lunedì 28 febbraio 2022

Le più famose ultime parole della storia

Forse, non le più famose, ma sicuramente le più divertenti.



Mentre Louise-Marie-Therese de Saint Maurice, una confidente della regina Maria Antonietta giaceva sul letto di morte, in attesa che la morte la prendesse tra le sue braccia, si lasciò scappare una scorreggia.

Questa è stata la sua risposta.

"Bene. Una donna che può scoreggiare non è morta."


domenica 27 febbraio 2022

Quand'è che i tedeschi sono diventati mangiatori di patate?

Solo qualche dettaglio divertente.

Federico II di Prussia vide il potenziale delle patate nel poter sfamare la nazione ed abbassare il prezzo del pane, ma si scontrò con i pregiudizi del popolo verso il tubero. Quando nel 1774 emanò l'ordine di coltivare le patate per contrastare la carestia, la città di Kolberg rispose: "Queste cose non hanno né odore, né sapore e nemmeno i cani le mangerebbero. Perciò che ci dovremmo fare noi?".

A questo punto il monarca decise di utilizzare la psicologia inversa: coltivò un intero campo di sua proprietà con le patate e lo fece controllare da guardie armate. I contadini nei dintorni del campo ovviamente pensarono che qualsiasi cosa venisse protetta così tanto fosse certamente di grande valore. Ed ecco che iniziarono ad intrufolarsi nel campo per rubare le piante, assecondando così il volere nascosto di Federico.



Fu di grande esempio per Caterina II di Russia, visto che la Prussia alla fine venne spazzata via dei russi mangia patate.

Nell'Impero Russo, Caterina II ordinò a tutti di coltivare le patate ma molti la ignorarono. Il dissenso popolare venne supportato dalla Chiesa Ortodossa, la quale disse che le patate erano un cibo sospetto visto che non venivano citate nella Bibbia.

Solo dopo il 1850 la coltivazione delle patate ha davvero preso piede in Russia, ovvero dopo l'ordine dello Zar Nicola I.

Per non parlare della vodka di patate…



sabato 26 febbraio 2022

Medaglia di Waterloo (Brunswick)

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La medaglia di Waterloo fu una medaglia di benemerenza creata nell'ambito del Ducato di Brunswick.

Storia
La medaglia di Waterloo venne fondata l'11 giugno 1818 dal principe reggente di Hannover, il principe Giorgio d'Inghilterra, per conto del duca Carlo II di Brunswick che si trovava in condizioni di minore età. Essa venne creata per commemorare la campagna anti-napoleonica in Belgio combattuta dai soldati del Brunswick nel 1815, e in particolare venne scelta come ricompensa per i combattenti alla battaglia di Quatre Bras del 16 giugno e di quella di Waterloo del 18 giugno 1815.

Insegna
La medaglia era realizzata col bronzo dei cannoni strappati al nemico francese e riportava sul dritto l'effigie del duca Federico Guglielmo in uniforme, voltato verso sinistra, con la scritta "FRIEDRICH WILHELM HERZOG VON BRUNSWICK 1815". Sul retro, invece, si trovava lo stemma dello stato, sovrastante due scene di guerra rappresentanti Quatre Bras e Waterloo.
Il nastro della medaglia era giallo con una fascia azzurra per parte.
La medaglia venne conferita in un totale di 5.607 esemplari.


venerdì 25 febbraio 2022

Cosa c'entrano le invasioni napoleoniche con la Rivoluzione Francese?

 



Il Primo Impero Francese è solo il seguito della Rivoluzione che ebbe vari volti, monarchia costituzionale fine al 1792, Convention (regime puramente di Assemblea), Directoire (dove l’esecutivo era in mano di cinque Direttori), Consolato (di cui faceva parte Bonaparte come uno dei tre, prima di diventare Console a vita) e per finire l’Impero.

