La
terza coalizione
fu un'alleanza militare creata nel
1805 da Gran Bretagna, Impero austriaco, Impero russo, Regno di
Napoli, Regno di Sicilia e Svezia contro la Francia, allo scopo di
sconfiggere Napoleone Bonaparte, divenuto imperatore dei francesi il
2 dicembre 1804, distruggere il sistema di predominio francese
sull'Europa centro-meridionale e restaurare le vecchie monarchie
dell'Antico regime, deposte durante le guerre rivoluzionarie.
La guerra sul continente, preceduta fin
dal 1803 dal nuovo conflitto tra Gran Bretagna e Francia dopo la
rottura della breve pace di Amiens, si concluse alla fine di dicembre
1805 con la schiacciante vittoria di Napoleone sugli austriaci e i
russi e con la pace di Presburgo che accrebbe ancora il predominio
francese in Europa; tuttavia la Gran Bretagna rafforzò il suo
dominio marittimo e poté continuare ad opporsi militarmente e
politicamente all'Impero napoleonico anche dopo la dissoluzione della
coalizione.
Il 25 marzo 1802 il trattato di Amiens
aveva messo ufficialmente fine alle guerre rivoluzionarie, stabilendo
un provvisorio intervallo di pace generale in Europa; anche la Gran
Bretagna aveva accettato di concludere un accordo con la Francia
guidata, dopo il lungo periodo rivoluzionario, dal Primo console
Napoleone Bonaparte. Il governo britannico guidato dal primo ministro
Henry Addington sembrava deciso - nonostante le molte critiche
ricevute in patria per aver concluso un accordo che appariva
sostanzialmente favorevole alla Francia - ad avviare un periodo di
pace, contando di poter migliorare la situazione economica delle
isole dopo l'auspicata riapertura dei porti continentali alle merci
inglesi.
Non era invece negli intenti di
Bonaparte favorire i commerci britannici sul continente; preoccupato
di salvaguardare l'agricoltura e i prodotti francesi, il Primo
console non solo non revocò le proibizioni stabilite dal Direttorio
contro i prodotti inglesi, ma incrementò i diritti doganali e la
tassazione sui prodotti coloniali. Egli respinse anche la richiesta
britannica di tornare al trattato di commercio del 1786. Oltre a
continuare la guerra economica contro la Gran Bretagna, Bonaparte
inoltre intraprese una aggressiva politica di espansione coloniale
che non poteva che irritare e preoccupare i britannici.
Era negli ambiziosi progetti del Primo
console ristabilire il potere francese nelle Americhe; una spedizione
al comando del generale Charles Leclerc, venne inviata a San Domingo
dove arrestò e deportò il 7 aprile 1802 Toussaint Louverture, il
generale Antoine Richepanse rioccupo le Piccole Antille, si parlò di
grandi progetti in Louisiana dove era previsto l'invio di una
spedizione guidata dal generale Victor. Alleati della Spagna, i
francesi potevano prendere il dominio del Golfo del Messico. In
realtà in breve tempo questi programmi di Bonaparte incontrarono
grandi difficoltà; a San Domingo esplose una rivolta generale della
popolazione di colore a causa del ristabilimento della schiavitù, e
il corpo di spedizione francese, decimato dalla febbre gialla,
dovette arrendersi il 19 novembre 1803. Inoltre Bonaparte,
sollecitato dalle pressioni degli Stati Uniti, che minacciarono di
allearsi con la Gran Bretagna in caso di ripresa della guerra, decise
di cedere la Louisiana e l'accordo venne concluso con gli
statunitensi il 3 maggio 1803.
Il 26 giugno 1802 anche l'Impero
Ottomano aveva concluso la pace con la Francia, concedendo il
transito degli stretti; Bonaparte si accinse quindi a sviluppare
progetti di espansione anche in Oriente. Vennero riaperti i consolati
del Levante, a Tripoli, Tunisi e Algeri, manovre francesi vennero
segnalate in Morea, a Giannina in Serbia, soprattutto venne ripreso
il progetto di espansione in Egitto. Alla fine di agosto 1802 il
generale Horace Sébastiani venne inviato in questo paese, da dove si
recò anche in Siria; nel gennaio 1803, in contemporanea con il
completamento dell'evacuazione delle truppe britanniche dall'Egitto,
Sebastiani inviò rapporti ottimistici sulle possibilità di
riconquistare la regione. Bonaparte non si limitò a queste mosse
aggressive; sembrò addirittura intenzionato a minacciare le Indie.
Il 6 marzo 1803 il generale Charles Decaen partì per l'India con uno
stato maggiore per inquadrare truppe indigene; il generale
Jean-Baptiste Cavaignac si recò a Mascate. I britannici, molto
preoccupati per queste manovre francesi, ritennero indispensabile
prendere precauzioni e, tra l'altro, non abbandonarono Malta, come
pure era previsto dal trattato di Amiens.
Il governo Addington era ancor più
irritato per la nuova espansione francese in Europa; pur avendo
evacuato i porti del Regno di Napoli e dello Stato Pontificio,
Bonaparte non evacuò i Paesi Bassi e nell'estate 1802 annetté alla
Francia l'isola d'Elba, il Piemonte e Parma. Soprattutto il Primo
console intervenne in Svizzera imponendo l'Atto di mediazione del 19
febbraio 1803, mentre il generale Michel Ney occupava il paese con un
corpo di truppe. Con questo documento Bonaparte si faceva garante
dell'indipendenza e della cantonizzazione della Svizzera che però
sarebbe rimasta priva di forze armate e avrebbe concluso un trattato
di alleanza cinquantennale con la Francia. Infine in Germania il
recesso del Reichstag del 25 febbraio 1803, il
Reichsdeputationshauptschluss, che stabiliva la riorganizzazione
generale e le compensazioni degli stati tedeschi dopo il passaggio
della Renania alla Francia, sanzionò la crescente influenza
francese. Gli stati della Germania meridionale si affiancarono alla
Francia, mentre l'Austria perse gran parte del suo potere; lo zar
Alessandro I apparentemente aveva agito in accordo con Bonaparte ma
in realtà fin dal 10 giugno 1802 aveva incontrato il re di Prussia
Federico Guglielmo III e sua moglie Luisa, per discutere i nuovi
assetti tedeschi che preoccupavano molto anche la Prussia.
Tutti questi avvenimenti convinsero il
governo britannico che le possibilità di una pace duratura erano
scarse e che fosse necessario prendere energiche iniziative prima di
un eccessivo rafforzamento della Francia; fin dal 27 ottobre 1802 il
ministro degli esteri Lord Hawkesbury aveva proposto un accordo
antifrancese alla Russia. Alessandro non accolse subito la proposta
britannica ma le manovre francesi in oriente irritavano molto anche
lo zar che intendeva riprendere i grandiosi progetti espansionistici
del padre Paolo I. L'8 febbraio 1803 lo zar consigliò quindi alla
Gran Bretagna di non riconsegnare Malta. Il rifiuto britannico di
abbandonare l'isola provocò subito violenti contrasti con la
Francia. Dopo aspri scontri nei colloqui tra Bonaparte e
l'ambasciatore britannico Charles Whitworth, il 15 marzo 1803 la Gran
Bretagna richiese ufficialmente il possesso di Malta per dieci anni
in compensazione dell'espansionismo francese. Bonaparte sembra che
prevedesse la guerra solo nell'autunno 1804 e fu sorpreso dalla
improvvisa rigidità inglese; l'11 marzo il Primo console richiese la
mediazione dello zar, ma il 26 aprile Whitworth presentò un
ultimatum e il 12 maggio la Gran Bretagna ruppe le relazioni
diplomatiche e l'ambasciatore lasciò Parigi. Senza formale
dichiarazione di guerra, le navi britanniche catturarono in alto mare
il naviglio mercantile francese, dando inizio al nuovo conflitto
anglo-francese che sarebbe proseguito ininterrottamente fino al 1815.
