legge consentiva alle autorità locali di redigere elenchi di "ostaggi" che sarebbero stati ritenuti responsabili di determinati reati, ed era particolarmente destinata ad essere utilizzata contro i notabili sospettati di minacciare l'autorità del Direttorio. Poiché le autorità locali erano responsabili dell'esecuzione della legge, non era sempre efficace poiché le autorità locali spesso simpatizzavano con coloro contro cui doveva essere usata o si astennero perché non volevano causare conflitti nella loro comunità.

La legge fu abrogata nel novembre 1799 dopo che Napoleone prese il potere con il colpo di stato del 18 Brumaio.

mercoledì 23 giugno 2021

Consolato francese



Il Consolato (francese: Le Consulat) è stato il governo di primo livello della Francia dalla caduta del Direttorio nel colpo di stato di Brumaio il 10 novembre 1799 fino all'inizio dell'Impero napoleonico il 18 maggio 1804. Per estensione, il termine Il Consolato si riferisce anche a questo periodo della storia francese.

Durante questo periodo, Napoleone Bonaparte, come Primo Console (Console Premier), si affermò come capo di un governo repubblicano più autoritario, autocratico e centralizzato in Francia pur non dichiarandosi unico sovrano. A causa delle istituzioni di lunga durata stabilite in questi anni, Robert B. Holtman ha definito il Consolato "uno dei periodi più importanti di tutta la storia francese". Napoleone ha portato un governo personale autoritario che è stato visto come una dittatura militare.

I disastri militari francesi nel 1798 e nel 1799 avevano scosso il Direttorio e alla fine lo avevano frantumato nel novembre 1799. Gli storici a volte datano l'inizio della caduta politica del Direttorio al 18 giugno 1799 (Coup of 30 Prairial VII secondo il calendario repubblicano francese). Fu allora che il direttore antigiacobino Emmanuel-Joseph Sieyès, dopo solo un mese in carica, con l'aiuto dell'unico membro originale sopravvissuto del Direttorio, Paul Barras, anche lui antigiacobino, si liberò con successo degli altri tre direttori allora in carica. Le elezioni del marzo-aprile 1799 per i due consigli avevano prodotto un nuovo neo-giacobino maggioranza nei due organi, ed essendo scontenti dell'attuale Direttorio di cinque uomini, entro il 5 giugno 1799, questi consigli avevano riscontrato un'irregolarità nell'elezione del direttore Jean Baptiste Treilhard, che si ritirò così a favore di Louis Jérôme Gohier, un giacobino più 'in sintonia' con i sentimenti dei due consigli. Il giorno successivo, il 18 giugno 1799, anche gli antigiacobini Philippe-Antoine Merlin (Merlin de Douai) e Louis-Marie de La Revellière - Lépeaux furono spinti alle dimissioni, sebbene un antigiacobino di lunga data, popolarmente noto per la sua astuzia, è sopravvissuto al colpo di stato del giorno; furono sostituiti dal barone giacobino Jean-François-Auguste Moulin e dal non giacobino, o giacobino 'debole', Ruggero Ducas. I tre nuovi direttori erano generalmente visti dall'élite antigiacobina della Francia come non entità, un "depresso" se mai ce ne fosse stato uno, ma quella stessa élite poteva trovare conforto nel sapere che il Direttorio di cinque uomini era ancora in mani antigiacobine, ma a maggioranza ridotta.

Qualche altro disastro militare, insurrezioni monarchiche nel sud, disordini di Chouan in una dozzina di dipartimenti della parte occidentale della Francia (principalmente in Bretagna, Maine e infine in Normandia), intrighi orleanisti e la fine divenne certa. Al fine di calmare la popolazione e proteggere la frontiera, più delle solite misure terroristiche della Rivoluzione francese (come la legge sugli ostaggi) era necessario. Il nuovo governo del Direttorio, guidato dall'antigiacobino Sieyès, decise che la necessaria revisione della costituzione avrebbe richiesto "una testa" (la sua) e "una spada" (un generale per sostenerlo). Jean Victor Moreau essendo irraggiungibile come la sua spada, Sieyès prediligeva Barthélemy Catherine Joubert; ma, quando Joubert fu ucciso nella battaglia di Novi (15 agosto 1799), si rivolse al generale Napoleone Bonaparte.