Napoleone imperatore continua le guerre gia iniziate contro la Repubblica da Inghilterra, Austria e Prussia principalmente, l’unica differenza è che si aggiunge l’impero russo ai belligeranti.


giovedì 24 febbraio 2022

I Savoia vollero invadere il sud Italia per appropriarsi delle sue ricchezze con la scusa di unificare la penisola

I Savoia vollero invadere il sud Italia per appropriarsi delle sue ...




Eccome! Consideriamo che il Sud era il paese piú ricco d'Europa e che appena conquistato presero tutto il tesoro reale e smantellarono le fabbriche per portarle al Nord. É rimasta famosa la frase detta dal fondatore dell'Ansaldo dopo l'unificazione: il Sud non dovrà piú risorgere. Comunque non é tutta colpa dei Savoia, i veri burattinai furono gli inglesi. Il regno delle due Sicilie era il maggior fornitore di zolfo d'Europa, il petrolio dell'epoca, e aveva la flotta mercantile piú all'avanguardia. Gli inglesi non volevano che qualcuno minacciasse i loro interessi commerciali e il monopolio dello zolfo cosí decisero che il regno delle due Sicilie doveva scomparire, quindi diedero il loro "benestare" all'invasione del Sud.

mercoledì 23 febbraio 2022

La vita a bordo tra il XVI e il XVII secolo

Una descrizione di come si viveva a bordo, tra il XVI e il XVII secolo, c’è lasciata da un capitano delle galere pontificie.



La galea è lunga, stretta e bassa; ha una sola coperta e sotto è divisa in sei camere: la camera della poppa per i capitani, i gentiluomini e per altre persone di rispetto, lo “scandolaro” è una camera contigua a quella di poppa: vi si conserva una parte dell’arme e delle altre robe della gente di poppa e vi sta anche qualche botte di buon vino." Dopo lo “scandolaro” è la camera detta compagna, che serve come dispensa, nella quale sta il vino e il companatico, in pratica la carne salata, il formaggio, l’olio, l’aceto, i salumi, il “pagliolo” è la camera dove si tiene il biscotto, la farina, il pane, le fave, il riso, l’acqua, a questa è congiunta la camera di mezzo, nella quale si tengono le vele, una parte del sartiame, la mercanzia, le armi. L’ultima è la camera di prora: qui stanno i marinai e le loro robe; il cappellano e il barbiere hanno la loro posta per il dormire e per i medicamenti. Sopra coperta, la galea è divisa in tre parti: poppa, luogo particolare dei capitani, dei nobili e di quelli che governano il timone; i remaggi, dove sta la ciurma a vogare; prora, innanzi alla quale sta prominente lo sperone, anticamente chiamato rostro “.



Galea trireme. Bastimento sottile, di circa 50 metri di lunghezza, largo circa 7, con due metri di pescaggio. Le Galee. Normalmente la galea aveva un equipaggio da 200 a 300 uomini, di cui due terzi alla voga, un primo stato maggiore era costituito dal “sopracòmito” (comandante), da uno o più nobili di poppa, dal padrone, e dal cappellano. Un secondo stato maggiore era costituito dal “còmito”, da uno o più sotto comiti, di cui uno per la manovra degli alberi, e l’altro per le vele, dal pilota, dal consigliere, da otto timonieri, otto prodieri per la manovra delle ancore e delle vele, otto alighieri addetti alle manovre dei ganci d’accosto (detti appunto alighieri), la razione alimentare di questi uomini, consisteva in due libbre di biscotto, una di carne fresca o mezza di carne salata, mezza di formaggio o quattro sarde, una pinta di vino, un’oncia d’olio.

Gli ufficiali, i timonieri, e le maestranze avevano doppia razione, la carne si mangiava solo il martedì, giovedì eI vogatori erano inizialmente uomini liberi, ma poi furono sostituiti da schiavi e da condannati; i pochi liberi, rimasti volontari a bordo, si chiamarono “buonevòglie”, questi godevano d’alcune libertà durante il giorno ma di notte stavano alla catena anche loro; potevano portare i baffi mentre i condannati avevano testa e viso completamente rasati, e gli schiavi avevano un ridicolo ciuffo di capelli al sommo della testa rasata.