Inizialmente la guerra riprese
soprattutto a livello commerciale e navale. Dopo gli attacchi alle
navi mercantili, Bonaparte rispose con l'arresto e l'internamento dei
sudditi nemici presenti nei territori controllati dalla Francia. Sul
mare la Royal Navy, disponendo della netta superiorità numerica,
raggiunse immediatamente il predominio; i porti francesi furono di
nuovo bloccati, il commercio coloniale francese interrotto e i
britannici rioccuparono senza difficoltà Santa Lucia, Tobago, e la
Guyana olandese. La ripresa della guerra commerciale con la Gran
Bretagna mise in difficoltà l'economia francese; gli stati vassalli,
Portogallo, Spagna e Paesi Bassi, dovettero contribuire
finanziariamente allo sforzo bellico francese. Sul continente, per
bloccante il commercio nemico, Bonaparte inviò guarnigioni a
Flessinga e nel Brabante olandese, i porti del Regno di Napoli furono
rioccupati dal generale Laurent Gouvion-Saint-Cyr; il generale
Édouard Mortier a maggio 1803 invase con un corpo di truppe
l'Hannover e raggiunse Cuxhaven e Meppen.
Bonaparte, dopo il fallimento della
rivolta irlandese di Thomas Russell e Robert Emmet, si decise a
riprendere in considerazione i vecchi progetti di sbarco in
Inghilterra per portare la guerra ad una rapida decisione; gran parte
dell'esercito francese venne quindi raggruppato al campo di Boulogne
dove il 2 dicembre 1803 venne denominato Armée d'Angleterre. Si
intrapresero vasti preparativi per costituire il naviglio necessario
per il suo trasporto oltre la Manica; entro il 1804 oltre 1.700
chiatte, su cui si prevedeva di trasportare le truppe e i materiali
necessari, furono quindi concentrate, nonostante gli interventi delle
navi britanniche, a Boulogne e nei porti vicini, ma l'ammiraglio
Eustache Bruix, assegnato al comando, mise in guardia sui pericoli di
una traversata del canale senza avere preventivamente distrutto o
allontanato le squadre navali nemiche dalla zona. Bonaparte quindi,
nonostante l'inferiorità numerica e qualitativa della sua flotta
rispetto alle forze navali britanniche, progettò di organizzare una
serie di complesse manovre delle sue squadre navali per impegnare la
flotta nemica e impedirle di intervenire nella Manica.
I porti francesi principali erano
sorvegliati dalle squadre britanniche ma solo a Brest l'ammiraglio
William Cornwallis bloccava la squadra francese dell'ammiraglio
Honoré Ganteaume, impedendogli di uscire; a Rochefort e Tolone, al
contrario, le navi francesi, non essendo controllate da vicino, erano
in grado di prendere il largo senza difficoltà.
I minacciosi preparativi francesi al
campo di Boulogne ed i pericoli di un'invasione allarmarono
fortemente i dirigenti britannici e provocarono un intenso movimento
di patriottismo tra la popolazione delle isole; per rafforzare la
direzione della guerra il governo Addington si dimise nell'aprile
1804 e venne costituito un esecutivo guidato nuovamente da William
Pitt che cercò di rafforzare le difese terrestri e potenziare la
resistenza nazionale al possibile invasore. Mentre Pitt sviluppava i
contatti con le potenze continentali per costituituire una nuova
coalizione antifrancese, l'esercito britannico incrementò le riserve
addestrate organizzando una milizia volontaria e una additional force
reclutata per sorteggio; le forze navali furono lentamente
incrementate fino a 115 navi di linea e l'Ammiragliato passò sotto
la guida di Lord Barham che dimostrò efficienza e coordinò con
abilità le squadre navali.
Nonostante il rafforzamento militare
della Gran Bretagna, Bonaparte sembrò deciso a tentare l'invasione;
nell'agosto 1804 si recò a Boulogne per ispezionare e galvanizzare
l'armata; in questa occasione il 16 agosto 1804 vennero consegnate le
insegne della Legion d'onore. Sopraggiunsero però nuove difficoltà:
i preparativi organizzativi erano in ritardo, gli ammiragli più
esperti, Bruix e Louis Latouche-Treville morirono, sul continente si
moltiplicarono i segnali della costituzione di una nuova coalizione
antifrancese. La posizione francese sembrò invece rafforzarsi nel
dicembre 1804 quando la Spagna, i cui bastimenti erano stati
catturati dalle navi britanniche, entrò in guerra contro la Gran
Bretagna, apportando un prezioso contributo navale. Bonaparte decise
quindi di attivare il suo piano per concentrare tutte le squadre
navali alle Antille dove avrebbero attirato la flotta britannica,
prima di ritornare rapidamente sulla Manica e liberare il passo alle
chiatte per trasportare l'armata francese in Inghilterra.
A causa di difficoltà pratiche,
dell'inferiorità delle navi francesi e delle modeste qualità dei
comandanti delle squadre, il complicato piano sarebbe finito in un
totale fallimento. L'ammiraglio Charles Villeneuve, comandante della
squadra di Tolone, dopo aver raggiunto inutilmente la Martinica il 14
maggio 1805, ritornò indietro inseguito dalla squadra
dell'ammiraglio Horatio Nelson. Dopo aver subito perdite alla
battaglia di Capo Finisterre contro la squadra dell'ammiraglio Robert
Calder, l'ammiraglio Villeneuve si ritirò prima a El Ferrol e quindi
il 18 agosto a Cadice, dove venne bloccato dalle squadre degli
ammiragli Cornwallis e Calder. A questa data le operazioni navali
erano ormai inutili dato che Napoleone decise il 24 agosto 1805 di
abbandonare i suoi piani di sbarco in Inghilterra e, di fronte
all'imminenza dell'attacco delle potenze continentali, trasferire in
massa l'esercito, ridenominato Grande Armata, da Boulogne sul fronte
del Reno e del Danubio.
Il 28 settembre l'ammiraglio Nelson
raggiunse le altre squadre a Cadice e assunse il comando;
l'ammiraglio Villeneuve, sollecitato da Napoleone a prendere
l'iniziativa e attaccare Napoli dove stava per sbarcare un corpo di
spedizione anglo-russo, decise di uscire da Cadice con la sua flotta
franco-spagnola al completo, ma venne intercettato il 21 ottobre 1805
e completamente sconfitto al capo Trafalgar. La maggior parte delle
navi vennero catturate o affondate e l'ammiraglio cadde prigioniero.
La battaglia segnava una svolta decisiva della guerra tra Francia e
Gran Bretagna, suggellando il dominio britannico dei mari e impedendo
per molto tempo ogni possibilità da parte di Napoleone di riprendere
i piani di sbarco in Inghilterra.
Le scelte politiche di Bonaparte in
Europa preoccupavano e irritavano straordinariamente anche le potenze
continentali che, nonostante la conclusione della pace, mantenevano
grande ostilità ideologica verso la Francia rivoluzionaria e verso
il suo nuovo capo, di cui parlavano come dell'"usurpatore"
o del "successore di Robespierre". Era soprattutto il nuovo
zar Alessandro I che manifestava un attivismo globale e che, con la
sua personalità affascinante, egocentrica e contraddittoria,
intendeva assumere un ruolo di guida dell'Europa in contrasto con il
progetto egemonico francese. Di fronte alle manovre francesi in
Oriente, lo zar quindi in segreto consigliò alla Gran Bretagna di
non cedere Malta e poi, dopo la richiesta di mediazione di Bonaparte,
propose un nuovo accordo generale in Europa che prevedeva che l'isola
sarebbe passata alla Russia, i britannici avrebbero acquisito
Lampedusa, la Francia avrebbe mantenuto il possesso del Piemonte,
mentre gli stati italiani, quelli tedeschi, la Svizzera e i Paesi
Bassi sarebbero stati neutralizzati. Bonaparte il 29 agosto 1803
respinse nettamente questo piano che avrebbe vanificato tutti i suoi
programmi e avrebbe trasformato lo zar in arbitro del continente, e
in poche settimane i rapporti tra Russia e Francia si deteriorarono
fortemente; i rispettivi ambasciatori furono richiamati.
