lunedì 16 maggio 2022

Napoleone era sostenitore dei Giacobini e di Robespierre proprio quando il popolo cominciava a ribellarsi al Terrore. Era un giovane Generale di Brigata che fu arrestato e radiato dall'esercito!

 



Era un arrivista, un opportunista e un megalomane capace di azioni feroci come fece per un comune del Piemonte la cui giunta era dissidente alle sue disposizioni e attività che esercitava in quel territorio: con un espediente fece radunare tutta la giunta e il sindaco nella piazza della cittadina ordinando alla sua compagnia di sterminarli tutti come fu fatto. Gli italiani hanno sofferto anche per furti di opere d'arte esportate in Francia. Inoltre ordinava invasioni e atti di guerra con proprie truppe molto spesso votandole al massacro quindi non era affatto una brava persona


domenica 15 maggio 2022

Quali erano alcuni tratti che Alessandro Magno, Giulio Cesare e Napoleone condividevano riguardo la loro giovinezza?

Alessandro, Giulio e Napoleone avevano alcune cose in comune. In effetti, un bel po' di cose. 

Ne elencherò solo sette perché se provassi ad elencarle tutte, domani sarei ancora a scrivere.




Sette cose che Alessandro, Cesare e Napoleone avevano in comune:

  1. Tutti e tre erano fisicamente attivi, tutti addestrati nell'arte della guerra fin dalla tenera età, erano in ottima forma e potevano tirare un pugno, una lancia, sparare con una pistola o sparare frecce come i migliori

  2. Tutti e tre provenivano da famiglie militari, i loro padri erano rispettivamente re, soldati, nobili,

  3. Non erano mai inattivi ... leggevano, facevano ricerche, si allenavano, andavano a cavallo, si esercitavano nel combattimento con la spada, facevano sempre qualcosa

  4. Erano lussuriosi ad un livello folle, sempre a caccia di ragazze, o nel caso di Alessandro e Cesare, sia ragazze che ragazzi allo stesso... stavano sempre combattendo con la spada in un modo o nell'altro!

  5. Amavano leggere e ascoltare le gesta dei leggendari generali, guerrieri e re che vennero prima di loro, sperando sin da quando erano bambini di emularli o superarli

  6. Avevano un ego delle dimensioni della luna, credendo di essere dei veri e propri dei nel caso di Alessandro, un discendente di un dio, nel caso di Cesare, o scelto dall'unico Dio nel caso di Napoleone

  7. Nonostante la loro astuzia, la loro forza fisica e la loro enorme volontà, non erano uomini predestinati al successo ... Cesare era destinato dalla sua famiglia a diventare un prete e Napoleone era un corso 'straniero' , guardato dall'alto in basso da francesi snob ... il fatto che ce l'abbiano fatta comunque, e abbiano superato tutte le aspettative che chiunque aveva di loro, è sorprendente e impressionante di per sé

Alessandro, Giulio Cesare e Napoleone erano tre giovani uomini incredibilmente motivati e laboriosi. Erano affamati di gloria, affamati di conquiste, anche romantiche e di potere.


sabato 14 maggio 2022

Cosa c'entrano le invasioni napoleoniche con la Rivoluzione Francese?

 




Il Primo Impero Francese è solo il seguito della Rivoluzione che ebbe vari volti, monarchia constituzionale fine al 1792, Convention (regime puramente di Assemblea), Directoire (dove l’esecutivo era in mano di cinque Direttori), Consolato (di cui faceva parte Bonaparte come uno dei tre, prima di diventare Console a vita) e per finire l’Impero.

Napoleone imperatore continua le guerre gia iniziate contro la Repubblica da Inghilterra, Austria e Prussia principalmente, l’unica differenza è che si agiunge l’impero russo ai belligeranti.


venerdì 13 maggio 2022

Qual è stata la prima battaglia dove è risultato evidente il sorpasso tecnologico europeo sul mondo islamico?

