MARIA
ANTONIETTA d'ASBURGO-LORENA
Regina della moda, della stravaganza
e del lusso,
ma ingiustamente definita frivola
superficiale a tratti stupida.
Maria Antonietta fu uno dei
primi casi di distorsione mediatica a fini politici,
fu vittima di numerose calunnie, e
il suo disinteresse nel contrastarle la accompagnò verso la tragica
fine, che il destino aveva in serbo per lei.
Maria Antonietta
nasce il
2 novembre del 1755
a
Vienna
da
Maria Teresa d’Austria.
Quindicesima figlia della grande
imperatrice e dell’imperatore
Francesco Stefano di Lorena,
nessuno alla sua nascita avrebbe
mai potuto immaginare il grandioso ma tragico destino a cui andava
incontro.
La bambina
assomigliava molto alla madre,
ma il padre, le trasmise una
forte componente di sangue
francese:
“Sono nate per obbedire e devono
imparare a farlo per tempo”
(disse Maria Teresa a proposito delle
figlie).
Fin dall’infanzia, per la piccola
Antoine, la
musica e le gite in slitta
rappresentarono l’intrattenimento
preferito in assoluto e per quanto riguarda la musica, questa
passione fu portata avanti fino ai suoi ultimi giorni. Fu
molto amica di Wolfgang Amadeus
Mozart
per il quale favorì l’ingresso
a Versailles e, leggende popolari vogliono, che il giovane bambino di
Salisburgo alla corte viennese si gettò ai suoi piedi dichiarandole
che da grande l’avrebbe sposata.
Una serie di avvenimenti più o meno
fortunati, portarono alla piccola
Antoine
il
favore del Re di Francia.
Fu allora che l’educazione e la
cura per l’aspetto dell’arciduchessa subirono una virata
sostanziale. La fanciulla che aveva ricevuto si e no qualche
infarinatura di storia e letteratura, e che addirittura pare non
sapesse scrivere bene, improvvisamente si ritrovò ad imparare e
padroneggiare numerose lingue, tra cui ovviamente anche il francese.
Tuttavia
il livello di istruzione di
Maria Antonietta, non fu mai elevatissimo.
(Con questi due ritratti, quello di
Luigi spedito a Vienna, e quello di Maria Antonietta spedito a
Parigi, dovevano conoscersi i due sposi, che all'epoca avevano 14 e
15 anni. Soprattutto quello di Luigi era fortemente abbellito, in
realtà era piuttosto brutto)
Si dice che Maria Antonietta
lasciò l’Austria con delle
lacrime sul volto,
conscia che non vi sarebbe
probabilmente mai più tornata, e così fu.
L’incontro tra i futuri
regnanti di Francia avvenne il 14 maggio 1770
e fu da subito molto impacciato,
soprattutto da parte del
delfino Luigi Augusto.
Seguirono delle
sfarzose nozze, le quali
ebbero un carattere eccezionale soprattutto in virtù del rango della
sposa,
non era infatti comune che un
futuro re sposasse la figlia di un imperatore.
La cerimonia più importante
tuttavia, era la cosiddetta “messa a letto” della giovane
coppia, alla quale sarebbe seguita la consumazione del matrimonio, ma
siccome Versailles era famosa per i suoi pettegolezzi, il giorno dopo
tutti seppero che le aspettative erano state disattese. Lo
stravolgimento per una sposa reale in quei tempi era senz’altro la
difficoltà di adattarsi ad una corte nuova,
con usi e costumi diversi da
quelli di origine. Il più bizzarro e difficile da accettare per
Maria Antonietta fu senza dubbio il
rito della vestizione.
Alla corte di Francia in quegli anni si
usava partecipare alla vestizione della delfina. Maria Antonietta non
poteva allungare la mano per prendere alcunch,é e
le dame di corte si litigavano
il privilegio di passarle gli indumenti da indossare, e anche in
questo caso si rispettavano dei rigorosi standard dettati
dall’etichetta di Versailles. La stessa etichetta che era stata
concepita da
Filippo d’Orleans,
fratello del
Re Sole Luigi XIV. I primi
mesi furono molto duri per la delfina che passava da una corte come
quella austriaca, nella quale era abitudine per la famiglia reale
mischiarsi con la gente comune, alla corte di Francia, in cui ogni
momento della giornata era destinato a seguire riti e procedure
formali. Inoltre le regole di corte erano incredibilmente complesse.