I tragici fatti del rapimento e della
fucilazione da parte francese del duca di Enghien, di cui si temevano
manovre legittimiste contro il Primo console in connessione con un
congiura ordita da Georges Cadoudal con la connivenza dei generali
Jean-Charles Pichegru e Jean Victor Moreau, avvenuta il 21 febbraio
1804 dopo un'incursione a Ettenheim in territorio tedesco neutrale,
rovinò definitivamente i rapporti tra Russia e Francia. Bonaparte
rispose con sarcastica ironia alle proteste di Alessandro e alla fine
di settembre anche l'incaricato d'affari russo a Parigi, d'Oubril,
lasciò la sua sede, interrompendo formalmente i rapporti diplomatici
tra i due paesi.
Dopo la rottura con Bonaparte,
Alessandro riprese quindi i contatti con il primo ministro Pitt; i
britannici si mostrarono refrattari ai grandiosi progetti di
riorganizzazione generale dello zar, e il 29 giugno 1804 venne
concluso un primo accordo in cui si prevedeva soltanto di togliere il
Belgio e la Renania alla Francia. Mentre l'inviato dello zar
Novosilcev si recava a Londra per ridiscutere l'accordo e
Loveson-Gower arrivava a Pietroburgo, la Svezia si allineò
all'alleanza anglo-russo firmando un accordo con i britannici il 3
dicembre 1804 e con i russi nel gennaio 1805. Le discussioni
continuarono fino all'11 aprile 1805 quando venne firmato un formale
trattato che prevedeva importanti sovvenzioni britanniche alla Russia
collegate al numero di soldati mobilitati. Venne previsto anche un
intervento in Pomerania per rinforzare gli svedesi, e una azione
anglo-russa a Napoli dove la regina Maria Carolina, accesamente
antifrancese, aveva assunto la direzione degli affari e aveva
concluso una convenzione nel novembre 1804. In Sicilia l'ammiraglio
Nelson aveva il pieno controllo della situazione, mentre anche
l'Impero Ottomano venne consultato e si rifiutò di riconoscere
l'impero francese. L'accordo anglo-russo dell'11 aprile 1805
prevedeva di togliere alla Francia le conquiste nei Paesi Bassi e in
Renania, mentre si stabilì che si sarebbe cercato di imporre una
restaurazione della monarchia borbonica.
Per attaccare la Francia sul continente
gli anglo-russi necessitavano di alleati in Germania, ma gli stati
tedeschi meridionali, ostili all'Austria che esercitava pressioni per
il ripristino della sua influenza nel Reichstag, si avvicinarono
invece alla Francia che le proteggeva contro le minacce austriache.
La Baviera si alleò con la Francia il 25 agosto 1805 e il
Württemberg si affiancò di fatto il 5 settembre. La Prussia invece
mostrò grande indecisione; la sua dirigenza politica era divisa tra
un partito francese, guidato da Johann Wilhelm Lombard e da una
fazione vicina alla Russia di cui facevano parte Christian von
Haugwitz e Karl August von Hardenberg e soprattutto la regina Luisa
che esprimeva apertamente la sua simpatia per lo zar e il suo odio
per Bonaparte, "il rifiuto dell'inferno". A luglio 1803 lo
zar aveva proposto a Federico Guglielmo un'alleanza difensiva in caso
di minacce francesi nell'Hannover o sul Weser; un accordo fu concluso
in questo senso il 24 maggio 1804. Ma il Primo console fu molto
abile; intraprese trattative con la Prussia per evitarne l'intervento
e cercare di legarla alla Francia, prospettando la possibilità
dell'acquisizione dell'Hannover, occupato dalle truppe francesi. Le
trattative si prolungarono, Bonaparte guadagnò tempo, evacuò
l'Hannover e impedì il passaggio della Prussia nell'alleanza
anglo-russa.
In un primo tempo anche l'Austria,
nonostante le perdite territoriali sanzionate dal trattato di
Lunéville, sembrava desiderosa di mantenere la pace; la situazione
economica dell'impero era critica, le riforme amministrative e
militari intraprese dall'arciduca Carlo erano solo all'inizio,
l'imperatore Francesco II rimaneva prudente ed anche il cancelliere
Ludwig von Cobenzl manifestava la volontà di collaborare con la
Francia. Tuttavia anche a Vienna erano presenti fautori della guerra
contro la Francia, come Johann von Stadion e George Adam Stahremberg;
gli ambasciatori delle potenze coalizzate premevano per favorire una
decisione austriaca e lo stesso Cobenzl, dopo la rottura della pace
di Amiens, si riavvicinò alla Russia che propose un'alleanza già a
gennaio 1804.
Le nuove decisioni del Primo console in
Francia favorirono la definitiva costituzione della coalizione e
spinsero l'Austria ad intervenire; prendendo a pretesto la recente
congiura di Cadoudal e le costanti minacce alla vita di Bonaparte,
venne approvata il 28 floreale anno XII (18 maggio 1804) una nuova
costituzione, confermata da un plebiscito, che instaurava l'impero in
Francia e creava la carica di "Imperatore dei francesi",
assegnata a Bonaparte con il nome di Napoleone I. L'incoronazione
formale avvenne il 2 dicembre 1804 a Notre-Dame alla presenza del
Papa Pio VII e provocò aspre reazione da parte dei
controrivoluzionari e dei legittimisti europei. In Austria si vide
minacciata, da questo nuovo impero con una nuova dinastia, la
posizione del Sacro Romano Impero Germanico. Inoltre Napoleone
continuò a rafforzare il predominio francese nelle repubbliche
"sorelle": nei Paesi Bassi venne emendata la costituzione
rafforzando i poteri dell'esecutivo guidato da Rutger Jan
Schimmelpenninck, strettamente legato ai francesi; il 9 giugno 1805
venne decisa l'annessione di Genova e della Liguria alla Francia;
soprattutto Napoleone prese l'iniziativa, in connessione con la
costituzione dell'impero, di trasformare la Repubblica italiana in
Regno d'Italia, di cui lui stesso sarebbe stato il re con viceré
Eugenio di Beauharnais. Il 18 marzo 1805 venne approvato un
senatocosulto e il 18 maggio si svolse la cerimonia di incoronazione
a Milano.
Di fronte a questi clamorosi sviluppi
dell'equilibrio europeo il cancelliere Cobenzl modificò la sua
precedente posizione e prese una serie di iniziative antifrancesi;
fin dal 6 novembre 1804 Austria e Russia avevano concluso un trattato
difensivo; inoltre l'arciduca Carlo, dubbioso sull'opportunità di
una nuova guerra, venne sostituito alla testa dell'esercito dal
generale Karl Mack; il 17 giugno il consiglio aulico di Vienna decise
di affiancarsi all'alleanza anglo-russa. Da quel momento la Terza
coalizione divenne una realtà concreta; dopo i colloqui tra i
generali Ferdinand von Wintzingerode e Mack il 16 luglio per
concordare un piano di operazioni, il 28 luglio Gran Bretagna e
Russia ratificarono il trattato d'alleanza e il 9 agosto anche
l'Austria entrò ufficialmente nella coalizione. L'11 settembre alle
potenze si unì il Regno di Napoli, la cui parte continentale del
territorio era occupata dalle truppe francesi del generale
Gouvion-Saint-Cyr.