Penso che dalla Grande Guerra balcanica del 1683–1699 risulta, ormai, palese l'enorme superiorità acquisita dalle armi europee sul Turco, la maggiore potenza militare del mondo islamico. Tutto ciò avvenne in un secolo. Si passò dal secolo dei turchi, che addirittura pianificavano conquistare Vienna e Roma, nel Cinquecento e primo Seicento, al tramonto definitivo della minaccia Ottomana con la grande guerra del 1683–1699, che si risolse in una serie di schiaccianti sconfitte per gli Ottomani. Dopo la sconfitta sotto le mura di Vienna ( 1683 ), i turchi subiranno una serie di sconfitte, che farà perdere loro notevoli porzioni di territorio nei Balcani. Nella grande battaglia di Mohacs i turchi perderanno oltre 10.000 uomini e gran parte della loro artiglieria, contro i 600 caduti nelle fila dei cristiani. La successiva battaglia di Zenta, risultò un disastro totale per i turchi. Oltre 25.000 caduti a fronte di 400 cristiani morti. Tutto ciò nonostante che l'esercito musulmano fosse di dimensioni enormi, oltre 100.ooo uomini. Il numero non riuscì minimamente a spostare n loro favore le sorti della battaglia. Da allora sarà un susseguirsi di disastri, per il Turco, che fino a poco prima era il terrore della cristianità. Ogni guerra, da ora in poi, sarò a esito scontato.

Nel Settecento, con la Rivoluzione industriale inglese. il divario accrebbe ulteriormente, e ciò farà si che gli eserciti coloniali, relativamente piccoli, non abbiano nessun problema a vincere, anche contro eserciti musulmani ben più numerosi, come accadde in India.

Sin dal Cinquecento, si nota un certo rifiuto da parte delle truppe islamiche a usare le nuove armi da fuoco personale, in favore della continuazione dell'utilizzo degli arcieri, il tradizionale punto di forza degli eserciti asiatici. Questa fu una delle varie ragioni, per la schiacciante vittoria della marina cristiana contro i turchi a Lepanto. Una volta risolto il problema della ricarica lenta, divenne incolmabile il divario tra le fanterie europee, e quella dei paesi musulmani, che faceva poco ricorso a pistole e fucili e pure quando ne facevano uso, era delle versioni più antiquate.




giovedì 12 maggio 2022

Perché in passato, soprattutto nel Settecento, anche gli uomini indossavano le parrucche cosparse di cipria?

In Europa, la storia della parrucca inizia con la sifilide che imperversava intorno al 1580.

William Clowes, medico del XVII secolo, scriveva di una “moltitudine infinita” di pazienti con la sifilide che a quel tempo intasavano gli ospedali di Londra. Gli antibiotici ancora non esistevano e i malati mostravano i segni della malattia: ferite aperte, eruzioni cutanee, cecità, demenza e la perdita di capelli a chiazze”.

Quest'ultimo problema era considerato molto imbarazzante; una testa calva poteva danneggiare la reputazione di una persona, mentre una figura con i capelli lunghi, rappresentava uno status symbol.

Le vittime della sifilide cominciarono a nascondere la calvizie con parrucche incipriate al profumo di lavanda o arancio per coprire eventuali cattivi odori. Col tempo le parrucche divennero un accessorio molto richiesto ed elaborato.

Ho una storia sulle parrucche che capita proprio a fagiolo:

Ci fu un tempo in cui le parrucche andavano di gran moda ed erano un simbolo di elevata classe sociale. Le portavano i nobili, il re e le persone benestanti. Solo la povera gente ne era sprovvista, ma a dire il vero, non se ne accorgeva molto, nella sua lotta quotidiana per sbarcare il lunario.

Perché nel tempo si è persa l’usanza di portare la parrucca? Come dicono i libri di storia, con la Rivoluzione francese “caddero” molte teste e con esse anche le parrucche. Ma quella che vado a raccontare è la storia di una parrucca speciale.

L’aveva creata a mano un artigiano fiorentino in una notte di luna piena, quando si dice che ogni desiderio si realizzi. Egli aveva annodato un capello per volta alla retina di supporto, borbottando, a ciascun nodo: “Questo per i notai, questo per i preti, questo per i giudici” e così via.

Ne era risultata una parrucca dignitosa. Non una di quelle cose barocche e ricciolute in uso presso le corti del ‘700; no, era una parrucca di aspetto molto più modesto, ma di buona fattura e destinata a durare. Era stata esposta in vetrina su una testa in gesso per lungo tempo, però nessuno l’aveva acquistata, forse perché le preferenze andavano a modelli più appariscenti o a colori diversi.



Alla fine la parrucca divenne un fondo di magazzino, dimenticata nell’angolo polveroso di uno scaffale. Il negozio passò di mano diverse volte e quando, dopo molti anni, venne smantellato, la merce invenduta fu buttata insieme alla spazzatura.