Era dunque abitudine di Maria
Antonietta scriversi di continuo con la madre Maria Teresa d’Austria
in lunghe lettere in cui le raccontava tutte le incredibili novità
della sua vita, nella cui routine era sempre presente questo concetto
di privato svolto in pubblico.
L’imperatrice d’Austria,
d’altro canto, la redarguiva per non aver ancora messo in grembo un
erede.
Il Re, Luigi XV, da qualche tempo
si accompagnava con una donna di facili costumi, un’amante. La
favorita non era vista di buon occhio dalla delfina, che
disapprovava questo tipo di
donne
e non si curava di nasconder
questo astio. Una delle leggi di corte prevedeva che la delfina
salutasse per prima le cortigiane, le quali non avevano invece il
permesso di rivolgerle parola per prime.
Dopo la morte di Luigi XV, i primi anni
di regno dei due sovrani godettero di grande popolarità.
Specialmente la regina,
Maria Antonietta, era ben vista
dal popolo francese, resasi famosa negli anni addietro per i grandi
esempi di pietà e umiltà.
In una battuta di caccia, un
povero contadino fu incornato da un cervo e la regina, al tempo
ancora delfina di Francia,
si preoccupò di soccorrerlo
trasportandolo in carrozza. Questi
gesti che oggi sembrerebbero normali non lo erano affatto negli
ambienti aristocratici del diciottesimo secolo. Tuttavia questa
popolarità era destinata a scomparire, il popolo abbandonò presto
l’interesse per la moralità dei propri sovrani in favore
dell’interesse per gli sperperi di denaro che divenivano sempre più
intollerabili.
Già in occasione
dell’incoronazione di Luigi XVI, la cerimonia fu oggetto di grandi
discussioni in merito alla sua dispendiosità.
La regina appena ventunenne, si
apprestava a passare anni infelici per il suo matrimonio, rivelò
inoltre, in alcune lettere inviate al fratello, che
non riusciva a trovare
interessi comuni con il marito
il quale pensava solo ed
esclusivamente alla caccia. Fu in quel periodo che nacque la grande e
pericolosa passione
di Maria Antonietta
per le carte e il gioco
d’azzardo,
vizi introdotti alla corte di
Francia nell’epoca libertina di Luigi XIV, anche grazie alla sua
più discussa favorita, la
marchesa di Montespan. Famosa
fu una partita del 1776, quando Maria Antonietta convinse il re a
far venire dei giocatori da Parigi. Il gioco ebbe inizio la sera del
30 ottobre, proseguì fino
alla
mattina del 31
e continuò poi fino alle
tre del mattino della festa di
ognissanti.
Quando il re espresse il suo
disappunto la regina rispose:
“Avete detto che potevamo
giocare, non avete detto per quanto”

Maria Antonietta in quegli anni
coltivò quei vizi che poi la
resero famosa,
senza perdere mai la risata
fanciullesca, e spensierata con la quale
era entrata a corte a soli 14
anni.
La passione per la moda
era innata, e Maria Antonietta era
anche nota per il suo
grandissimo gusto. I suoi
colori prediletti erano l’azzurro, il verde acqua
e il
blu; anche le
piume sui cappelli
ed i
fiori nei capelli
divennero presto di gran moda,
prima a corte e poi nel resto dell’aristocrazia europea. Si può
dire senza dubbio che la fortuna della Francia nella moda iniziò a
Versailles, con Luigi XIV prima e con Maria Antonietta alla fine.

Il re, perdutamente innamorato, offrì
il Petit Trianon, una zona di Versailles con
all’interno un piccolo castello, alla sua giovane sposa Maria
Antonietta, che vi creò un
universo personale e intimo,
lontano dai fasti della corte.