Teoricamente le potenze della terza
coalizione potevano impegnare nella guerra oltre mezzo milione di
soldati e disponevano quindi di una chiara superiorità numerica
sull'avversario; tuttavia i piani predisposti, complicati e di
difficile coordinamento, provocarono la dispersione di queste
poderose forze. Durante i colloqui del 16 luglio tra i generali
Wintzigenrode e Mack erano stati esaminati in dettaglio i tempi e le
modalità della cooperazione austro-russa sul fronte tedesco. Il
piano adottato prevedeva che in Germania una armata austriaca
costituita da 60.000 soldati, più 11.000 nel Vorarlberg, guidata
dall'arciduca Ferdinando e dal generale Mack attendesse sul Lech,
prima di attaccare, l'arrivo della prima armata russa che, sotto il
comando del generale Mikhail Kutuzov, sarebbe arrivata entro il 20
ottobre e sarebbe stata seguita in breve dalla seconda armata russa
del generale Friedrich von Buxhoeveden. L'Austria diede tuttavia
grande importanza al fronte italiano e sull'Adige venne raggruppata
l'armata dell'arciduca Carlo con 65.000 soldati, appoggiati nel
Tirolo da altri 25.000 uomini dell'arciduca Giovanni.
L'esercito austriaco, ancora in fase di
trasformazione dopo i tentativi di riforma del generale Mack,
rimaneva ancora debole numericamente, scarsamente progredito nelle
tattiche di battaglia e molto disorganizzato sul piano materiale.
Inoltre il generale Wintzigenrode fu prodigo di promesse ma in realtà
il generale Kutuzov portò in Germania solo 38.000 soldati invece dei
50.000 previsti, e il generale Buxhoeveden non arrivò sul campo che
alla fine di novembre. Oltre a queste offensive principali in
Germania e in Italia, le potenze coalizzate progettarono una serie di
altri attacchi secondari nei settori periferici che avrebbero dovuto
permettere di riconquistare importante regione europee e di
schiacciare le forze francesi da tutti i lati. Venne quindi studiata
un'offensiva per riconquistare l'Hannover con 15.000 soldati
britannici che sarebbero sbarcate a Cuxhaven, con 12.000 svedesi in
Pomerania e con 20.000 russi concentrati a Stralsunda. Si previde
anche l'impiego di una terza armata russa di 50.000 soldati che, al
comando del generale Levin von Bennigsen, si sarebbe schierata sulla
Vistola per minacciare la Prussia e spingerla ad intervenire a fianco
della coalizione.
Si progettò inoltre la riconquista
della parte continentale del Regno di Napoli con il corpo di
spedizione britannico del generale James Henry Craig, con forze russe
provenienti da Corfù, con truppe albanesi e con 36.000 soldati
borbonici disponibili in Sicilia. Altre forze russe vennero schierate
a Odessa per intervenire in Moldavia e Valacchia; la Gran Bretagna
infine ipotizzò di effettuare sbarchi sulle coste francesi per
riattivare la rivolta realista chouan.
Questi piani furono intralciati da una
serie di difficoltà ed errori: re Federico Guglielmo di Prussia il
15 luglio rifiutò di accordare il passaggio attraverso la Pomerania
alle truppe anglo-russo-svedesi e non aderì alla coalizione
nonostante le pressioni dello zar Alessandro che minacciò di
ricostituire la Polonia e che il 23 luglio arrivò a Puławy insieme
al suo consigliere polacco Adam Czartoryski. Il corpo di spedizione
britannico del generale Craig fu ritardato a Gibilterra dalla guerra
di squadre che precedette la vittoria di Trafalgar; differenze tra il
calendario gregoriano adottato dagli austriaci e il calendario
giuliano impiegato dai russi provocò un increscioso equivoco sui
tempi di intervento delle truppe dello zar sul Danubio. Inoltre gli
austriaci diedero eccessiva importanza al fronte italiano dove
ritennero che Napoleone avrebbe sferrato la sua offensiva principale
come nel 1796 e 1800.
Fino alla fine di luglio Napoleone non
credette alla formazione di una nuova coalizione ed alla possibilità
di una guerra continentale, solo il 23 agosto si convinse
definitivamente del pericolo e quindi decise di abbandonare i piani
di sbarco in Inghilterra e di attuare un gigantesco movimento
strategico della massa delle sue forze, denominate Grande Armata, dal
campo di Boulogne al Reno. L'imperatore decise di concentrare al
massimo le sue truppe e quindi ordinò al maresciallo Jean-Baptiste
Bernadotte di abbandonare l'Hannover con il I corpo d'armata ed al
generale Auguste Marmont di lasciare i Paesi Bassi con il II corpo ed
affrettarsi verso la Baviera. I piani di Napoleone prevedevano di
raggruppare una massa di 176.000 soldati divisi in sei corpi
d'armata, la riserva di cavalleria e la Guardia imperiale. Il VII
corpo d'armata del maresciallo Pierre Augereau, schierato in Bretagna
sarebbe arrivato in un secondo tempo. Sulle coste della Manica
sarebbe rimasto solo il maresciallo Guillaume Brune con 30.000
soldati.
Mentre la massa delle forze francesi si
sarebbe concentrata sul fronte tedesco per sferrare un colpo decisivo
contro gli austriaci possibilmente prima dell'arrivo dei russi,
Napoleone lasciò sul fronte italiano il maresciallo Andrea Massena,
uno dei suoi più fidati luogotenenti, al comando dell'Armata
d'Italia con solo 42.000 soldati con l'ordine di mantenersi sulla
difensiva in attesa degli sviluppi in Germania. L'imperatore decise
inoltre, per guadagnare tempo e accrescere le forze disponibili, di
trattare una convenzione di sgombero con l'ambasciatore del Regno di
Napoli. L'accordo venne concluso il 21 settembre e quindi le truppe
del generale Gouvion-Saint-Cyr evacuarono il territorio peninsulare e
andarono a rinforzare lo schieramento nell'Italia settentrionale;
truppe francesi entrarono anche in Etruria e occuparono Ancona
nonostante le proteste del Papa.
Napoleone, dopo aver diramato fin dal
13 agosto 1805 i famosi ordini di marcia della Grande Armata
all'intendente generale Pierre Daru che prevedevano già la grande
manovra dalle coste della Manica alla Germania, e dopo aver diretto
le prime fasi del movimento dei vari corpi d'armata, tornò
brevemente a Parigi dove si trovò di fronte a torbide manovre dei
realisti, all'opinione pubblica molto preoccupata per la nuova guerra
e soprattutto ad una grave crisi finanziaria a causa di oscure
transazioni speculative che coinvolgevano la Banca di Francia.
L'esercito subì le conseguenze della crisi economica; i mezzi e i
materiali erano molto carenti, le paghe mancavano, molti soldati
entrarono in campagna con un solo paio di scarpe e con scarso
vettovagliamento, il servizio delle tappe e delle guarnigioni dovette
essere interrotto.
Nonostante queste gravi carenze
organizzative e materiali causate anche da un sistema di intendenza e
di forniture inefficiente e corrotto, la Grande Armata avrebbe dato
prova durante la campagna di grande combattività e di una
stupefacente rapidità di movimento. I soldati, pur poco riforniti,
spesso indisciplinati, dediti al saccheggio nei territori occupati
per colmare le carenze di vettovagliamento, erano tuttavia molto
esperti dopo le guerre rivoluzionarie, agguerriti, in grado di
effettuare le improvvise marce forzate richieste dalla strategia
napoleonica, con un morale molto alto dopo le precedenti vittorie e
convinti della propria superiorità di cittadini della "Grande
nazione" di fronte agli eserciti mercenari dell'antico regime.
