Mentre si studia, o semplicemente si
cerca un’immagine, capita di imbattersi in storie dimenticate, in
grado di raccontare un’epoca oppure il suo tramonto. La storia di
Jacques-François Pascal fa parte di quest’ultima opzione ed è una
coltellata in pancia. E’ una coltellata per la brutalità della
natura del crimine del colpevole, per la brutalità dell’esecuzione
della condanna a morte e infine per i sentimenti che,
inevitabilmente, si rincorrono contrastanti in ognuno di noi, fra
istintivo giustizialismo e pietà per l’essere umano.
E’ una storia in grado di dividere,
tutti noi, anche i più granitici, e ho pensato che valesse la pena
raccontarla per fare un tuffo in un passato non troppo lontano, un
passato di accuse di sodomia e condanne a morte, ma anche di
pedofilia e fughe rocambolesche.
Jean Francois Pascal
Jean Francois Pascal nasce nel 1737 in
Francia, e diventa frate cappuccino presso il monastero di
Saint-Jacques a Parigi. Come per la stragrande maggioranza delle
persone comuni di quell’epoca non sappiamo praticamente nulla del
suo passato, ma sappiamo che per la sua condotta considerata
disdicevole, probabilmente omosessuale molesto, viene allontanato dal
convento. Inizia un periodo di pellegrinaggio in cui viene arrestato,
forse per un disguido con dei documenti, e poi arriva al momento clou
della vicenda, quel 3 ottobre del 1783 in cui la sua ferocia si sfoga
su una vittima innocente.
Pascal vive alla pensione di Marie
Elisabeth Guarabi, una vedova che affitta alcune camere vicino a rue
Michel-le-Comte. Qui arriva anche la vittima dell’uomo, Jacques
Gressier, un quattordicenne che tira a campare, che negli atti di
polizia viene descritto come “nipote di un lavapiatti della
Sorbona”, a cui Pascal ha commissionato l’incarico di portare un
pacchetto presso l’edificio della vedova Guarabi.
La donna consegna le chiavi all’uomo
e accompagna i due in stanza. Pascal tenta di allontanare la donna
dall’edificio con degli espedienti. Prima le consegna delle monete
da scambiare per pagare il ragazzo, poi quando lei ritorna senza
esser riuscita nell’incarico le dice di andare a prendere una
bottiglia di birra. La signora Guarabi riesce a procurarsi quanto
richiesto e fa ritorno alla pensione, ma quando arriva capisce che
qualcosa non va.
Pascal appare sconvolto, sudato e
affaticato, e quando lei gli chiede dove sia il ragazzo lui le
risponde che è in un’altra stanza. Marie Elisabeth trova il
giovane Gressier in fin di vita su un letto (lei pensa sia morto) e
Pascal approfitta di quel momento di esitazione per fuggire
dall’edificio. L’uomo non ha fatto i conti con la prontezza
d’animo della vedova Guarabi.
Marie Elisabeth si fionda in strada,
grida “Assassino” e una folla blocca immediatamente Jean Francois
Pascal.
Il racconto che segue è ricostruito
grazie alla testimonianza della vittima, Jacques Gressier, che con un
filo di voce, ancora sul letto dove è stato seviziato e massacrato,
racconta agli investigatori cos’è successo.
Il giovane spiega di esser stato
adescato in strada da Jean Francois Pascal con la promessa di un
compenso per una commissione. I due si sono quindi recati nella
stanza della signora Guarabi, dove Jacques Gressier aspetta il
compenso per quanto svolto. Quando la proprietaria si allontana dallo
stabile Pascal mette in atto il suo intento criminale: prende il
giovane Gressier da dietro, tenta di immobilizzarlo ma questi si
divincola come un’anguilla, al che Pascal inizia ad accoltellarlo
ai fianchi e ai reni, poi addirittura vicino alla nuca.
Gli grida “stai fermo, lasciati
penetrare altrimenti ti ammazzo”.
Jacques si arrende, ormai mezzo morto,
Pascal termina l’atto e inizia a rivestirsi quando arriva la
signora Guarabi che scopre il moribondo e fa catturare lo stupratore.
Il povero ragazzo all’inizio non è tanto preoccupato per le ferite
quanto per i 38 soldi che Jean Francois Pascal gli ha rubato. Non si
era ancora reso conto in quale condizione lo avesse ridotto, tanto
malmesso da non aver la forza di firmare la dichiarazione giurata
raccolta dagli investigatori.
Dopo che Pascal è assicurato alla
giustizia la polizia interroga la signora Guarabi, che racconta la
versione dei fatti di cui sopra, che conferma quanto detto dal
ragazzo: Pascal è un sodomita, stupratore e assassino.
Il giovane Gressier è stato colpito
con 14 coltellate, la punta dell’arma si è spezzata dentro al suo
corpo e il coltello viene trovato, sporco di sangue, addosso a
Pascal. Due chirurghi cercano di soccorrere il ragazzo, ma del suo
destino, purtroppo, non sappiamo nulla.
Le ultime informazioni su Gressier ci
arrivano dal giorno della condanna a morte di Pascal.
Pascal viene condannato a morte il 3
Ottobre 1783, ricorre in appello ma in due giorni si raggiunge una
nuova sentenza di condanna. Fino a quel momento il chierico si era
proclamato innocente, aveva detto che era stata la vedova Guarabi ad
accoltellare il giovane, ma le prove (gli abiti insanguinati e il
coltello) non avevano lasciato spazio a dubbi.
Jean Fracois Pascal inizia il calvario
che lo porterà all’altro mondo alle 4 di pomeriggio del 10 Ottobre
del 1783. Il resoconto della polizia ci dice che davanti a Notre
Dame, prima tappa del cammino dell’esecuzione, appare pentito del
suo crimine, scoppia in lacrime in un estremo atto di pentimento. Poi
il carretto in uso per i condannati a morte con Pascal, il boia e un
dottore della Sorbona raggiunge Place de Grève, oggi Place de
l’Hôtel-de-Ville, odierno municipio di Parigi. Qui venivano
tradizionalmente eseguite le condanne a morte (era anche il ritrovo
dei disoccupati), e qui inizia il supplizio davanti a una folla che
chiede giustizia.