Fece costruire il
Théâtre de la Reine
(un teatro di società), poi
sacrificò la botanica e fece disporre un
giardino all’inglese, in
contrasto con la monotonia del resto del parco. In quella dimora
manifestò la sua
predilezione per il
neoclassicismo:
le forme sono semplici, prevalgono
i motivi floreali, il bianco e i colori pastello, al contrario dello
sfarzo con cui invece era stata costruita Versailles.
L’11 aprile del 1778
la regina sospettava finalmente, dopo
otto lunghi anni, quattro da delfina e quattro da regina, di essere
rimasta incinta.
Otto giorni dopo osò scriverlo
alla madre, che più di tutti forse bramava quel momento. Prima della
nascita già si sapeva quale sarebbe stato il nome del nascituro:
Luigi se maschio, Maria Teresa se femmina. Poche settimane prima del
parto, Maria Antonietta incontrò, per la seconda volta in effetti,
quello che più avanti divenne celebre come suo
presunto amante,
il
conte Fersen,
che scrisse della regina in
quell’occasione:
“È la più bella e la più
deliziosa principessa che conosca”
Il
19 dicembre 1778,
alle
11 e 30 nacque una piccolissima
bambina.
Il re Luigi XVI, sempre molto
rispettoso, non disse mai a nessuno di essere deluso né tanto meno
ne scrisse nei suoi diari, quanto alla regina, subito
dopo il parto ebbe una crisi
convulsiva e svenne.
In quel momento o dopo poco, tutte
le persone che erano presenti nella sala se ne accorsero, ed il re
ordinò di spalancare le finestre, le quali vennero divelte in quanto
inchiodate a causa del freddo invernale. Quando Maria Antonietta
seppe della figlia
scoppiò in lacrime,
probabilmente si trattò di una
reazione ormonale, più che
di una vera e propria delusione. Infatti poi disse:
“Povera bambina non sei ciò
che tutti desideravano, ma non mi sei per questo meno cara. Un
maschio sarebbe stato proprietà dello stato, tu sarai mia, avrai
tutte le mie cure, condividerai con me tutte le mie gioie e
allevierai le mie pene”
Conte Fersen
Nell’estate del 1780 cominciarono
i rapporti, inizialmente senza dubbio platonici, tra la regina e il
conte Fersen,
giovane venticinquenne il cui
pensiero principale era quello della carriera militare. Nello stesso
periodo si stringevano sempre di più i rapporti tra Maria Antonietta
e la cerchia dei Polignac,
erano loro infatti a formare il
circolo privato della regina. Questo gruppo, in quanto esclusivo, era
malvisto e criticato da coloro che non ne facevano parte, molti
fecero notare che li univa una comune avidità e
tutti gli aderenti soffrivano
il vizio del gioco.
Il re si disinteressava di questa
situazione, e anzi provava per Yolande, la
duchessa di Polignac
e migliore amica della regina, una
sincera stima,
dimostrando anche grande fiducia
nei suoi confronti. In quel periodo a corte ci si chiedeva come mai
il re non si facesse un’amante, una favorita, come si chiamava a
Versailles.
“Tutti vorrebbero che mi
prendessi un’amante, ma non ho alcuna intenzione di farlo, né di
ricreare la situazione dei regni precedenti”
Il
29 novembre 1780 morì Maria
Teresa d’Austria,
madre di Maria Antonietta, la quale
reagì con sconforto alla notizia:
“Sconvolta per questa
disgrazia non riesco a frenare il pianto mentre vi scrivo. Mio
fratello, mio amico, mi siete rimasto solo voi in un paese –
l’Austria – che mi è e mi sarà sempre tanto caro. Ricordatevi
siamo vostri amici e alleati” (scrisse all’Imperatore e
fratello Giuseppe II).
Maria Antonietta,
all'età di 27 anni
Il
22 ottobre dell’anno
successivo,
a quasi un anno dalla morte della
madre, la regina
partorì il tanto atteso
maschio erede al trono. Il padrino in questo caso fu Giuseppe II e il
bambino si chiamò Luigi Giuseppe in onore dello zio e padrino.
Fu il re stesso a dare la notizia
a Maria Antonietta, con queste parole:
“Madame, avete esaudito i
nostri voti e quelli della Francia, siete madre di un delfino”
In occasione del battesimo furono
numerosissimi i doni, su tutti quello della
zarina di Russia, un
sonaglio di corallo e diamanti.