Gli ufficiali e i sottufficiali, provenienti anch'essi dai ranghi
inferiori, erano molto coraggiosi e motivati dalla speranza
dell'elevazione sociale e materiale consentita dal sistema
dell'uguaglianza e della promozione per merito.
Napoleone aveva migliorato durante i
pochi anni di pace l'efficienza e le capacità di impiego operativo
degli eserciti rivoluzionari attraverso l'organizzazione dei corpi
d'armata, grandi formazioni costituite da 2-4 divisioni con
artiglieria e cavalleria di riserva in grado di sostenere
temporaneamente uno scontro anche contro forze superiori, che
permettevano la grande flessibilità della strategia napoleonica.
Comandati dai suoi generali, quasi tutti elevati al rango di
maresciallo di Francia, questi corpi d'armata avrebbero consentito
all'imperatore durante la prima parte della campagna del 1805 di
dominare grandi spazi con la sua tecnica di marcia separata ma
coordinata, serrando progressivamente gli eserciti nemici in una zona
sempre più ristretta prima del concentramento generale per sferrare
l'attacco decisivo.
| «L'imperatore ha vinto con le nostre gambe» |
(Espressione usata dai
soldati francesi per evidenziare la decisiva velocità della marcia
forzata della Grande Armata durante la campagna del 1805)
Inizialmente Napoleone aveva previsto
di concentrare la Grande Armata in Alsazia; ma, tra il 24 ed il 28
agosto, decise per accelerare i tempi della marcia e favorire il
congiungimento dei corpi d'armata provenienti da Boulogne con il I
corpo del maresciallo Bernadotte e il II corpo del generale Marmont
che scendevano da nord, di marciare direttamente verso il Palatinato.
La marcia si effettuò secondo un programma rigidamente stabilito,
ogni corpo diresse le sue divisioni su strade differenti, in
ventiquattro marce venne previsto l'arrivo della Grande Armata fino
al Reno tra Mannheim e Strasburgo. I soldati francesi effettuarono
una impressionante marcia di 35-40 chilometri al giorno; alcuni
reparti percorsero fino a settecento chilometri a piedi. Nonostante
le carenze dei fornitori e dell'organizzazione, la manovra, ideata da
Napoleone fin nei dettagli nell'ordine di operazioni del 13 agosto,
ebbe completo successo. L'imperatore arrivò a Strasburgo il 26
settembre e assunse il comando, mentre dal 24 settembre l'armata
aveva iniziato ad attraversare il Reno.
L'arciduca Ferdinando, comandante
nominale dell'esercito austriaco in Germania, temendo di esporre le
sue truppe, in un primo momento aveva proposto di mantenere l'armata
concentrata dietro il Lech e attendere l'arrivo dei russi del
generale Kutuzov, ma il generale Mack, sottovalutando fortemente la
consistenza numerica delle forze francesi che Napoleone avrebbe
potuto schierare sul Reno, lo convinse ad avanzare subito fino alla
Foresta Nera. L'11 settembre 1805 l'armata austriaca quindi superò
il fiume Inn e invase la Baviera senza incontrare molta resistenza;
l'esercito bavarese si ritirò a nord dietro il fiume Meno.
Napoleone attraversò il Reno tra
Mannheim e Strasburgo con quattro corpi d'armata dal 25 settembre
1805 e quindi diresse le sue forze, coperte dalla cavalleria del
maresciallo Gioacchino Murat, verso il Danubio mentre da nord
marciavano i corpi del generale Marmont e del maresciallo Bernadotte
che, per accelerare il suo movimento, attraversò su ordine
dell'imperatore il territorio prussiano di Ansbach. La Grande Armata
effettuò la manovra a nord del Danubio con rapidità e Napoleone,
appreso che il grosso degli austriaci era raggruppato a Ulma,
concentrò progressivamente le sue forze a valle di Ulma per farle
attraversare il fiume inotrno a Donauwörth. Il 2 ottobre l'armata
fece una conversione a destra, su un fronte da Ansbach a Stoccarda,
puntando decisamente sulle retrovie austriache, Il 6 ottobre i
francesi erano raggruppati sulla linea Ingolstadt-Donauwörth e
Napoleone poté dare ordine di iniziare ad attraversare il Danubio.
I corpi francesi attraversarono dal 7
ottobre il fiume senza incontrare resistenza; il generale Mack,
sorpreso dall'improvviso concentramento nemico a nord del Danubio,
aveva infatti deciso di concentrare le sue forze a Ulma senza cercare
di rallentare i movimenti nemici; la marcia austriaca si effettuò
con difficoltà e l'8 e il 9 ottobre due formazioni furono sconfitte
in scontri d'avanguardia a Wertingen e Günzburg. Napoleone, non
trovando opposizione alle sue manovre, ipotizzò che il generale Mack
avesse deciso di ripiegare, e decise quindi, per evitare una ritirata
austriaca verso sud o verso est, di dispiegare su ampio fronte i suoi
corpi d'armata per coprire tutte le possibili direzioni. mentre il
III corpo del maresciallo Louis-Nicolas Davout e il I corpo del
maresciallo Bernadotte si diressero verso Monaco e l'Isar per
proteggere le spalle dell'esercito in caso di intervento dei russi da
est, il grosso della Grande Armata, con il IV corpo del maresciallo
Nicolas Soult, il II corpo del generale Marmont, il V corpo del
maresciallo Jean Lannes e il VI corpo del maresciallo Michel Ney,
marciò verso ovest in direzione di Ulma e dell'Iller dove Napoleone
si aspettava di combattere la battaglia decisiva. A nord del Danubio
in un primo momento rimase solo la divisione del generale Pierre
Dupont, appartenente al corpo del maresciallo Ney.
La posizione isolata della divisione
del generale Dupont espose le truppe francesi alla manovra
organizzata l'11 ottobre dal generale Mack a nord del Danubio con una
parte delle sue forze; ad Haslach la divisione francese si trovò in
difficoltà e dovette combattere una dura battaglia per respingere
gli austriaci. Il reparto del generale Werneck poté sfuggire a nord
insieme all'arciduca Ferdinando, ma il generale Mack, ingannato dalle
informazioni ricevute sulla marcia del grosso dei francesi verso
l'Iller, che egli interpretò come una manovra di ritirata, decise di
non insistere a nord del Danubio e rientrò con gran parte delle sue
truppe ad Ulma senza avvertire il pericolo di un accerchiamento
generale.
Napoleone, apprese le notizie delle
difficoltà a nord del Danubio, intervenne subito distaccando sulla
riva settentrionale del fiume il VI corpo del maresciallo Ney e la
cavalleria del maresciallo Murat che a Elchingen il 15 ottobre
sconfissero il nemico che quindi rifluì completamente dentro Ulma,
investita ora da tutte le direzioni dai francesi. Il VI corpo
conquistò le alture di Michelsberg, che sovrastano la città, mentre
il maresciallo Lannes marciò su Elchingen e il maresciallo Soult
avanzò da sud-ovest. Il 17 ottobre il generale Mack, ormai
circondato, chiese un armistizio fino al 25, con la clausola che gli
austriaci si sarebbero arresi se non avessero ottenuto rinforzi per
tale data. Senza attendere questa scadenza, il 20 ottobre il generale
Mack, completamente demoralizzato, si arrese direttamente a Napoleone
che ebbe parole di conforto per il comandante nemico che era stato
completamente disorientato dalle manovre dell'imperatore.