La pena al remo, “ad triremes”, è un'opera pietosa e grata a Dio … da infliggere al posto della pena di morte o di amputazioni corporali

I condannati e gli schiavi, erano obbligati a remare senza mai fermarsi per molte ore, spesso per giorni interi, rianimati appena da pezzi di biscotto inzuppati nel vino, che i marinai di sorveglianza ponevano di tratto in tratto in bocca ai vogatori, il “còmito” e l’aguzzino, vigilavano sulla cadenza delle vogate, scudisciando a sangue i più fiacchi, se svenivano, erano ancor più crudelmente percossi, chi moriva sul banco era subito buttato in mare.

L’igiene a bordo era trascuratissima, inimmaginabile, si moriva per la stanchezza, per i cibi avariati, per lo scorbuto, per le malattie intestinali, e per le infezioni.

I forzati erano obbligati alla pulizia da ordini ferrei che contemplavano anche le punizioni corporali, la loro pulizia, però, era consentita solo quando la nave era ferma; in navigazione notte e giorno, erano legati ai remi, erano previste pene severe, anche per l’aguzzino: se gli scappava un galeotto, gli tagliavano le orecchie e il naso, l’orribile esistenza sulle galere è scolpita in un motto: ”La vita è tormento, la morte è sollievo”.



Schiavi sulle galee

Col passaggio dal remo alla vela, le condizioni a bordo cominciarono a migliorare, seppure molto lentamente, la “panatica”, scrive nel 1600, il capitano genovese Bartolomeo Crescenzio, era sufficiente e di buona qualità, costituita principalmente di pesce e maiale salati, formaggio, biscotti, aglio e cipolle, a tutti i marinai tre giorni la settimana era fornita carne, e ogni sera vino. La disciplina migliora con il progredire dei tempi, nel 1700 era tuttavia ancora consentito il taglio delle orecchie e il far correre tutta la lunghezza della nave a scudisciate (punizione nota col triste nome di “bolina”).

Le mancanze meno gravi erano punite con la "cala" vale a dire il tuffo in mare stando legato ad un cavo mollato dall’alto di un pennone, o la “cala straordinaria”, in pratica il passaggio sotto la chiglia, le mancanze gravissime erano punite con la morte per impiccagione o per squartamento.



Il passaggio sotto la chiglia - Woodcut Print of Keelhauling

Invece l’igiene a bordo continuerà ad essere trascurata, fino agli inizi del 1800: e questo nonostante il fasto esterno, le sculture, gli ori dei galeoni e dei vascelli. Le brande, ad amaca, sospese, nei locali delle batterie, non si pulivano mai perché chi smontava di guardia, andava a dormire nella branda di chi lo aveva rilevato, e così di seguito, sempre.

Nella marineria militare solo nel ’700 apparvero le prime divise, blu con filettature bianche per gli inglesi, e rosse per i francesi, le condizioni della vita a bordo, migliorarono sensibilmente, le orribili punizioni, il micidiale scorbuto, i galeotti incatenati ai remi, appartengono solo ai primordi della marineria.

Con la costituzione delle flotte regolari da battaglia, prevale la disciplina militare, severa ma allineata ai nuovi tempi, e i marinai diventano combattenti del mare, con una condizione di vita e un trattamento adeguati.



Scorbuto a bordo

A proposito dello “scorbuto”, non dobbiamo dimenticare John Jervis conte di St. Vincent, ammiraglio della flotta inglese, il primo che comprese, come, e per mezzo di cosa, si potesse combattere questa grave disfunzione e, come fare per debellare le febbri tifoidi provocate dalla mancanza d’igiene, fin dal 1753 si sapeva che il succo d’arancia o di limone, era efficace contro lo scorbuto, ma si era fatto poco per rifornire la flotta di questo rimedio. Jervis ascoltò il punto di vista del dottor Baird sull’argomento, e quindi gli diede carta bianca per ordinare limoni a sufficienza per l’intera flotta del Mediterraneo, rendendo poi obbligatorio un regolare rifornimento per tutta la Marina. Su istruzioni di Jervis il dottor Baird affrontò anche il problema della febbre tifoide, istituendo rigorosi provvedimenti di pulizia, allo scopo di distruggere dal pidocchio che portava il tifo, gli affollati ponti inferiori.