In seguito ci fu un grave scandalo a
corte: i
Guéméné,
la famiglia della
governante reale, ebbe una
gravissima e sconvolgente bancarotta. Questo fatto portò Maria
Antonietta a scegliere l’amica
Yolande de Polignac
come nuova governante, ma tutti a
corte, tranne il re, le fecero la guerra supponendo che i Polignac
avessero troppo potere, e costringendola infine a nominarla solamente
governante dei figli di
Francia. Nel 1783 ci fu una terza gravidanza che si concluse però il
2 novembre, giorno del suo ventottesimo compleanno, con un aborto dal
quale la regina si riprese solo dieci giorni dopo.
In quegli anni si fece insistente
la voce che la regina avesse il conte
Fersen
come amante. In effetti non vi era
nulla che impedisse alla regina di
farsi un’amante, ma non ci furono mai le prove che questa relazione
si fosse consumata, solo moltissime voci.
Nel frattempo proseguivano i “capricci”
della regina, l’ultima novità era quella della fattoria, una
specie di
salotto estivo
nel quale i suoi amici e ospiti
potevano servirsi di frutta latte e altri prodotti naturali. Queste
notizie continuavano ad alimentare le voci contro Maria Antonietta e
i suoi sperperi di denaro. Tessuti, porcellane, gioielli e adesso
anche animali, tutto ciò che la regina desiderava otteneva.
Tuttavia era usuale per quei
tempi che una regina si comportasse così, a far discutere e ad
attirare l’attenzione era più che altro la sua eccentricità.
La fattoria non era certo costata
molto di più di un giardino di un qualsiasi castello, moda assai più
comune per quei tempi. Maria Antonietta nonostante le voci sulla sua
frivolezza e poca cultura, era anche una grande
appassionata di libri,
specialmente
romanzi storici, la
affascinava ad esempio la storia di
Henriette d’Angleterre,
una principessa straniera come lei, che era andata in sposa a Filippo
d’Orleans, il fratello del Re Sole.
Nell’autunno del 1784
decise di
acquisire una nuova dimora
per trascorrere le vacanze con i
figli, che di lì a poco sarebbero divenuti almeno tre. Si trattava
di
Saint-Cloud,
fino ad allora proprietà della
famiglia d’Orléans. Ovviamente ci fu grande ostilità per questo
acquisto, ma fu un’occasione per la regina di sfruttare la sua
grande passione per l’arredamento d’interni. Sono arrivati fino a
noi infatti tutti gli
squisiti esemplari di mobilio
concepiti da lei,
e realizzati da famosi ebanisti
dell’epoca. Non si parla abbastanza anche delle
rinunce clamorose
di Maria Antonietta, la più
famosa fu quella di rifiutare
una collana di diamanti a più
fili
per un totale di duemila ottocento
carati, la regina rispose che i suoi scrigni di gioielli erano già
sufficientemente ricchi. E poi disse:
“Questi soldi possono essere
spesi per la marina, abbiamo decisamente più bisogno di navi che di
diamanti”
Nel
marzo del 1785 nacque un
altro maschio, il
duca di Normandia Luigi Carlo
di Borbone. Il secondo maschio, necessario alla famiglia reale,
era stato procreato anche a causa della salute cagionevole del
fratello Luigi Giuseppe. Il
2 novembre 1785
la regina compiva trent’anni, e
prese piuttosto seriamente la questione,
ordinando da quel momento in
poi abiti più sobri e consoni alla sua età,
e rinunciando ai fiori nelle
acconciature. In molti notarono che Maria Antonietta non aveva più
ripreso la linea dopo la nascita di Luigi Carlo, ma ben presto si
capì che era a causa di una nuova gravidanza, la quale non fu
affatto gradita dalla regina che riteneva di aver compiuto il suo
dovere procreando due eredi maschi. Il 9 luglio 1786 nacque Sophie
Hélène Béatrice, il re ne fu felice mentre l’imperatore si
espresse dicendo che era un peccato che fosse nata un’altra femmina
invece di un terzo maschio.