Il generale Mack depose le armi insieme
a circa 27.000 soldati, mentre inseguiti, dalla cavalleria del
maresciallo Murat, anche gran parte dei reparti rimasti fuori
dall'accerchiamento vennero progressivamente catturati. Solo pochi
squadroni di cavalleria con l'arciduca Ferdinando e la divisione del
generale Michael von Kienmayer riuscirono a salvarsi; il 18 ottobre
anche il generale Werneck era costretto ad arrendersi; in totale la
Grande Armata catturò oltre 49.000 prigionieri.
I soldati della Grande Armata avevano
completato con successo le manovre e le marce forzate pianificate da
Napoleone, ma le truppe, prive di mezzi e di materiali, esposte alle
intemperie del clima, soffrirono molte privazioni durante questa
campagna; anche se in apparenza la campagna si era svolta con
regolarità e senza incertezze, i reparti, sottoposti a grande
pressione fisica, in parte si disorganizzarono e il disordine si
diffuse nell'esercito.
Napoleone riprese l'offensiva il 26
ottobre; mentre il VI corpo del maresciallo Ney si diresse in Tirolo
per impegnare le truppe dell'arciduca Giovanni, il maresciallo
Augereau, appena arrivato da Brest con il VII corpo, occupò il
Vorarberg; l'imperatore con il grosso dell'armata marciò invece
direttamente contro l'esercito del generale Kutuzov che, appena
arrivato all'Inn e avendo appreso della catastrofe del generale Mack,
aveva iniziato a ripiegare frettolosamente verso est per evitare una
battaglia e congiungersi con i 30.000 soldati russi del generale
Buxhoeveden che erano in avvicinamento dalla Slesia.
Mentre in Italia anche l'arciduca
Carlo, alla notizia del disastro in Baviera, si stava ritirando verso
est inseguito dall'armata d'Italia del Maresciallo Andrea Massena,
Napoleone cercò quindi di agganciare l'esercito russo del generale
Kutuzov per sfruttare il vantaggio strategico raggiunto con il
successo della prima fase della campagna. Le difficoltà geografiche
causate dal terreno irregolare e dalla ristrettezza della valle del
Danubio e l'abilità tattica del comandante russo intralcialciarono
l'inseguimento francese; l'imperatore dovette distaccare una parte
delle sue forze verso il Tirolo e il Vorarlberg, i corpi del generale
Marmont e del maresciallo Davout avanzarono con difficoltà nei
sentieri di montagna, mentre Napoleone organizzò un nuovo corpo
d'armata al comando del generale Édouard Mortier per marciare a nord
del Danubio e tagliare la strada ai russi lungo la riva
settentrionale. Alla fine di ottobre il grosso dell'armata, con il
corpo del maresciallo Lannes e la cavalleria del maresciallo Murat in
testa, attraversò l'Isar mentre i russi acceleravano la loro
ritirata per sfuggire alle manovre nemiche.
L'agganciamento dell'esercito russo non
riuscì; dopo una serie di scontri di retroguardia che permisero al
generale Kutuzov di rallentare l'inseguimento, il maresciallo Murat
si lasciò ingannare a Krems da proposte dilatorie russe di negoziati
che consentirono di guadagnare ulteriore tempo. Il generale Kutuzov
riuscì quindi raggiungere la riva sinistra del Danubio, facendo
saltare dietro di sé i ponti. Inoltre avendo il maresciallo Murat
marciato direttamente su Vienna, il corpo d'armata del generale
Mortier si ritrovò isolato a nord del Danubio e l'11 novembre venne
attaccato a Dürenstein e messo in grave difficoltà dal grosso
dell'esercito russo. La disfatta fu evitata grazie all'arrivo di
rinforzi, ma l'esercito nemico poté proseguire la sua ritirata a
nord di Vienna.
Napoleone fece un nuovo tentativo di
intercettare i russi prima che potesse congiungersi con l'armata del
generale Buxhoeveden; quindi l'imperatore ordinò al maresciallo
Murat di attraversare al più presto il Danubio a Vienna, seguito dai
corpi del maresciallo Lannes e del maresciallo Soult in modo da
prendere il generale Kutuzov di fianco, mentre il corpo del
maresciallo Bernadotte avrebbe attraversato a Melk, per tagliare la
strada a i russi. Il maresciallo Murat entrò a Vienna, abbandonata
dalla corte e dichiarata "città aperta", il 12 novembre e,
insieme al maresciallo Lannes, conquistò i ponti, occupati e minati
dagli austriaci, con uno stratagemma. Tuttavia il maresciallo
Bernadotte attraversò il Danubio solo il 15 novembre e quindi il
generale Kutuzov riuscì a sfuggire ancora all'accerchiamento,
lasciando un retroguardia di 6.000 uomini al comando del generale
Pëtr Bagration. L'armata francese avanzò fino a Brünn in Moravia
(odierna Brno), ma ormai i russi erano in salvo e poterono
ricongiungersi con il resto delle forze austro-russe.
La situazione della Grande Armée
rischiava di diventare pericolosa; le forze francesi si stavano
progressivamente indebolendo a causa del logoramento della campagna
ed inoltre erano ampiamente disperse per coprire tutte le direzioni.
Il VII corpo del maresciallo Augereau, il VI corpo del maresciallo
Ney ed il II corpo del generale Marmont erano impegnati ad occupare e
controllare il Vorarlberg, il Tirolo e la valle della Drava per
evitare un concentramento delle notevoli forze dell'arciduca Carlo e
dell'arciduca Giovanni a sud di Vienna. L'arciduca Carlo aveva
ripiegato dal Veneto su Lubiana per effettuare il raggruppamento ed
era seguito dal grosso della Armata d'Italia del Maresciallo Massena.
Temendo il congiungimento degli arciduchi, Napoleone, per proteggere
la direzione di Vienna da sud, aveva lasciato per il momento nella
capitale il III corpo del maresciallo Davout e il corpo provvisorio
del generale Mortier.
Quindi in Moravia, a est di Brünn, di
fronte alle forze principali nemiche, Napoleone disponeva solo del IV
corpo del maresciallo Soult, del V corpo del maresciallo Lannes,
della cavalleria del maresciallo Murat e della Guardia imperiale,
mentre anche il I corpo del maresciallo Bernadotte era stato
distaccato a nord per sorvegliare la Boemia. L'imperatore sapeva di
essere in inferiorità numerica: di fronte a lui c'era, dopo il
congiungimento delle due armate russe dei generali Kutuzov e
Buxhoeveden e del corpo austriaco del generale von Kienmeyer,
l'armata austro-russa principale, guidata ufficialmente dal generale
Michail Kutuzov, con 100.000 uomini e con la presenza sul campo dello
zar Alessandro I e dell'imperatore Francesco II, con il quartier
generale a Olmütz; era prevedibile inoltre l'arrivo in breve tempo
di una terza armata russa al comando del generale Levin von Bennigsen
proveniente dalla Polonia attraverso la Slesia e la Boemia, dove già
l'arciduca Ferdinando stava riorganizzando le sue forze.
L'evoluzione politica della Prussia era
inoltre fonte di ulteriore preoccupazione per Napoleone;
profondamento irritato dallo sconfinamento delle truppe francesi
attraverso il territorio prussiano del principato di Ansbach, il re
Federico Guglielmo consentì il passaggio dell'esercito russo
attraverso la Slesia e occupò di propria iniziativa l'Hannover. Il
25 ottobre lo zar Alessandro, prima di recarsi presso il suo
esercito, era giunto a Berlino dove era stato accolto con favore
dalla regina Luisa, dalla corte e dai fautori della guerra prussiani,
guidati da Johannes von Müller e Karl von Hardenberg. Il 3 novembre
lo zar ed il re di Prussia conclusero la convenzione segreta di
Potsdam, che prevedeva che la Prussia avrebbe offerto la sua
mediazione tra la Francia e gli austro-russi sulla base del ritorno
alle clausole del trattato di Lunéville; in caso di rifiuto francese
la Prussia sarebbe entrata in guerra a fianco della coalizione,
insieme all'Assia e alla Sassonia. In realtà il re, ancora esitante
e preoccupato da una eventuale guerra, diede disposizione al suo
inviato Christian von Haugwitz di attendere una risposta
dell'imperatore fino al 15 dicembre 1805. L'inviato del re di Prussia
arrivò quindi a Brünn il 28 novembre per comunicare le condizioni
ma Napoleone lo indirizzò a Vienna dove Charles de Talleyrand
ricevette disposizioni di guadagnare tempo in attesa degli imminenti
sviluppi sul campo di battaglia.