Sebbene Guillaume Marie Anne Brune e André Masséna vinsero le battaglie di Bergen e di Zurigo, e sebbene gli alleati della seconda coalizione si attardassero sulla frontiera come avevano fatto dopo la battaglia di Valmy, le fortune del Direttorio non furono ripristinate. Il successo fu riservato a Bonaparte, che sbarcò improvvisamente a Fréjus con il prestigio delle sue vittorie in Oriente, e ora, dopo la morte di Hoche (1797), si presentava come unico padrone degli eserciti.

Nel colpo di stato del 18 Brumaio anno VIII (9 novembre 1799), Napoleone si impadronì del potere parlamentare e militare francese con un duplice colpo di stato, costringendo i direttori in carica del governo a dimettersi. Nella notte del 19 Brumaio (10 novembre 1799) un residuo del Consiglio degli Antichi abolì la Costituzione dell'Anno III, ordinò il Consolato, e legalizzò il colpo di Stato a favore di Bonaparte con la Costituzione dell'Anno VIII.

Il golpe iniziale del 18 Brumaio sembrava essere una vittoria per Sieyès, più che per Bonaparte. Sieyès era un sostenitore di un nuovo sistema di governo per la Repubblica, e il colpo di stato inizialmente sembrava certo di mettere in vigore il suo sistema. L'abilità di Bonaparte stava nel contrapporre il piano di Pierre Claude François Daunou a quello di Sieyès, e nel conservare solo quelle parti di ciascuno che potevano servire alla sua ambizione.

Il nuovo governo era composto da tre assemblee parlamentari: il Consiglio di Stato che redigeva i disegni di legge, il Tribunale che non poteva votare i disegni di legge ma li discuteva, e il Corps législatif, i cui membri non potevano discutere i disegni di legge ma li votavano dopo averli esaminati. verbale del dibattito del Tribunale. Il Sénat conservatore era un organismo governativo pari alle tre assemblee legislative summenzionate e verificava i progetti di legge e consigliava direttamente il Primo Console sulle implicazioni di tali disegni di legge. L'autorità esecutiva suprema era conferita a tre consoli, eletti per dieci anni. Il suffragio popolare fu mantenuto, anche se mutilato dalle liste dei notabili (su cui i membri delle Assemblee dovevano essere scelti dal Senato). I quattro organi di governo sopra menzionati furono mantenuti ai sensi della Costituzione dell'anno XII, che riconobbe Napoleone come sovrano imperatore di Francia, ma i loro rispettivi poteri furono notevolmente diminuiti.

Napoleone pose il veto all'idea originale di Sieyès di avere un unico Grande Elettore come supremo esecutivo e Capo di Stato. Sieyès aveva intenzione di riservarsi questa importante posizione e, negandogli l'incarico, Napoleone contribuì a rafforzare l'autorità dei consoli, carica che avrebbe assunto. Né Napoleone si accontentava semplicemente di far parte di un uguale triumvirato. Col passare degli anni si sarebbe mosso per consolidare il proprio potere come Primo Console, e avrebbe lasciato gli altri due consoli, Jean Jacques Régis de Cambacérès e Charles-François Lebrun, così come le Assemblee, deboli e sottomesse.

Consolidando il potere, Bonaparte riuscì a trasformare la costituzione aristocratica di Sieyès in una dittatura inconfessata .

Il 7 febbraio 1800 un referendum pubblico confermò la nuova costituzione. Ha conferito tutto il potere reale nelle mani del Primo Console, lasciando solo un ruolo nominale per gli altri due consoli. Secondo i risultati diffusi, il 99,9% degli elettori ha approvato la mozione.

Sebbene questa quasi unanimità sia certamente messa in discussione, Napoleone era sinceramente popolare tra molti elettori e, dopo un periodo di conflitti, molti in Francia furono rassicurati dalle sue offerte di pace abbaglianti ma senza successo alla vittoriosa Seconda Coalizione, il suo rapido disarmo di La Vandea e il suo discorso sulla stabilità del governo, l'ordine, la giustizia e la moderazione. Dava a tutti la sensazione che la Francia fosse di nuovo governata da un vero statista e che finalmente fosse in carica un governo competente.

Bonaparte doveva ora liberarsi di Sieyès e di quei repubblicani che non avevano alcun desiderio di consegnare la repubblica a un solo uomo, in particolare di Moreau e Masséna, suoi rivali militari. La vittoria di Marengo (14 giugno 1800) momentaneamente in bilico, ma assicurata da Desaix e Kellermann, offrì un'ulteriore opportunità alla sua ambizione aumentandone la popolarità. Il complotto monarchico della rue Saint-Nicaise del 24 dicembre 1800 gli permise di fare piazza pulita dei repubblicani democratici, che nonostante la loro innocenza furono deportati nella Guyana francese . Ha annullato le Assemblee e ha fatto ilSenato onnipotente in materia costituzionale.