Place de
l’Hôtel-de-Ville, già Place de Grève, fotografia di Celette
Pascal viene posizionato sulla ruota,
legato, e il boia inizia a colpirlo con la mazza per spezzargli tutti
gli arti. Sappiamo che il carnefice lo colpì in modo ritmico, con
lunghi intervalli fra una mazzata e l’altra. Jean Francois non
emette un lamento né un urlo. Niente. Il suo corpo è martoriato e
distrutto, ma l’uomo non dà soddisfazione alla folla e al boia, è
in silenzio di tomba.

Ormai con le ossa tutte fracassate ma
ancora vivo e vigile, il corpo informe dell’uomo viene messo su un
palo per essere bruciato. Al collo gli viene messo un grosso cappio
che gli tenga la testa in su.
Le fiamme avvolgono il corpo di Jean
Francois Pascal, che muore fra atroci sofferenze. Le sue ceneri sono
disperse al vento nella piazza, ulteriore sfregio alla memoria
dell’uomo.
La cronaca degli eventi ci racconta
anche quel che accadde alla vittima della furia di Pascal. Lascio
parlare le parole scritte all’epoca tratte dal libro “Homosexuality
in French History and Culture“: “Anche quel giovane fattorino,
vittima della sua inconcepibile brutalità, tanto affascinante per i
lineamenti del suo viso quanto per una certa aria educata, che veniva
curato con la massima attenzione nel reparto dei feriti
dell’Hôtel-Dieu, aveva sul corpo quaranta ferite che non
sembravano belle come i primi giorni, e sembrava che fossero in
processo di suppurazione. Si diceva che se questo martire
dell’innocenza e della virtù fosse sfuggito al pericolo di morte
di cui era minacciato, il re, che aveva dichiarato di averlo preso
sotto la sua protezione, gli avrebbe concesso una pensione pagata con
i fondi regi, indipendentemente da un’altra pensione che
l’arcivescovo di Parigi, profondamente commosso dalla sorte del
ragazzo, gli aveva offerto per consolarlo, per quanto era in suo
potere, per la terribile disgrazia che aveva appena vissuto“.
Dopo questo scritto, legato al giorno
dell’esecuzione pubblica, del giovane Gressier non sappiamo più
nulla. Non sappiamo se sopravvisse, non sappiamo se divenne adulto e
visse la Rivoluzione francese che scoppiò pochi anni dopo. Di lui si
è persa memoria, come polvere nel vento.
Alla voce “storia dell’omosessualità
in Francia”, su qualsiasi enciclopedia ma prendiamo a esempio
Wikipedia, l’ultima condanna per omosessualità viene accreditata
nei confronti di Jean Diot e Bruno Lenoir, nel 1750, quando furono
arsi vivi sul rogo per il semplice atto di unione carnale. Jean
Francois Pascal commise una serie di crimini, non solo l’atto di
sodomia, e il tentato omicidio del povero Gressier è certamente
quello che pesò di più sulla bilancia dei giudici.

Targa commemorativa per
Bruno Leonir e Jean Diot di fronte a via Montorgueil 67 (Parigi 2e),
che riporta la dicitura “ultima esecuzione per omosessualità in
Francia”.
Ma il tentato omicidio con un atto
omosessuale fu un’aggravante importante nel computo che fece la
giuria, che giudicò l’atto contro natura e depravato, e non ebbe
alcun dubbio riguardo le torture che avrebbe dovuto subire Pascal per
salire al creatore.
Tecnicamente Gressier non era ancora
morto al momento dell’esecuzione, quindi la condanna a morte di
Pascal fu per sodomia, stupro e furto. Sarà necessario attendere il
1791 e la Rivoluzione Francese per veder depenalizzato il reato di
sodomia, una depenalizzazione che confermò anche Napoleone nel 1810
e che poi rimase in vigore anche in seguito.