Napoleone, pur non conoscendo i
retroscena segreti dei colloqui tra Alessandro e Federico Guglielmo,
era consapevole della necessità di accelerare i tempi e combattere
subito una battaglia decisiva prima della decisione definitiva
prussiana e dell'arrivo della terza armata russa o degli eserciti
degli arciduchi a sud. L'imperatore quindi, non potendo, per mancanza
di forze, proseguire verso Olmütz, progettò di indurre gli
avversari ad attaccarlo subito, simulando di essere in difficoltà e
di temere una battaglia. Dopo alcuni scontri di avanguardia
sfavorevoli ai francesi, Napoleone decise di indietreggiare, di
passare sulla difensiva, di trattare un armistizio; durante i
colloqui del 27 novembre con l'inviato dello zar Dolgorukij,
l'imperatore diede mostra di incertezza e timore, favorendo
l'eccessivo ottimismo dei suoi avversari che, considerando la
situazione favorevole, convinsero lo zar Alessandro, nonostante i
dubbi del generale Kutuzov, a passare subito all'attacco senza
attendere ulteriori rinforzi.
Napoleone inoltre diede ordine al
maresciallo Soult di abbandonare con il IV corpo d'armata
l'importante altura del Pratzen, al centro del suo schieramento, e
ripiegare ad ovest della cittadina di Austerlitz, per invitare ancor
più i suoi nemici a prendere l'iniziativa e attaccarlo; in realtà
l'imperatore stava progettando un piano di battaglia a sorpresa e
aveva richiamato sul campo il I corpo del maresciallo Bernadotte, che
si sarebbe posizionato di riserva alle forze del maresciallo Lannes,
e il III corpo del maresciallo Davout che, a marce forzate da
Presburgo, doveva schierarsi sul fianco destro francese dove
Napoleone si aspettava l'attacco principale degli austro-russi.
Il giorno 1º dicembre le forze
coalizzate raggiunsero le linee difensive francesi, ed il mattino del
2 dicembre 1805 attaccarono il fianco destro nemico, mettendo in
azione un complesso piano di operazioni su varie colonne scarsamente
coordinate, studiato dal generale austriaco Franz von Weyrother e
approvato dallo zar nonostante lo scetticismo del generale Kutuzov;
in questo modo gli austro-russi però sguarnirono, secondo le
previsioni dell'imperatore, le loro linee al centro dello
schieramento sull'altopiano del Pratzen. Mentre il maresciallo Lannes
con il V corpo respingeva gli attacchi secondari sul fianco sinistro
e il maresciallo Davout conteneva con le divisioni del III corpo
d'armata l'offensiva alleata principale sul fianco destro, Napoleone
sferrò quindi di sorpresa con il IV corpo d'armata del maresciallo
Soult l'attacco decisivo sull'altopiano del Pratzen. Mentre la nebbia
del mattino si diradava sotto i raggi del sole, i soldati francesi
del maresciallo Soult salirono l'altipiano, conquistarono la
posizione e sbaragliarono il centro degli austro-russi, frazionando
in due parti l'esercito nemico. Dopo questo successo decisivo, i
francesi presero alle spalle, discendendo dal Pratzen, l'ala sinistra
austro-russa che venne in parte distrutta, mentre l'ala destra si
ritirò con gravi perdite.
La battaglia di Austerlitz si concluse
con la completa sconfitta dei coalizzati e Napoleone raggiunse,
grazie alla sua grande abilità tattica e strategica, la più grande
vittoria della sua carriera. Ad Austerlitz morirono 11.000 russi e
4.000 austriaci, 12.000 uomini furono fatti prigionieri e furono
catturati 180 cannoni e 50 bandiere. I francesi persero 1.305 morti,
6.940 feriti e 573 prigionieri. La vittoria francese provocò
immediatamente sviluppi politici decisivi; lo zar Alessandro, molto
turbato dalla disfatta, abbandonò il campo e ritirò i suoi eserciti
in Polonia, sospendendo la guerra, e l'imperatore Francesco si
affrettò ad incontrare Napoleone ed a concludere un armistizio il 6
dicembre 1805 senza attendere le decisioni della Prussia. Il 7
dicembre l'imperatore incontrò l'inviato prussiano Haugwitz e, con
minacce e intimidazioni, lo costrinse a firmare il 15 dicembre il
trattato di Schönbrunn che prevedeva un'alleanza franco-prussiana e
l'annessione dell'Hannover da parte della Prussia che avrebbe ceduto
Neuchâtel e Ansbach.
La posizione di Napoleone era ora
dominante in Germania, fin dal 7 dicembre egli aveva consolidato
l'alleanza con la Baviera ed il Württemberg; dopo la defezione della
Prussia ed il ritiro della Russia, l'imperatore Francesco dovette
accettare, dopo aver destituito il cancelliere von Cobenzl ed il
consigliere Franz von Colloredo, la Pace di Presburgo che venne
firmata il 26 dicembre. Secondo i termini del trattato, l'Austria
cedeva al Regno d'Italia gli ex territori della Repubblica di Venezia
da essa acquisiti con Trattato di Campoformio del 1797; in Germania
rinunciava al Tirolo e al Vorarlberg che venivano ceduti al Regno di
Baviera. Otteneva però l'arcivescovato di Salisburgo. L'Austria
perdeva così ogni influenza sull'Italia e sulla Germania
meridionale, essendo inoltre gli Asburgo costretti l'anno successivo
a rinunciare al titolo di Imperatore dei Romani.
In Italia il maresciallo Massena aveva
preso l'offensiva nonostante l'inferiorità numerica delle sue forze
schierate sull'Adige per impegnare l'esercito dell'arciduca Carlo e
proteggere il regno; con 42.000 soldati il maresciallo attraversò il
fiume e attaccò le posizioni austriache a Caldiero il 28 ottobre
1805. Dopo duri scontri gli austriaci si ritirarono il 31 ottobre,
abbandonando le retroguardie. L'arciduca Carlo, informato del
disastro a Ulma, decise inizialmente di ritirarsi dietro il
Tagliamento per coprire le forze dell'arciduca Giovanni in Tirolo.
Nelle settimane successive l'arciduca continuò a ritirarsi verso
Lubiana, controllato da vicino dal Massena, secondo le indicazioni di
Napoleone che temeva un ricongiungimento delle forze austriache degli
arciduchi Carlo e Giovanni a sud delle sue posizioni a Vienna.
Nel meridione d'Italia le truppe del
generale Gouvion-Saint-Cyr avevano evacuato il territorio peninsulare
del Regno di Napoli, dopo la convenzione conclusa dalla Francia con
il Regno il 21 settembre, e si erano trasferite in Veneto per
appoggiare l'esercito del maresciallo Massena. Il re Ferdinando IV
aveva confermato l'accordo temendo un intervento della flotta
francese dell'ammiraglio Villeneuve, ma dopo la battaglia di
Trafalgar la regina Maria Carolina decise di affiancarsi decisamente
alla coalizione e il 19 novembre 1805 un corpo di spedizione di
19.000 soldati, comandato dal generale inglese Craig e dal generale
russo Moritz Petrovič Lacy, con truppe britanniche provenienti da
Gibilterra e forze russe trasferite da Corfù, sbarcò a Napoli con
l'intenzione di iniziare un'offensiva terrestre verso nord.