Il Trattato di Lunéville, firmato nel febbraio 1801 con l'Austria (che era stata disarmata dalla vittoria di Moreau a Hohenlinden ), riportò la pace in Europa, diede quasi tutta l'Italia alla Francia e permise a Bonaparte di eliminare dalle Assemblee tutti i capi dell'opposizione nella discussione del codice civile . Il Concordato del 1801, redatto non nell'interesse della Chiesa ma in quello della propria politica, dando soddisfazione al sentimento religioso del Paese, gli permise di abbattere la Chiesa democratica costituzionale, di stringere intorno a sé le coscienze dei contadini, e soprattutto privare i realisti della loro arma migliore. Gli articoli Organiques nascose agli occhi dei suoi compagni d'armi e consiglieri una reazione che, di fatto se non di diritto, restituiva a una Chiesa sottomessa, spogliata delle sue rendite, la sua posizione di religione di Stato.

La pace di Amiens (25 marzo 1802) con il Regno Unito, di cui gli alleati della Francia, la Spagna e la Repubblica Batava, pagarono tutte le spese, diede finalmente al pacificatore un pretesto per dotarsi di un consolato, non per dieci anni ma per tutta la vita, come compenso della nazione. Il Rubicone è stato attraversato in quel giorno: Bonaparte march ‘s per l'impero è iniziato con la costituzione dell'anno X del 16 termidoro o 4 ago 1802.

Il 2 agosto 1802 (14 Termidoro, An X), si tenne un secondo referendum nazionale, questa volta per confermare Napoleone come "primo console a vita". [4] Ancora una volta, un voto ha ottenuto un'approvazione del 99,7%.

Quando Napoleone aumentò il suo potere, prese in prestito molte tecniche dell'Ancien Régime nella sua nuova forma di governo unipersonale. Come la vecchia monarchia, reintrodusse i plenipotenziari, metodi amministrativi e burocratici eccessivamente centralizzati e strettamente utilitaristici, e una politica di scolastica servile e pedante nei confronti delle università della nazione. Ha costruito o consolidato i fondi necessari per le istituzioni nazionali, i governi locali, un sistema giudiziario, organi finanziari, bancari, codici, tradizioni di forza lavoro coscienziosa e ben disciplinata.

La Francia godette di un alto livello di pace e ordine sotto Napoleone che contribuì ad elevare lo standard di comfort. Prima di questo, Parigi aveva spesso sofferto la fame e la sete, e mancava di fuoco e luce, ma sotto Napoleone le provviste divennero a buon mercato e abbondanti, mentre il commercio prosperava e i salari aumentavano. Lo sfarzo e il lusso dei nuovi ricchi si esibivano nei salotti della buona Joséphine, della bella Madame Tallien e della "divina" Juliette Récamier .

Nel rafforzare la macchina dello stato, Napoleone creò l'ordine d'élite della Légion d'honneur (La Legion d'onore), il Concordato e ripristinò le imposte indirette, un atto visto come un tradimento della Rivoluzione.

Napoleone fu in gran parte in grado di sedare il dissenso all'interno del governo espellendo i suoi critici più accesi, come Benjamin Constant e Madame de Staël . La spedizione a Santo Domingo ridusse a zero l'esercito repubblicano. La guerra costante aiutò a demoralizzare e disperdere i capi dell'esercito, che erano gelosi del loro "compagno" Bonaparte . L'ultima grande sfida all'autorità di Napoleone venne da Moreau, che fu compromesso in un complotto monarchico; anche lui fu mandato in esilio.

Contrariamente all'opposizione dei senatori e dei generali repubblicani, la maggioranza del popolo francese rimase acritica nei confronti dell'autorità di Bonaparte . Nessun suggerimento della possibilità della sua morte è stato tollerato. Qui iniziò l'età napoleonica quando divenne ufficiale dello stato francese e istituì il Consolato.