L’affare della collana aveva avuto
risvolti assai complicati e di malaffare, legati anche alla figura
del
cardinale di Rohan, con il
quale la regina non aveva mai avuto buoni rapporti. Questa vicenda
peggiorò la sua popolarità e le creò grossa pena. Nel frattempo la
quartogenita
Sofia era nata prematura e
cresceva poco e male,
alla fine
morì appena prima del suo
compleanno nel giugno del 1787.
Pochi mesi dopo la regina dovette
avere a che fare con due gravi malattie,
la
tubercolosi
del delfino, suo figlio, e la
depressione
del marito.
Si ritrovò a prendere
decisioni politiche che però non era in grado di prendere,
mentre sul fronte privato
la sua vita si stava
sgretolando. Il 4 giugno 1789 morì Luigi Giuseppe
erede al trono di Francia, i
genitori, Maria Antonietta e Luigi XVI si disperarono:
“Nessuno comprende i miei
dolori, né il terrore che riempie il mio petto. Nessuno che non
conosce…Il cuore di una madre”
La Francia era praticamente in
bancarotta, nel 1788 in agosto erano stati convocati gli Stati
Generali. La regina era sempre più odiata, si diceva di lei che
volesse avvelenare il re
per insediare al suo posto il
conte d’Artois,
da tempo dipinto come suo amante.
Si diceva che avesse detto che avrebbe voluto fare il bagno nel
sangue dei francesi e che avesse rubato milioni per inviarli al
fratello Giuseppe II. Veniva dipinta in pose lascive e scurrili,
come amante di uomini o anche di
donne, in Maria Antonietta era riversato tutto l’odio verso
l’aristocrazia, e lei non aveva più la forza di opporsi e neanche
di aiutare il marito, che sempre più schiavo della depressione, non
aveva più il polso, se mai lo aveva avuto, di contrastare i suoi
oppositori.

La fine era vicina: il
14 luglio fu presa d’assalto
la Bastiglia,
grande fortezza adibita a
prigione; nell’occasione morirono 100 persone e ne furono ferite
70. Il governatore della fortezza fu ucciso e la sua testa conficcata
e portata in trionfo.
A seguito della presa della Bastiglia
si raccontò che i carcerati furono liberati e che questa fosse piena
di provviste per la corte di Versailles. Erano tutte bugie atte a
fomentare la rivolta, e di prigionieri ne furono liberati solo sette,
di cui due matti. Il
5 ottobre 1789
una
folla armata,
per lo più composta di donne,
marciò su Versailles per chiedere
pane al re e presentargli una petizione, con la speranza che la
situazione si risolvesse. La mattina del
6 ottobre gli
appartamenti reali furono
invasi,
la regina fu insultata e ci furono
dei
morti tra la folla e le guardie
del corpo.
La famiglia reale, allora, fu
costretta a trasferirsi a
Parigi, nel
palazzo delle Tuileries,
sotto la vigilanza della guardia
nazionale. La regina si confinò nel palazzo: raramente si mostrava
in pubblico e vestiva con semplicità. La sua riservatezza venne
interpretata negativamente, e considerata fredda e distante.
Il continuo
timore della morte,
per sé e per la propria famiglia,
la stavano segnando profondamente. Si narra anche che dopo il 6
ottobre, i capelli della regina divennero tutti completamente
bianchi. Il 21 giugno
1791
la famiglia reale tentò la
fuga verso i Paesi Bassi
austriaci,
ma a pochi chilometri dal confine,
furono tutti arrestati e riportati a Parigi. Durante il viaggio i
reali furono attaccati e insultati. La fuga finì per
demolire l’idea della
sacralità della persona del re,
già assai scossa. Si incominciò a
pensare che un sovrano, che aveva tradito il proprio paese cercando
la fuga, non fosse più necessario neppure allo Stato. L’anno
successivo, il
20 giugno 1792, una folla
imbestialita fu introdotta nei giardini di Tuileries, ed armati di
forche, accette e altre armi, irruppero all’interno del palazzo.