Giuseppe era un senza tetto. Un barbone, insomma. Non ricordava nemmeno come fosse finito a vivere per la strada. Un tracollo economico, creditori che non gli davano tregua… A un certo punto, Giuseppe aveva lasciato tutto, anche la famiglia, e si era ritrovato sulla strada.

Non era il solo, la crisi stava mietendo molte vittime: persone che restavano senza lavoro e non riuscivano più a tirare avanti. Era facile vederle rovistare fra gli avanzi degli ortaggi, alla chiusura dei mercati rionali, gli occhi bassi, nel tentativo di non farsi notare. O facevano la fila, alla mensa di qualche associazione religiosa che distribuiva pasti ai bisognosi.

Giuseppe riceveva occasionalmente dai passanti una moneta o un vecchio indumento. Quello che non gli andava bene, lo regalava a sua volta a qualche altro sfortunato. Prima non le vedeva neppure queste persone che vivevano ai margini della società. Prima era stato un uomo impegnato. Sembrava non esserci mai abbastanza tempo per tutto e finiva per trascurare anche le cose importanti, come la sua famiglia.

Adesso aveva tanto tempo libero. Fin troppo, a dire il vero, e così a volte si metteva a osservare la gente. Si era fatto, nella testa, un casellario dove metteva ordinatamente tutti quelli che vedeva passare. Riconosceva subito le varie tipologie: il bottegaio frettoloso che mentalmente contava i soldi guadagnati durante la giornata, il giovane insofferente della famiglia, l’uomo d’affari sicuro di sé, l’operaio che tornava stanco dal lavoro. Quello forse era un giudice o un notaio e quell’altro era sicuramente un professore. Quanta umanità passava davanti ai suoi occhi ogni giorno!

Giuseppe sapeva che la gente buttava un sacco di cose ancora utili e così faceva visita regolarmente ai cassonetti in fondo alla strada. Un giorno vi trovò dentro un paio di scarpe in buono stato e poi incappò in un oggetto peloso che gli ci volle qualche secondo per capire che era - ma pensa un po’ te - una parrucca! Non ne aveva mai veduta una prima e la prese con una certa curiosità; poi si ritirò nel suo angolo di marciapiede a studiare i suoi nuovi tesori.

Scoprì che una delle scarpe in realtà aveva un buco nella suola, ma col bel tempo sarebbero andate benone. Quanto alla parrucca, capì che era di foggia antica e restò affascinato dalla fattura artigianale minuziosissima. Ogni capello pareva annodato singolarmente; inoltre, sembravano proprio capelli veri. Insomma, era un oggetto che, a trovare un estimatore, poteva anche rendergli qualcosa.

Nel frattempo però decise di tenerla, perché non ne aveva mai posseduta una. In effetti, erano tante le cose che non possedeva. Ecco, se avesse potuto scegliere, in quel momento avrebbe voluto essere… un bel parroco di campagna, di quelli rubizzi e allegri, con una buona parola per tutti e la perpetua in cucina a preparare manicaretti.

Nel fare questi pensieri, Giuseppe aveva armeggiato con la parrucca, cercando il verso giusto per provarla, così, per curiosità. Non appena l’ebbe indossata, avvenne qualcosa di straordinario: intorno a lui tutto cambiò. Non si trovava più su un marciapiede cittadino, ma in una chiesa. E stava parlando! “Cari fratelli, la messa è finita, andate in pace.”

Ommioddio, cos’era successo? Giuseppe era sconvolto, ma non lo dava a vedere. Anzi, se ne stava sul sagrato, sorridente, a salutare i fedeli, come se fosse una cosa del tutto naturale. Quando finalmente poté ritirarsi, si lasciò cadere su una sedia della sacrestia, riflettendo furiosamente. Cos’era accaduto?

Stava provando la parrucca e aveva espresso il desiderio di essere un parroco di campagna. Possibile che la parrucca avesse il potere di trasformare chi la indossava? Giuseppe capì che l’unico modo per assicurarsene era esprimere un altro desiderio. “Voglio fare il giudice!” esclamò. Detto e fatto. Ora la parrucca era davvero appropriata. Si abbinava perfettamente alla toga che indossava e lui si sentiva proprio a suo agio sullo scranno da giudice.