Poiché la presa di Napoleone sul potere politico era ancora debole, i realisti francesi escogitarono un complotto che prevedeva il rapimento e l'assassinio e l'invito a Louis Antoine de Bourbon, duca di Enghien, a guidare un colpo di stato che avrebbe preceduto la restaurazione dei Borbone. monarchia con Luigi XVIII sul trono. Il governo britannico di William Pitt il Giovane aveva contribuito a questa cospirazione realista finanziando un milione di sterline e fornendo il trasporto navale (con la nave del capitano John Wesley Wright) ai cospiratori Georges Cadoudal e al generale Charles Pichegru per il loro ritorno in Francia dall'Inghilterra. Pichegru incontrò Jean Victor Marie Moreau, uno dei generali di Napoleone ed ex protetto di Pichegru, il 28 gennaio 1804. Il giorno successivo, un agente segreto britannico di nome Courson fu arrestato e lui, sotto tortura, confessò che Pichegru, Moreau e Cadoudal stavano cospirando per rovesciare il Consolato. Il governo francese ha cercato maggiori dettagli su questo complotto arrestando e torturando Louis Picot, il servo di Cadoudal . Gioacchino Murat ordinò di chiudere le porte della città di Parigi dalle 19:00 alle 6:00, mentre Pichegru e Moreau furono arrestati durante il mese successivo.

Questi ulteriori arresti rivelarono che la cospirazione realista avrebbe infine comportato la partecipazione attiva del Duca di Enghien, che era un principe borbonico relativamente giovane e quindi un altro possibile erede di una monarchia borbonica restaurata. Il duca, a quel tempo, viveva come emigrato francese nel futuro Granducato di Baden, ma allora ancora l' Elettorato di Baden del 1803-1806, ma mantenne anche una casa in affitto a Ettenheim, che era vicino al confine francese. Forse su sollecitazione di Talleyrand, ministro degli esteri di Napoleone, e Fouché, NapoleoneIl ministro della polizia che aveva avvertito che "l'aria è piena di pugnali", il Primo Console arrivò alla conclusione politica che il Duca doveva essere trattato. Duecento soldati francesi attraversarono il confine, circondarono la casa del duca a Baden e lo arrestarono.

Sulla via del ritorno in Francia d'Enghien affermò che "aveva giurato odio implacabile contro Bonaparte e contro i francesi; avrebbe approfittato di ogni occasione per far loro guerra".

Dopo tre complotti per assassinarlo e l'ulteriore finanziamento di una presunta insurrezione a Strasburgo, Napoleone ne ebbe abbastanza. Sulla base di d'Enghien che sono stati sequestrati nella sua casa in Germania e del materiale della polizia, d'Enghien è stato accusato di cospiratore in tempo di guerra ed è stato sottoposto a un tribunale militare. Gli fu ordinato di essere processato da un tribunale di sette colonnelli a Vincennes.

D'Enghien durante il suo interrogatorio in tribunale disse loro che veniva pagato £ 4.200 all'anno dall'Inghilterra "per combattere non la Francia ma un governo al quale la sua nascita lo aveva reso ostile". Inoltre, ha dichiarato che "ho chiesto all'Inghilterra se potevo servire nei suoi eserciti, ma lei ha risposto che era impossibile: dovevo aspettare sul Reno, dove avrei avuto una parte da recitare immediatamente, e infatti stavo aspettando".

D'Enghien fu giudicato colpevole di aver violato l'articolo 2 di una legge del 6 ottobre 1791, vale a dire, "Ogni congiura e complotto volto a turbare lo Stato con la guerra civile e ad armare i cittadini gli uni contro gli altri o contro l'autorità legittima, sarà punito con la morte." Fu giustiziato nel fossato della fortezza di Vincennes.

Le conseguenze non hanno causato quasi un'increspatura in Francia, ma all'estero ha prodotto una tempesta di rabbia. Molti di coloro che erano stati favorevoli o neutrali nei confronti di Napoleone ora si rivoltarono contro di lui. Ma Napoleone si assunse sempre la piena responsabilità di aver consentito l'esecuzione e continuò a credere che, a conti fatti, aveva fatto la cosa giusta.

Le infinite cospirazioni contro la vita di Bonaparte iniziarono a sollevare la preoccupazione che la Repubblica sarebbe crollata poco dopo la sua morte, seguita dalla restaurazione dei Borboni, dalla dittatura militare o dai Giacobini con la loro ghigliottina. Fouché suggerì a Napoleone di creare un titolo ereditario per cementare la sua eredità e ridurre la probabilità che il regime cambiasse alla sua morte. Napoleone era inizialmente riluttante ad accettare il titolo. Tuttavia, alla fine fu convinto a farlo, a condizione che il potere venisse dal popolo, non per diritto divino. Il 18 maggio 1804 il Senato approvò un disegno di legge che introduceva l' Impero francese, con Napoleone come imperatore. La cerimonia di incoronazione ebbe luogo il 2 dicembre 1804, quando Napoleone si incoronò a imperatore dei francesi, fondando l'Impero.