Arrivarono nelle stanze del re e gli
misero dei cartelloni sotto il naso con su scritto “Trema
tiranno”, Luigi XVI si
comportò in modo ammirevole,
non tremò. Accettò il
bonnet rouge
tesogli sulla punta di una picca
da macellaio, e si sorprese solo di essere chiamato
monsieur
invece di
majesté. Maria Antonietta
invece fu messa in salvo nonostante volesse rimanere a fianco del re,
ma si consolò rimanendo con i bambini facendo quello che era il suo
dovere di madre. Tre giorni dopo, per ordine della Comune, la
famiglia reale venne trasferita dentro la
Tour du Temple,
un antico
monastero dei Templari,
allora adibito a carcere.
I sovrani, i figli e la sorella minore
del re furono dunque rinchiusi nella prigione, mentre a
Madame Campan, prima
cameriera della regina, e alla principessa de Lamballe
non fu permesso di seguirli.
Quest’ultima fu uccisa e fatta a pezzi durante i massacri di
settembre: la sua testa fu portata in corteo sotto le finestre della
regina, che svenne dal dolore e l’orrore. Di lì a poco Luigi
XVI fu giudicato da un tribunale che ne decretò la morte per
ghigliottina.
La fine del sovrano fu
estremamente dignitosa, tanto quanto fu tragico l’ultimo incontro
con la moglie e i figli. La regina si stringeva al re, tenendo
abbracciato il delfino Luigi Carlo. Il bambino si aggrappava alle
mani dei genitori piangendo e anche la sorella,
Madame Elisabeth
si teneva stretta al fratello, il
re.
Luigi XVI riuscì a salutarsi con la
famiglia con la promessa che si sarebbero rivisti la mattina dopo:
non fu così.
Maria Antonietta era annientata, da
quel momento chiamata
vedova Capeto,
viveva reclusa con la cognata e i
figli. Il cattivo stato di salute della regina lasciava sperare in
una grazia. Probabilmente Maria Antonietta si trovava al
primo stadio della tubercolosi,
sicuramente soffriva di
emorragie,
si trattava forse di un
fibroma o di un tumore
all’utero. Giuseppe II e Francesco II non avevano mostrato alcun
interesse nel salvare o tentare di salvare l’ex arciduchessa,
semplicemente insieme a tutti gli altri reali d’Europa, se ne
lavarono le mani.
Luigi Carlo era divenuto per i
legittimisti Luigi XVII, il 3 luglio fu levato alla madre e fu
istruito ad odiarla, affinché potesse testimoniare contro di lei ad
un eventuale processo.
Quando le fu strappato aveva solo
otto anni.
Lottò per tenerselo e alla fine
stremata, dopo le minacce di morte contro l’altra figlia Maria
Teresa, si arrese.
Lo sentiva piangere
singhiozzando,
dalla stanza in cui era recluso, e
passava le giornate cercando di intravederlo in qualche modo. Fu
infine trasferita alla
Conciergerie,
fu anche organizzato un piano di
fuga, ma ella rifiutò. Il
principale sostenitore della
richiesta della pena capitale
per la vedova Capeto fu
Jacques-René Hébert.
La morte di
Luigi Capeto
era stata volontà della
Convezione, quella di
Antoinette
doveva risultare iniziativa di
Parigi tutta e dei rivoluzionari.
Questa “testa” doveva
essere per il popolo.
Quando Maria Antonietta si
presentò al processo
era un fantasma, magra,
con i capelli bianchi, un
pallore impressionante e aveva
solo 38 anni.
Le testimonianze fornite dai 40
testimoni erano meri pettegolezzi,
e la regina era ovviamente
accusata di alto tradimento. Insinuarono anche che la donna avesse
avuto
relazioni incestuose con il
figlio
Luigi Carlo, che era stato
costretto a dichiarare quelle terribili menzogne, anche di fronte
alla sorella Maria Teresa, che non si capacitava del gesto del
fratello, che d’altro canto veniva
costretto a bere tutto il
giorno
dai suoi carcerieri. Per sedici
ore Maria Antonietta fu costretta in un’aula di tribunale, e non ci
fu nulla di concreto contro di lei. Fu condannata alla ghigliottina.