La prima udienza quel giorno trattava il caso di un giovane che stava accumulando un numero inverosimile di contravvenzioni non pagate; poi seguirono ladri, spacciatori… ma, non c’era fine alle miserie umane? Giuseppe si rese presto conto che il ruolo di giudice era pieno di responsabilità e troppo stressante.

“Voglio fare il notaio!” decise. Quella sì che doveva essere una vita comoda. In fondo, i notai non fanno altro che apporre firme, pensò. Eccolo dunque, in un elegante studio notarile, a ricevere clienti. In una giornata, regolò la vendita di alcune case, lesse un paio di testamenti agli eredi e firmò carte su carte. Insomma, una noia mortale. Non era vita quella!

Lui voleva qualche avventura, che so, una traversata oceanica in solitudine. Nooo, era solo un’idea! Invece si trovava già in mezzo ai marosi. Troppa fretta! Quella parrucca non dava il tempo di riflettere. Meglio togliersi da lì, prima che la tempesta peggiorasse. “Voglio tornare a casa. Sì, rivoglio la mia famiglia, il mio lavoro. Non voglio essere una persona importante. Voglio solo tornare a casa mia.”

Giuseppe si svegliò nel suo letto. Dalla cucina giungevano un buon profumo di caffè e il chiacchiericcio della moglie con la sua bambina. Allora era stato solo un sogno, fare il barbone e poi tutti quei cambiamenti. Per fortuna era stato solo un sogno! Si alzò dal letto, andò in bagno e si avvicinò al lavandino.

La sua faccia impaurita lo guardò dallo specchio. La parrucca gli pendeva da un lato sulla testa. Doveva disfarsene, nasconderla, almeno. Ora che aveva ritrovato la sua famiglia, non voleva perderla di nuovo. Giuseppe ficcò la parrucca in una vecchia scatola da scarpe vuota che spinse in cima all’armadio.

Ci avrebbe pensato più tardi. In quel momento desiderava solo raggiungere la moglie e la sua piccola in cucina. Non vedeva l’ora di riabbracciarle.


mercoledì 11 maggio 2022

Che cosa è la buca della salvezza a Palermo?

La buca della salvezza si trova in via Alloro, a Palermo, ed è un foro scavato sul lato esterno del transetto del Convento della Gancia.

Nel 1860 i patrioti Gaspare Bivona e Filippo Patti, per sfuggire alle milizie borboniche, si nascosero all’interno del convento fingendosi morti sotto i cadaveri di altri compagni giustiziati. Mossi dalla fame scavarono un foro verso l’esterno, attirarono l’attenzione di alcune donne che chiacchieravano lì vicino e chiesero aiuto. Seguì una mobilitazione di tutto il quartiere: le donne, per distrarre i borbonici, inscenarono una lite con tanto di parolacce e tirate di capelli. Nel frattempo, un carrettiere fece salire su un carretto colmo di paglia i due patrioti che riuscirono a mettersi in salvo. Da allora, fino agli anni Sessanta dello scorso secolo fu usanza popolare recarsi in pellegrinaggio davanti alla buca per chiedere grazie.




martedì 10 maggio 2022

Le corazze dei corazzieri dell'epoca napoleonica avevano un'utilità protettiva o ormai erano già divenute un pesante orpello?

Offrivano un certo livello di protezione contro fucili (a distanza), pistole e sciabole, a patto di non esagerare…

Le corazze non erano una moda nostalgica del Medioevo ma vennero utilizzate per uno scopo e certamente Napoleone non era stupido.

Le corazze avevano il potenziale per proteggere il soldato da un proiettile sparato a distanza, perché all’epoca il proiettile non era appuntito ma sferico quindi una volta sparato nelle lunghe distanze perdeva potenza e la corazza effettivamente proteggeva, se sparato da vicino no ma era già qualcosa dato che l’unica protezione era una giubba; dava quella protezione in più in un corpo a corpo, i soldati avevano un fucile a colpo singolo e ogni volta bisognava fare un certo processo per ricaricare perciò oltre alla baionetta c’è chi aveva la spada, ovviamente la corazza non spettava al primo soldato semplice, non essendoci fabbriche le produzioni erano più limitate.

I corazzieri erano unità di cavalleria pesante usati per caricare e travolgere la fanteria nemica. Considerando che tattiche del genere li dovevano portare a combattere corpo a corpo una corazza poteva ancora essere utile contro una baionetta.

Il problema era riuscire ad avvicinarsi abbastanza da usare le spade, cosa sempre più difficile con l'introduzione di fucili più avanzati.