Ma ormai la situazione stava per avere
una evoluzione decisiva a favore della Francia ed era tardi per
sferrare un'offensiva partendo a Napoli; dopo la battaglia di
Austerlitz e il ritiro dello zar Alessandro, i piani di attacco
vennero abbandonati, anche il corpo di spedizione russo in Italia
venne richiamato a Corfù, mentre i britannici a loro volta si
ritirarono in Sicilia.
La disgregazione della Terza coalizione
e l'evacuazione del Regno di Napoli da parte delle forze anglo-russe,
consentirono a Napoleone di prendere iniziative definitive contro i
Borboni, il cui comportamento infido verso la Francia gli diede
pretesto per il famoso decreto del 27 dicembre 1805 in cui
l'imperatore stabiliva che "la dinastia ha finito di regnare".
Il maresciallo Massena prese il comando dell'armata destinata
all'invasione che si svolse con regolarità senza trovare resistenza.
Il 9 febbraio 1806, il maresciallo invase il Regno di Napoli, ma già
il 23 gennaio il re Ferdinando IV con la corte erano fuggiti in
Sicilia, dove i britannici si erano solidamente stabiliti.
Il 14 febbraio 1806 i francesi
entrarono di nuovo a Napoli e il 30 marzo il fratello maggiore di
Napoleone, Giuseppe Bonaparte, fu proclamato Re di Napoli. In un
primo momento sembrò che la conquista francese fosse completata e
che il regno fosse pacificato, anche se la fortezza di Gaeta
resistette fino al 18 giugno, mentre il 12 maggio i britannici
avevano occupato le isole di Capri e Ponza. In realtà in Calabria
sorsero le prime bande di guerriglieri antifrancesi e dalla Sicilia
la regina Maria Carolina sollecitò e favorì una vera insurrezione
legittimista che, guidata da nobili, capi popolari e veri e propri
briganti, si diffuse in tutta le Calabria e provocò gravi problemi
alle truppe francesi occupanti.
Nonostante le loro perplessità nei
confronti di questa insurrezione popolare guidata da personaggi
equivoci e costellata di brutali violenze contro militari e civili, i
britannici decisero di favorirla sbarcando con 5.200 uomini al
comando del generale John Stuart nel golfo di Sant'Eufemia il 1º
luglio 1806, respingendo nella battaglia di Maida del 4 luglio
l'attacco affrettato dei francesi del generale Jean Reynier e
consolidando le loro posizioni a Reggio Calabria. Questa sconfitta
favorì una sollevazione generale che impose misure repressive di
grande violenza da parte dell'esercito francese. Le truppe del
maresciallo Massena e del generale Reynier occuparono
sistematicamente il territorio, devastarono i centri di resistenza,
catturarono e impiccarono i capi della rivolta, massacrarono la
popolazione e gli insorti; la città di Lauria venne completamente
distrutta. Nonostante queste misure draconiane la resistenza non fu
spezzata fino al 1808, quando anche i britannici abbandonarono
finalmente Reggio e oltre 40.000 soldati francesi rimasero impegnati
nella regione, Si trattò di una inquietante anticipazione della
sollevazione della Spagna del 1808.
Oltre ad estendere il suo dominio
sull'Italia meridionale, Napoleone dopo la vittoria militare e la
disgregazione della Terza coalizione, intraprese una serie di
iniziative espansionistiche di grande importanza che delinearono per
la prima volta la sua concezione di un "Grande Impero",
storicamente collegato con i precedenti di Roma e di Carlo Magno, che
avrebbe dovuto progressivamente comprendere gran parte dell'Europa
sotto il predominio francese. In Germania, dopo l'espulsione
dell'Impero d'Austria e l'acquiescienza prussiana, la Francia aveva
ormai ottenuto una posizione di dominio assoluto; oltre ad assegnare
territori alla Baviera e al Württemberg, strettamente legati alla
Francia, Napoleone nel gennaio 1806 propose di organizzare una
"Confederazione del Reno" che, sotto la sua "protezione",
venne costituita ufficialmente il 12 luglio 1806. I principati e i
regni compresi nella nuova struttura politica divenivano dipendenti
dall'Impero francese e fornivano un contingente militare; inoltre la
Grande Armata rimaneva sul territorio tedesco a loro spese, per
sorvegliare l'Austria e la Prussia. Dopo questi rivolgimenti, il
Sacro Romano Impero Germanico non aveva più ragione di esistere e
l'imperatore Francesco abdicò ufficialmente il 6 agosto 1806,
mantenendo solo il titolo di Imperatore d'Austria .
Altri sviluppi si verificarono nei
Paesi Bassi dove il 14 marzo 1806 Napoleone rese noto ai dirigenti
locali la sua volontà di trasformare la Repubblica Batava in Regno;
un consiglio di dignitari organizzato appositamente, la "Grande
bisogna", accettò il 3 maggio, nonostante qualche resistenza,
le decisioni dell'imperatore, e il 5 giugno un altro fratello di
Napoleone, Luigi Bonaparte, divenne re d'Olanda. In Italia la Francia
aveva occupato anche Livorno e la Toscana e solo lo Stato Pontificio
rimaneva indipendente.
Ben presto Napoleone richiese
esplicitamente al papa di "entrare nel suo sistema",
rompere i rapporti con i britannici e chiudere i porti alle merci
inglesi; il papa Pio VII respinse le richieste e le truppe francesi
occuparono Ancona e Civitavecchia.
Infine Napoleone riprese la sua
politica di espansione nei Balcani e in Oriente, secondo gli accordi
di Presburgo, il II corpo d'armata del generale Marmont occupò la
Dalmazia, dove rimase di guarnigione; quindi, mentre i russi dalle
isole Ionie raggiunsero le bocche di Cattaro, i francesi entrarono
nella parte austriaca dell'Istria per soccorrere il generale Gabriel
Molitor che era stato attaccato a Ragusa dai montenegrini.
Rappresentanti francesi comparverso a Giannina, in Moldavia e in
Bosnia e il sultano dell'Impero Ottomano, Selim III, impressionato
dalla battaglia di Austerlitz, si riavvicinò a Napoleone che
riconobbe come imperatore, mentre il 9 agosto il generale Horace
Sébastiani arrivò a Costantinopoli come ambasciatore. L'Impero
Ottomano allentò i suoi rapporti con la Gran Bretagna e la Russia.
La vittoria sulla terza coalizione
quindi segnò un momento decisivo della storia napoleonica,
permettendo all'imperatore di estendere in modo sostanziale l'area di
influenza francese, concretizzando il predominio sulla Germania e
l'Italia e ponendo le premesse per successive espansioni; tuttavia
simili scelte politiche non potevano che accrescere l'ostilità delle
potenze sconfitte e impedivano ogni possibilità di ritorno ad una
politica di equilibrio e pacificazione. In breve tempo anche la
vittoria di Austerlitz si sarebbe dimostrata non definitiva e, oltre
alla Russia, sempre belligerante, sarebbe entrata in guerra,
costituendo la Quarta coalizione, la Prussia, delusa dalla
riorganizzazione della Germania decisa da Napoleone. Infine la Gran
Bretagna, dominante sui mari dopo la vittoria di Trafalgar, rimaneva
inattaccabile e in grado, nonostante la morte del primo ministro Pitt
il 23 gennaio 1806, di continuare la guerra e di sfruttare la
conflittualità sul continente per organizzare nuove alleanze
antifrancesi.
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