giovedì 7 luglio 2022

Qual era l'aspetto peggiore del vivere nella reggia di Versailles?

Il freddo.



La reggia di Versailles conteneva oltre 700 stanze e sarebbe costata un minimo di 3,2 miliardi di dollari se fosse stata costruito oggi.

Sarebbe anche considerata inabitabile per il fatto che fosse estremamente gelida. I racconti storici parlano di vino e acqua che si congelavano durante la cena.

Secondo il diario sulla salute del re tenuto dai medici del Re Sole, le stravaganti parrucche di Luigi XIV erano usate principalmente per tenergli la testa al caldo negli interni freddi di Versailles.

Non era solo la temperatura a causare problemi a Versailles. La mancanza di servizi igienici costringeva le persone a espletare i propri bisogni nei corridoi. I problemi andavano ben oltre i semplici odori e le macchie indesiderate. I parassiti attratti dall'odore invadevano il palazzo portando con sé numerose malattie. E queste malattie non avevano problemi a colpire i sistemi immunitari già compromessi dal freddo.



mercoledì 6 luglio 2022

Perché gli uomini in Scozia hanno scelto di indossare gonne e non pantaloni?

In verità il kilt, l'abito tipico scozzese con gonnellino, non è così antico ma risale "solo" al XVIII secolo



Divenne il simbolo della Scozia quando quest'ultima, dopo Culloden venne sempre più uniforme all'Inghilterra, perdendo privilegi secolari.

Essendo proibito dal governo di Londra, al pari del gaelico e delle cornamuse, assurse a immagine dell'indipendentismo scozzese, funzione che ha tuttora.

Difatti viene spesso indossato, in particolari occasioni, più per motivi politici che pratici, volto a contraddistinguere gli scozzesi dai cugini del Sud.


martedì 5 luglio 2022

Un'inaspettata arma venne utilizzata dai garibaldini

Se vi dicessi che i garibaldini usarono le Colt (esatto, proprio quelle dei pistoleri nei cinema) ci credereste?



Quando Samuel Colt, il loro ideatore, venne a sapere dell’impresa messa insieme dall’Eroe dei due Mondi, prese una decisione: fece dono al condottiero e ai suoi uomini di un centinaio di armi tra pistole e carabine.

Vista la qualità dei materiali utilizzati da Colt e l’affidabilità delle armi, Giuseppe Garibaldi si convinse ad ordinarne una bella partita.

E così oltre ventitremila moschetti giunsero sul suolo della nascente Italia, mentre il corrispettivo di 160mila dollari per la compravendita lasciò lo stesso territorio per raggiungere il Connecticut.

Forse fu una buona mossa, inconsapevolmente lungimirante, quella di Giuseppe Garibaldi dal momento che fu una delle pistole fabbricate da Colt a salvargli la vita durante la battaglia di Milazzo nel 1860.


lunedì 4 luglio 2022

Come fecero i mormoni ad avere subito largo seguito?

Nel 1830 il venticinquenne Joseph Smith fondò uno dei movimenti religiosi più controversi della storia: il mormonismo.



Una Chiesa di ispirazione cristiana alla quale aderirono sin da subito migliaia di fedeli. Loro fondarono lo stato dello Utah la cui capitale, Salt Lake City, è ancor oggi considerata la loro città.

In quel periodo la religione stava perdendo terreno tra idee illuministe e svariate correnti religiose ben circoscritte geograficamente nello sterminato territorio statunitense.

La leva che sollevò subito tante adesioni si trova tra le pagine sepolte sotto la collina di Cumorah, nel loro libro sacro “Mormon”, composto da tavole d’oro e scritto in una lingua da Smith ribattezzata egiziano riformato.


Il suo lavoro di traduzione da questa sconosciuta lingua tramite pietre veggenti, lo portò alla rivelazione di un altro testamento di Gesù Cristo.