Scrisse una lettera
a
Madame Elisabeth, che però
non fu mai consegnata perché
intercettata e finita nelle
mani di Robespierre:
“È a voi, mia sorella, che
scrivo per l’ultima volta. Sono appena stata condannata, ma non è
una morte infame, perché tale è solo per i criminali, ma andrò a
ricongiungermi a tuo fratello. Innocente come lui, spero di mostrare
la stessa fermezza nei miei ultimi momenti. Sono tranquilla, come si
è quando in coscienza non ho nulla da rimproverarmi. Sento profondo
dolore nel lasciare i miei poveri figli: sai che ho vissuto solo per
loro e per voi, mia buona e tenera sorella.[…] Ho saputo durante il
processo che mia figlia è stata separata da te. Ahimè! povera
bambina; non mi permettono di scriverle; lei non riceverà la mia
lettera. Io non so nemmeno se questa raggiungerà voi. Spero che
qualcuno vi farà avere la mia benedizione per entrambi. Spero che un
giorno, quando saranno più grandi, possano essere in grado di
ricongiungersi con Voi, e di godere appieno delle Vostre cure.
Lasciate che […] l’affetto reciproco e la fiducia gli uni negli
altri costituiscano la loro felicità. […] E il mio figlio a sua
volta renda a sua sorella tutta la cura e tutti i servizi che
l’affetto può ispirare. […] Lasciateli seguire il nostro
esempio. Nelle nostre disgrazie quanto conforto ha il nostro affetto
uno per l’altro! E […] dove si possono trovare amici più teneri
e più uniti che nella propria famiglia? Lasciate che mio figlio non
dimentichi mai le ultime parole di suo padre, che ripeto con forza:
ci lasciò senza pensare alla vendetta per la nostra morte. […]
Muoio nella cattolica e apostolica religione romana, quella dei miei
padri, quella in cui sono stata educata, e che ho sempre professato.
Non avendo ricevuto consolazione spirituale, senza nemmeno sapere se
ci sono ancora in questo luogo sacerdoti di quella religione (e
infatti il
luogo in cui io sono esporrebbe
loro a troppo pericolo se anche per una sola volta potessero
entrare), io sinceramente imploro il perdono di Dio per tutti gli
errori che posso aver commesso nella mia vita. Confido che, nella sua
bontà, Egli accetti misericordiosamente le mie ultime preghiere,
così come quelle che ho per lungo tempo indirizzate a lui, per
ricevere la mia anima nella Sua misericordia. Chiedo perdono a tutti
coloro che conosco, e soprattutto a Voi, sorella mia, per tutte le
vessazioni che, senza volerlo, io vi ho causato. Io perdono a tutti i
miei nemici i mali che mi hanno fatto. Saluto i miei zii e a tutti i
miei fratelli e sorelle. Gli amici. L’idea di essere per sempre
separata da loro e da tutti i loro problemi è uno dei più grandi
dolori che soffro nel morire. Ma per lo meno sanno ho pensato a loro
nei miei ultimi momenti. Addio, mia buona e tenera sorella. Che
questa lettera Vi possa raggiungere. Pensate sempre a me; Vi
abbraccio con tutto il cuore, come faccio coi miei poveri cari figli.
Mio Dio, come straziante è lasciarvi per sempre! Addio! addio! Ora
devo occuparmi dei miei doveri spirituali. Forse mi porteranno un
prete; altrimenti qui non dirò una parola a nessuno”


Ogni racconto, ogni testimonianza
conferma l’imperturbabile compostezza
con la quale andò verso la morte.
La testa della regina fu
tagliata con un colpo netto il 16 ottobre del 1793.
Maria Antonietta, alla quale era
stato
vietato di vestirsi di nero,
indossò un abito bianco: nessuno
ricordava che, un tempo, il bianco era il colore del lutto per le
regine di Francia.
Così
Napoleone Bonaparte,
altro protagonista della storia di
Francia, si espresse riguardo alla regina ghigliottinata: “Una
donna che non aveva se non gli onori senza il potere; una principessa
straniera, il più sacro degli ostaggi; trascinarla dal trono al
patibolo, attraverso ogni sorta d’oltraggi… Vi è in ciò
qualcosa di peggio del regicidio”