I Galeoni

I galeoni erano i più grandi natanti, in origine furono creati per risparmiare sui costi, contenevano il doppio di merce di un normale “Cargo”, e la sua costruzione costava meno di due navi da carico, però erano più lenti e poco manovrabili, l’handicap della manovrabilità, rese queste navi facile preda di pirati.


Il galeone "Neptune", palcoscenico principale del film "I Pirati", di Roman Polanski - Copyright (C) Zenazone S.n.c.


Nel XII sec. il termine galeone, indicava una piccola galea ad un solo ordine di remi e dalle forme sottili, successivamente indicò le grandi e potenti navi a vela destinate ai viaggi per il commercio con il Nuovo Mondo.

Erano navi più grandi della galeazza, alte di bordo, con due ponti, e i due castelli di prora e di poppa, i più grandi ebbero quattro alberi verticali: il trinchetto, e la maestra a vele quadre (bassa vela e gabbia), la mezzana e la mezzanella a vele latine; una coffa per ogni albero e inoltre le vele quadre di civada, e di bompresso.

In quelli da guerra, la batteria era armata da cinque o sei cannoni di grosso calibro per ogni lato, altrettanti pezzi di calibro minore erano installati sul ponte di coperta e quattro bocche da fuoco di piccolo calibro si trovavano su ognuno dei castelli.

Il galeone fu usato anche nelle marine italiane, ma soprattutto dalla Spagna per i viaggi nelle colonie: servirono, in particolare, ad inviare in Spagna i carichi d’oro provenienti dal Messico e dall’America del Sud e furono spesso, preda di corsari e bucanieri, i galeoni più grandi misuravano circa 50 m di lunghezza, 12 m di larghezza e 37 d’altezza massima sulla chiglia.



Il galeone fantasma di Polanski e Gènes.

Nel 1702, durante la guerra di successione spagnola, un grosso convoglio di galeoni carichi d’oro, fu affondato nella rada di Vigo e, nonostante tutte le ricerche fatte, non se n’è trovato traccia. Durante la campagna del 1588, “l’Invincibile Armada” spagnola aveva le ali costituite da galeoni: il “San Martin” e il “San Juan” stazzavano 1.000 t.

I galeoni da guerra sono simili a quelli mercantili, hanno una minore capacità di carico, ma più cannoni e combattenti, la differenza più importante è che i galeoni da guerra sono comandati da ufficiali, e l’equipaggio è formato soltanto da soldati, questo rendeva questo tipo di galeone formidabile in battaglia, dato il suo migliore equipaggio, questo galeone era leggermente più veloce dei mercantili, ed era più grande e più manovrabile dei suoi pacifici cugini.

Solo le navi più potenti potevano scontrarsi con questo tipo di galeone, le tattiche preferite dagli spagnoli erano due: la prima consisteva nel portarsi fuori, dalla portata dei cannoni nemici e sfruttare la potenza dei propri, la seconda sfruttava nell’arrembaggio i propri soldati, più numerosi e più preparati dei nemici.



Battaglia tra galeoni

Le potenze del nord Europa raffinarono il disegno base del galeone, rivisitando il piano delle vele per una maggiore flessibilita’, ridussero le vele superiori, e migliorarono la geometria, per una migliore velocità, il risultato fu un galeone più piccolo, ma più veloce, e complessivamente più manovrabile.