Smith ebbe l’intuizione di fondare una corrente religiosa che rispondesse alle incertezze sociali del suo tempo, dall’ampio potere aggregativo e dalla forte identità ben radicata nel cristianesimo delle origini.

La storia dell’antica tribù dei Nefiti e l’avvento di Gesù in America posero i Mormoni, rispetto alle altre confessioni cristiane, in uno stato di autoproclamata superiorità rispetto a tutte le altre fedi, che li portò persino a definirsi Santi.


domenica 3 luglio 2022

Washington era un generale migliore di Napoleone?

Mi dispiace per gli americani, ma George Washington era un buon generale, ma non era paragonabile al grande Napoleone.



Napoleone è paragonabile solo a persone come Giulio Cesare, Annibale, Gengis Khan e Alessandro Magno.


sabato 2 luglio 2022

Jean Francois Pascal: l’ultima condanna a morte per Sodomia in Francia.

Mentre si studia, o semplicemente si cerca un’immagine, capita di imbattersi in storie dimenticate, in grado di raccontare un’epoca oppure il suo tramonto. La storia di Jacques-François Pascal fa parte di quest’ultima opzione ed è una coltellata in pancia. E’ una coltellata per la brutalità della natura del crimine del colpevole, per la brutalità dell’esecuzione della condanna a morte e infine per i sentimenti che, inevitabilmente, si rincorrono contrastanti in ognuno di noi, fra istintivo giustizialismo e pietà per l’essere umano.

E’ una storia in grado di dividere, tutti noi, anche i più granitici, e ho pensato che valesse la pena raccontarla per fare un tuffo in un passato non troppo lontano, un passato di accuse di sodomia e condanne a morte, ma anche di pedofilia e fughe rocambolesche.


Jean Francois Pascal

Jean Francois Pascal nasce nel 1737 in Francia, e diventa frate cappuccino presso il monastero di Saint-Jacques a Parigi. Come per la stragrande maggioranza delle persone comuni di quell’epoca non sappiamo praticamente nulla del suo passato, ma sappiamo che per la sua condotta considerata disdicevole, probabilmente omosessuale molesto, viene allontanato dal convento. Inizia un periodo di pellegrinaggio in cui viene arrestato, forse per un disguido con dei documenti, e poi arriva al momento clou della vicenda, quel 3 ottobre del 1783 in cui la sua ferocia si sfoga su una vittima innocente.

Pascal vive alla pensione di Marie Elisabeth Guarabi, una vedova che affitta alcune camere vicino a rue Michel-le-Comte. Qui arriva anche la vittima dell’uomo, Jacques Gressier, un quattordicenne che tira a campare, che negli atti di polizia viene descritto come “nipote di un lavapiatti della Sorbona”, a cui Pascal ha commissionato l’incarico di portare un pacchetto presso l’edificio della vedova Guarabi.

La donna consegna le chiavi all’uomo e accompagna i due in stanza. Pascal tenta di allontanare la donna dall’edificio con degli espedienti. Prima le consegna delle monete da scambiare per pagare il ragazzo, poi quando lei ritorna senza esser riuscita nell’incarico le dice di andare a prendere una bottiglia di birra. La signora Guarabi riesce a procurarsi quanto richiesto e fa ritorno alla pensione, ma quando arriva capisce che qualcosa non va.

Pascal appare sconvolto, sudato e affaticato, e quando lei gli chiede dove sia il ragazzo lui le risponde che è in un’altra stanza. Marie Elisabeth trova il giovane Gressier in fin di vita su un letto (lei pensa sia morto) e Pascal approfitta di quel momento di esitazione per fuggire dall’edificio. L’uomo non ha fatto i conti con la prontezza d’animo della vedova Guarabi.

Marie Elisabeth si fionda in strada, grida “Assassino” e una folla blocca immediatamente Jean Francois Pascal.