Le Galeazze

La galeazza aveva bordi alti, con casseretto, e castello, tre alberi a vele latine e bompresso, aveva il ponte di coperta e trentadue banchi di remi sotto tale ponte, con remi a scaloccio, il ponte di coperta era libero per la manovra delle vele, e poteva portare una batteria di grossi cannoni (circa trentacinque) e altri minori installati sui fianchi, la galeazza, imitazione della galea da traffico, con la sua attrezzatura e l’alto bordo, fu il coronamento degli sforzi per mettere le galee in condizioni di lottare contro il crescente predominio della nave a vela, nel XVI sec.


martedì 22 febbraio 2022

Chi fu Bianca Milesi?

Bianca Milesi Mojon, nata a Milano il 22 maggio 1790 da una famiglia dell'alta borghesia, è stata una importante figura del risorgimento italiano.

Riceve una rigida educazione religiosa che fa emergere presto il suo carattere anticonformista e ribelle. A 14 anni avviene la prima svolta: con la morte del padre Bianca riceve dai nuovi insegnanti e dalla madre una istruzione più aperta, grazie alla quale comincia ad interessarsi del pensiero di filosofi contemporanei quali Hume ed Alfieri, ad apprezzare l'aspetto più profondo della vita, disinteressandosi completamente del proprio aspetto esterno, meritandosi il soprannome di maschiaccio per via dei capelli corti e dei vesiti trasandati.

Ai vestiti preferisce i libri, la pittura e la scultura, incoraggiata dal pittore Andrea Appiani che le permette di conoscere Antonio Canova e Francesco Hayez.

Nel 1814 avviene il primo incontro con i sentimenti patriottici che già da qualche mese covavano a Milano, soprattutto nei salotti aristocratici della città che la sua famiglia frequentava abitualmente.

Bianca viene ben presto fregiata del titolo di "maestra giardiniera". Un titolo apparentemente innocuo ma determinante per gli incontri della carboneria, che si radunava nei giardini dei palazzi con il pretesto di parlare di giardinaggio. In realtà il compito delle maestre giardiniere, dotate di un coltello nascosto nella giarrettiera, era di fare da staffette per importanti informazioni nascoste abilmente in tanti modi.

Ricordiamo infatti Bianca per aver inventato uno di essi: la "cartolina à jouir" o "crittografico della grata", una griglia che sovrapposta alle lettere dei cospiratori, permetteva di leggere solo il messaggio segreto contenuto tra le righe.

Bianca non si limita a questo, fondando insieme al Conte Federico Confalonieri e al Conte Giuseppe Pecchio le "scuole di mutuo insegnamento", con l'obiettivo di diffondere la coscienza nazionale e la lingua italiana: purtroppo le scuole vengono subito chiuse dalla chiesa, che in quel tempo deteneva il monopolio dell'istruzione.

La vita rivoluzionaria di Bianca ha un duro arresto nel 1822 quando il federato milanese Carlo Castillia tradisce Confalonieri e accusa Bianca sia per il codice cifrato sia perché aveva dipinto il tricolore sullo stendardo degli studenti di Pavia del battaglione Minerva. Viene interrogata con decisione più volte ma non fa i nomi dei suoi compagni. Schedata come «rivoluzionaria», nel 1822 deve fuggire all’estero e solo nel 1825 riuscirà a rientrare a Genova per riprendere la propria opera cospiratoria, cominciando a frequentare Giuseppe Mazzini.

Sempre sotto controllo della polizia austriaca, che ne boicotta le attività, è costretta a trasferirsi a Parigi nel 1933 dove partecipa attivamente al problema dell'emancipazione femminile, rientrando in Italia proprio durante la rivoluzione del 1848, nel pieno della confusione del momento, aprendo le porte della propria abitazione a tutti quelli che avevano sposato la sua causa.

Il timore di mettere a rischio la vita dei figli la riporta a Parigi, da dove continua a collaborare con i Mazziniani a distanza, prima di ammalarsi e morire di colera.

Nel 2015 il comune di Milano ha iscritto il suo nome nel Pantheon situato all'interno del cimitero monumentale.