Il racconto che segue è ricostruito grazie alla testimonianza della vittima, Jacques Gressier, che con un filo di voce, ancora sul letto dove è stato seviziato e massacrato, racconta agli investigatori cos’è successo.

Il giovane spiega di esser stato adescato in strada da Jean Francois Pascal con la promessa di un compenso per una commissione. I due si sono quindi recati nella stanza della signora Guarabi, dove Jacques Gressier aspetta il compenso per quanto svolto. Quando la proprietaria si allontana dallo stabile Pascal mette in atto il suo intento criminale: prende il giovane Gressier da dietro, tenta di immobilizzarlo ma questi si divincola come un’anguilla, al che Pascal inizia ad accoltellarlo ai fianchi e ai reni, poi addirittura vicino alla nuca.

Gli grida “stai fermo, lasciati penetrare altrimenti ti ammazzo”.

Jacques si arrende, ormai mezzo morto, Pascal termina l’atto e inizia a rivestirsi quando arriva la signora Guarabi che scopre il moribondo e fa catturare lo stupratore. Il povero ragazzo all’inizio non è tanto preoccupato per le ferite quanto per i 38 soldi che Jean Francois Pascal gli ha rubato. Non si era ancora reso conto in quale condizione lo avesse ridotto, tanto malmesso da non aver la forza di firmare la dichiarazione giurata raccolta dagli investigatori.

Dopo che Pascal è assicurato alla giustizia la polizia interroga la signora Guarabi, che racconta la versione dei fatti di cui sopra, che conferma quanto detto dal ragazzo: Pascal è un sodomita, stupratore e assassino.

Il giovane Gressier è stato colpito con 14 coltellate, la punta dell’arma si è spezzata dentro al suo corpo e il coltello viene trovato, sporco di sangue, addosso a Pascal. Due chirurghi cercano di soccorrere il ragazzo, ma del suo destino, purtroppo, non sappiamo nulla.

Le ultime informazioni su Gressier ci arrivano dal giorno della condanna a morte di Pascal.

Pascal viene condannato a morte il 3 Ottobre 1783, ricorre in appello ma in due giorni si raggiunge una nuova sentenza di condanna. Fino a quel momento il chierico si era proclamato innocente, aveva detto che era stata la vedova Guarabi ad accoltellare il giovane, ma le prove (gli abiti insanguinati e il coltello) non avevano lasciato spazio a dubbi.

Jean Fracois Pascal inizia il calvario che lo porterà all’altro mondo alle 4 di pomeriggio del 10 Ottobre del 1783. Il resoconto della polizia ci dice che davanti a Notre Dame, prima tappa del cammino dell’esecuzione, appare pentito del suo crimine, scoppia in lacrime in un estremo atto di pentimento. Poi il carretto in uso per i condannati a morte con Pascal, il boia e un dottore della Sorbona raggiunge Place de Grève, oggi Place de l’Hôtel-de-Ville, odierno municipio di Parigi. Qui venivano tradizionalmente eseguite le condanne a morte (era anche il ritrovo dei disoccupati), e qui inizia il supplizio davanti a una folla che chiede giustizia.


Place de l’Hôtel-de-Ville, già Place de Grève, fotografia di Celette


Pascal viene posizionato sulla ruota, legato, e il boia inizia a colpirlo con la mazza per spezzargli tutti gli arti. Sappiamo che il carnefice lo colpì in modo ritmico, con lunghi intervalli fra una mazzata e l’altra. Jean Francois non emette un lamento né un urlo. Niente. Il suo corpo è martoriato e distrutto, ma l’uomo non dà soddisfazione alla folla e al boia, è in silenzio di tomba.


Ormai con le ossa tutte fracassate ma ancora vivo e vigile, il corpo informe dell’uomo viene messo su un palo per essere bruciato. Al collo gli viene messo un grosso cappio che gli tenga la testa in su.

Le fiamme avvolgono il corpo di Jean Francois Pascal, che muore fra atroci sofferenze. Le sue ceneri sono disperse al vento nella piazza, ulteriore sfregio alla memoria dell’uomo.

La cronaca degli eventi ci racconta anche quel che accadde alla vittima della furia di Pascal. Lascio parlare le parole scritte all’epoca tratte dal libro “Homosexuality in French History and Culture“: “Anche quel giovane fattorino, vittima della sua inconcepibile brutalità, tanto affascinante per i lineamenti del suo viso quanto per una certa aria educata, che veniva curato con la massima attenzione nel reparto dei feriti dell’Hôtel-Dieu, aveva sul corpo quaranta ferite che non sembravano belle come i primi giorni, e sembrava che fossero in processo di suppurazione. Si diceva che se questo martire dell’innocenza e della virtù fosse sfuggito al pericolo di morte di cui era minacciato, il re, che aveva dichiarato di averlo preso sotto la sua protezione, gli avrebbe concesso una pensione pagata con i fondi regi, indipendentemente da un’altra pensione che l’arcivescovo di Parigi, profondamente commosso dalla sorte del ragazzo, gli aveva offerto per consolarlo, per quanto era in suo potere, per la terribile disgrazia che aveva appena vissuto“.

Dopo questo scritto, legato al giorno dell’esecuzione pubblica, del giovane Gressier non sappiamo più nulla. Non sappiamo se sopravvisse, non sappiamo se divenne adulto e visse la Rivoluzione francese che scoppiò pochi anni dopo. Di lui si è persa memoria, come polvere nel vento.

Alla voce “storia dell’omosessualità in Francia”, su qualsiasi enciclopedia ma prendiamo a esempio Wikipedia, l’ultima condanna per omosessualità viene accreditata nei confronti di Jean Diot e Bruno Lenoir, nel 1750, quando furono arsi vivi sul rogo per il semplice atto di unione carnale. Jean Francois Pascal commise una serie di crimini, non solo l’atto di sodomia, e il tentato omicidio del povero Gressier è certamente quello che pesò di più sulla bilancia dei giudici.

Targa commemorativa per Bruno Leonir e Jean Diot di fronte a via Montorgueil 67 (Parigi 2e), che riporta la dicitura “ultima esecuzione per omosessualità in Francia”.


Ma il tentato omicidio con un atto omosessuale fu un’aggravante importante nel computo che fece la giuria, che giudicò l’atto contro natura e depravato, e non ebbe alcun dubbio riguardo le torture che avrebbe dovuto subire Pascal per salire al creatore.

Tecnicamente Gressier non era ancora morto al momento dell’esecuzione, quindi la condanna a morte di Pascal fu per sodomia, stupro e furto. Sarà necessario attendere il 1791 e la Rivoluzione Francese per veder depenalizzato il reato di sodomia, una depenalizzazione che confermò anche Napoleone nel 1810 e che poi rimase in vigore anche in seguito.


venerdì 1 luglio 2022

È una invenzione di Hollywood vedere pirati donna comandare ciurme di pirati?

Assolutamente no.

Il più grande pirata della storia è stata una donna. All’alba del 19° secolo, una prostituta che lavorava in un bordello galleggiante nella città di Canton fu condotta da Cheng Ho, un temibile pirata che operava nel Mar Cinese Meridionale, durante la dinastia Qing.



Nessuno sa come si chiamasse, il nome che oggi viene usato quando si parla di lei è Ching Shih, che significa semplicemente “la vedova di Cheng”, ma le sue gesta, dopo la morte del marito, superarono di gran lunga quelle del defunto pirata: quando gli succedette arrivò a comandare oltre 1.800 navi e più di 80.000 uomini.

Volendo fare dei confronti, il famoso pirata Barbanera comandava quattro navi e 300 pirati, nello stesso secolo di Ching Shih, considerata a ragione la più potente dei pirati nella storia conosciuta.